domenica 7 ottobre 2018

PONTE MORANDI GENOVA: promemoria per il Commissario

Falco Accame
IL PONTE MORANDI DI GENOVA: 
un promemoria per il Commissario straordinario.

Nel porgere un augurio di successo al nominando Commissario straordinario per il ponte Morandi certamente una persona di alte qualità morali e professionali, mi permetto, quale ex-capo della ricerca operativa delle Forze Armate di sottoporre alla sua attenzione una problematica che finora non mi sembra sia stata affrontata. Questa problematica concerne possibili concause della caduta del ponte, al di là della generica causa di “usura” delle strutture. In base a parametri che peraltro non sono stati individuati in termini quantitativi misurabili con la strumentazione disponibile, in uno studio di ricerca operativa svolta dal reparto ricerca operativa della difesa 1973 (il gruppo di ricerca operativa operava al tempo nella sede di Castro Pretorio, retta dal generale Pellegrino) si poneva indirettamente il problema della messa fuori uso di vie di comunicazione che potevano interessare i rifornimenti per la Val Padana partendo da dislocazioni nel Sud Italia. Dovevano essere analizzati tutti gli ostacoli che potevano opporsi al trasporto di uomini e mezzi. Tra l’altro questi ostacoli riguardavano le tratte stradali da percorrere. Occorreva altresì individuare soluzioni alternative. In questo contesto si inseriva il problema della “distruzione voluta” di nodi strategici per impedirne l’eventuale uso da parte delle forze nemiche. A questo fine era previsto costruire dei fornelli che potevano ospitare cariche esplosive. Su questa problematica si è svolto recentemente un dibattito sulla mia pagina face book. Allego qui di seguito un estratto di valutazioni che sono emerse nel dibattito.
VALUTAZIONI CIRCA LA POSSIBILITA’ DI INSERIRE DISPOSITIVI DI DISTRUZIONE NELLE STRUTTURE DI RILEVANZA STRATEGICA
Scrive Gianfranco Torta:
Lei sa che i ponti hanno il cosiddetto “fornello” (Genio civile e Genio militare). Alcuni ponti delle grandi vie di comunicazione nelle regioni ad est e non solo, negli anni 50/60, periodo di guerra fredda, pare fossero già stati cari caricati. Durante il temporale un fulmine potrebbe essersi scaricato su un pilone innescando la carica. Alcuni asseriscono di aver visto un fulmine/lampo immediatamente prima del crollo. Il crollo è avvenuto sul fiume e la ferrovia dove non ci sono case, e proprio lì potrebbe esserci stato progettato il fornello! Inoltre sono scomparse le registrazioni delle telecamere riguardanti quel periodo! Sarebbe interessante venissero fatte delle analisi per vedere se ci fossero residui di un’esplosione. La mia è solo un’elucubrazione. Che dice Ammiraglio? Sono rincoglionito del tutto? Gradirei un suo commento in merito. Grazie.
Ha scritto Asgardsson:
“Lei avrà sentito nominare il termine “fornello da mina” e sicuramente lei saprà che tutti i ponti e viadotti ne sono dotati e saprà bene che in tempo di pace tali nicchie poste in punti critici della struttura sono vuote. Gli esplosivi vengono messi in tempo di guerra per necessità su ordine delle autorità militari. Quindi nessun complotto.”
Ha scritto Reggibis:
“l’ipotesi è data dal fatto che le principali vie di comunicazione e punti e snodi nevralgici come ponti e viadotti e gallerie che in qualche modo avrebbero consentito ad un eventuale invasore dell’est, durante la guerra fredda, di poter più speditamente procedere nel territorio di paesi invasi come quello italiano proprio alle autostrade, fossero minati. Ovviamente non è un’ipotesi campata in aria in quanto si trattava di prescrizioni obbligatorie imposte dallo Stato alle società di progettazione e che realizzavano opere pubbliche di questo genere nel dopoguerra quando più forte era il pericolo della guerra fredda e quindi bisognava approntare le opere medesime in modo tale da poter predisporre camere e fornelli, per addirittura preposizionale l’esplosivo da utilizzare in emergenza qualora all’improvviso fossero scoppiate le ostilità. A tal uopo il sospetto, quantomeno l’ipotesi di concausa sarebbe quello che il crollo del ponte sarebbe stato innescato proprio dall’esplosione di uno di questi fornelli preposizionali sin dall’epoca in cui il ponte fu progettato e realizzato e in cui sarebbe stato custodito questo esplosivo predisposto alla bisogna”.
