giovedì 29 aprile 2021

Rabbino non si vaccina: 31 motivi

Gio_S, [29 apr 2021, 17:09:43]:
Rabbino non si vaccina
I 31 motivi per cui non prenderò vaccino 

 


(Chananya Weissman)
Apparso originariamente su  Gates of Vienna

https://gatesofvienna.net/2021/02/31-reasons-why-i-wont-take-the-vaccine/


1.
Non è un vaccino. Un vaccino per definizione fornisce l’immunità a una malattia. Questo non fornisce immunità a nulla. Nella migliore delle ipotesi, riduce semplicemente la possibilità di contrarre un virus grave se lo si prende. Quindi, è un trattamento medico, non un vaccino. Non voglio ricevere cure mediche per una malattia che non ho.
2.
Le compagnie farmaceutiche, i politici, l’establishment medico e i media hanno unito le forze per riferirsi universalmente a questo come un vaccino quando non lo è, con l’intenzione di manipolare le persone a sentirsi più sicure nel sottoporsi a un trattamento medico. Poiché sono ingannevoli, non mi fido di loro e non voglio avere niente a che fare con le loro cure mediche.
3.
I presunti benefici di questo trattamento medico sono minimi e comunque non durerebbero a lungo. L’establishment lo riconosce e sta già parlando di iniezioni aggiuntive e di un numero sempre crescente di nuovi “vaccini” che sarebbero richiesti regolarmente. Mi rifiuto di trasformarmi in un paziente cronico che riceve regolarmente iniezioni di nuovi prodotti farmaceutici semplicemente per ridurre le mie possibilità di contrarre un caso grave di un virus che queste iniezioni non prevengono nemmeno.
4.
Posso ridurre le mie possibilità di contrarre un virus grave rafforzando il mio sistema immunitario in modo naturale. Nel caso in cui prenda un virus, ci sono vitamine e farmaci consolidati che hanno avuto risultati meravigliosi nel prevenire la malattia, senza i rischi e le incognite di questo trattamento medico.
5.
L’establishment insiste sul fatto che questo trattamento medico è sicuro. Non possono saperlo perché gli effetti a lungo termine sono del tutto sconosciuti e non saranno noti per molti anni. Possono ipotizzare che sia sicuro, ma è falso per loro fare una tale affermazione che non può essere conosciuta. Poiché sono falsi, non mi fido di loro e non voglio che faccia parte del loro trattamento.
6.
Le compagnie farmaceutiche non hanno alcuna responsabilità se qualcosa va storto e non possono essere citate in giudizio. Lo stesso per i politici che stanno spingendo questo trattamento. Non mi inietterò un nuovo dispositivo medico sperimentale quando le persone dietro di esso non si assumono alcuna responsabilità se qualcosa va storto. Non rischierò la mia salute e la mia vita quando si rifiutano di rischiare qualcosa.
7.
Il primo ministro israeliano ha ammesso apertamente che il popolo israeliano è il laboratorio mondiale per questo trattamento sperimentale. Non mi interessa essere una cavia o donare il mio corpo alla scienza.
8.
Israele ha accettato di condividere i dati medici dei suoi cittadini con una compagnia farmaceutica straniera come parte fondamentale del loro accordo a ricevere questo trattamento. Non ho mai acconsentito alla condivisione dei miei dati medici personali con tali entità, né mi è stato chiesto. Non contribuirò a questa squallida impresa.
9.
I dirigenti e i membri del consiglio di amministrazione della Pfizer hanno dichiarato di non aver preso il proprio trattamento, nonostante tutte le fanfare e le assicurazioni. Affermano che considererebbero ingiusto “tagliare la linea”. Questa è una scusa assurda, e ci vuole un’incredibile quantità di faccia tosta anche solo per dire una cosa del genere. Una simile “linea” è frutto della loro immaginazione; se si facessero un paio di iniezioni da soli, nessuno si lamenterebbe. Inoltre, i miliardari con jet privati e isole private non sono noti per rispettare la fila fino a quando centinaia di milioni di contadini in tutto il mondo non vanno per primi a ricevere tutto ciò che questi miliardari vogliono per se stessi.
10.
I media dell’establishment hanno accettato questa scusa assurda senza domande o preoccupazioni. Inoltre, lodano i dirigenti della Pfizer per il loro presunto sacrificio di sé nel non prendere il proprio trattamento sperimentale fino a quando non lo faremo noi per primi. Dal momento che ci c

marco saba, [29.04.21 18:00]
[Forwarded from Gio_S]
onsiderano talmente sciocchi, no

n mi fido di loro e non voglio il loro nuovo trattamento. Possono avere il mio posto in fila. Vado in fondo alla fila.
11.
Tre fatti che devono essere messi insieme: Bill Gates sta pubblicizzando questi vaccini come essenziali per la sopravvivenza della razza umana. Bill Gates crede che il mondo abbia troppe persone e debba essere “spopolato”. Anche Bill Gates, forse l’uomo più ricco del mondo, non è stato iniettato. Senza fretta. Ehm, no.
12.
L’establishment è stato del tutto unilaterale nel celebrare questo trattamento. I politici e i media stanno esortando le persone a prenderlo come un dovere morale e civico. I benefici del trattamento vengono notevolmente esagerati, i rischi vengono ignorati e le incognite vengono spazzate via. Poiché sono ingannevoli e manipolatori, non scommetterò il mio benessere personale sulla loro integrità.
13.
C’è un’intensa campagna di propaganda affinché le persone prendano questo trattamento. I politici e le celebrità stanno scattando selfie di se stessi mentre vengono iniettati (forse in alcuni casi fingono di essere iniettati), i media sostengono che questa sia la cosa più bella, intelligente, felice e divertente da fare. È la campagna di marketing più diffusa nella storia. Questo non è affatto appropriato per qualsiasi trattamento medico, per non parlare di uno nuovo di zecca, e mi fa indietreggiare.
14.
Le masse stanno emulando al seguito, postando foto di se stesse che vengono iniettate con un farmaco, alimentando la pressione dei pari di massa a fare lo stesso. C’è qualcosa di molto allarmante e malato in questo, e non voglio farne parte. Non ho mai preso droghe