E sempre Reggibis scrive:
“Data l’entità della struttura credo si sarebbero dovute trovare tracce inequivocabili di polvere da sparo e di esplosione”
Scrive ancora Reggibis:
“Ho condiviso su questo link perché la televisione tedesca facendo un po’ di collage Arlecchiino ha messo insieme una caterva di fatti fra di loro non collegati o collegati in modo completamente diverso per fare un’ipotesi terroristica al crollo del ponte. Però, ho voluto condividerla in questa discussione e sibbene il documentario lo sentirete fa veramente pena sotto il profilo della rigorosità delle fonti e dei ragionamenti che vengono applicati senza nessuna base scientifica. E soprattutto le fonti stesse che vengono citate non sono fonti tali da essere a prova di bomba”
Scrive Mario Albrizio:
“Era in corso un temporale. La gente ha “visto” dei fulmini proprio sul punto. E ovviamente ha “sentito” tuoni.
Scrive Pino Nicotri:
“Ponte Morandi minato? La delirante ipotesi gira su Facebook
di Pino Nicotri
Pubblicato il 16 agosto 2018 8:24 | Ultimo aggiornamento: 16 agosto 2018 8:25
Ponte Morandi minato? La delirante ipotesi gira su Facebook
GENOVA – Su Facebook comincia già a girare il sospetto che il ponte Moandi di Genova sia crollato perché qualcosa, forse un fulmine, ha fatto esplodere le cariche esplosive piazzate in appositi alloggiamenti a causa del fatto che quando è stato costruito c’era ancora la Guerra Fredda e molti ponti italiani erano minati per farli saltare in caso di invasione militare.
La notizia viene supportata da una serie di osservazioni da parte di varie persone riguardo il taglio netto che si nota nelle strutture di cemento là dove è crollato il tratto che ha ucciso decine di persone: [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] un taglio come se ci fossero state delle apposite cariche esplosive. C’è anche chi sostiene di avere notato nelle foto moncherini di acciaio fuso, proprio come se a fonderlo sia stato il calore dell’esplosione in questione. Non manca neppure chi riporta testimonianze di gente che dice di avere visto prima un lampo, come di un fulmine, e poi di avere udito delle esplosioni seguite dal crollo della campata.
Chi sospetta ci sia stata l’esplosione, accidentale, fa notare che la Svizzera i suoi ponti e viadotti con l’Italia – e con la Germania – li ha davvero minati tutti dopo la guerra e li ha sminati solo nel maggio ’97 (http://ricerca.repubblica.it/…/la-svizzera-smina-ponti-con- ). Il che viene utilizzato a conferma del fatto che non si può escludere a priori che anche il ponte di Genova, come molti ponti italiani, potrebbe essere stato minato. E che quindi sia crollato per esplosione accidentale dell’esplosivo.
Ci sono però alcune osservazioni da fare. La prima è che i ponti e i viadotti svizzeri erano minati alla base dei piloni e non alla loro testa, come dovrebbe invece essere il caso del ponte di Genova dato che presenta un taglio netto nella parte alta dei sostegni di cemento. La seconda osservazione è che è vero che a suo tempo sono stati minati – e non si sa se e quando siano stati sminati – per esempio tutti i ponti del Friuli e forse anche quelli delle Tre Venezie, ma era una precauzione in caso di invasione dall’est comunista, e non da parte di un Paese della Nato qual è la Francia, eventuale utilizzatrice del ponte di Genova in caso di invasione.
Che tutti i ponti del Friuli fossero stati minati, con apposite cariche sistemate in apposite camere all’interno dei manufatti, lo so per certo: nel ’70-’71 ho fatto il militare a Udine nel Terzo Reggimento Genio Guastatori, nell’affollatissima caserma Pio Spaccamèla, e queste cose le sapevo a causa dell’ufficio nel quale lavoravo come scritturale. Di più non posso dire perché all’epoca si trattava di argomenti classificati come “segreto” e “segretissimo”, e anche se è passato quasi mezzo secolo e di segreti di Pulcinella ritengo di asserne comunque vincolato. E’ però un fatto che per contrastare eventuali invasioni i ponti per renderli inutilizzali per un lungo periodo si minano alla base dei piloni di sostegno e non alla loro testa, cosa questa che lasciando intatti i piloni permetterebbe una veloce riparazione del danno. Per ricostruire il tratto mancante del ponte di Genova o comunque per renderlo percorribile i militari del Genio ci metterebbero meno di una settimana, mentre invece se fossero crollati i piloni e le arcate di sostegno i tempi sarebbero ben più lunghi.
Che in Italia si sia ormai portati a sospettare di tutto, specie con le caldane estive, è un dato di fatto. Ma che certe precauzioni anti invasioni abbiano fatto parte fino a ieri della realtà nazionale lo dimostra, per esempio, il particolare che l’autostrada del Brennero per molti anni è stata tenuta a una sola corsia, in modo da rallentare eventuali invasioni dal nord, strozzando non di poco il traffico specie quello turistico verso Verona e il Garda. Guarda caso, per molto tempo è stata a una corsia anche l’autostrada Milano-Torino, nonostante che all’epoca in cui è stata progettata e costruita è assai difficile che non avessero preventivato l’aumento crescente del traffico, visto anche che si trattava di un’arteria che univa le due capitali industriali d’Italia. Insomma, qualche esame anche chimico-fisico sui monconi del ponte di Genova non guasterebbe: almeno per tacitare sul nascere ipotesi deliranti.
Scrive Bruno Mautone:
“Si può dire quindi, al di là della situazione del ponte Morandi (il cui crollo è oggetto di inchiesta) che sicuramente in Italia vi sono dispositivi esplosivi in vari tratti viari definibili “strategici” con riferimento alla guerra fredda?”
Scrive Magrotti:
“Se il ponte era minato e le mine non sono esplose verranno sicuramente ritrovate da chi sta rimuovendo le macerie. Chissà se è stato avvisato del pericolo che corre? Artificieri in giro, se ne vedono?
Per rendere il manufatto completamente inseguibile senza possibilità di un ripristino, nemmeno provvisorio, i fornelli venivano predisposti anche in profondità nelle fondamenta e, se ci sono ancora le mine, con tutte le macerie crollate addosso al pilone, non penso che il Genio guastatori o qualcun altro abbia potuto recuperarle adesso di nascosto…”
Scrive Nicoletta Forcheri:
“Una domanda a Falco Accame: se un ponte crolla, la mina viene scatenata dal crollo?”
Scrive Spizuoco:
“Pur essendo parte di un’ipotesi bellica, non è credibile perché non c’è nessuna testimonianza di avvertimento dello scoppio. Dai reperti del crollo inoltre si sarebbe determinato univocamente subito se ci fosse stato uno scoppio alla base del crollo.”
Scrive Noam Gramsci:
“Mi dispiace deluderla ma dalle foto e dalle denunce quello sarebbe crollato anche prima. E’ solo un caso che abbia resistito così a lungo.”
Scrive Magrotti:
“Anche se non è dato sapere se il ponte Morandi sul Polcevera fosse stato minato e se tali cariche esplosive fossero presenti o meno è fuori ombra di dubbio che se si fossero verificate delle esplosioni sarebbe facile per gli inquirenti trovare le prove di questo tra le macerie del ponte (sempre che chi di dovere si attivi per farlo e senza essere teleguidato da enormi interessi di parte)
A qualcuno farebbe certamente comodo dire che il crollo non è dovuto alla mancanza di manutenzione! A qualcun altro non farebbe comodo che il crollo è dovuto alla detonazione di cariche esplosive, sia che siano state innescate fortuitamente da un fulmine(il che non dovrebbe MAI accadere) oppure no…

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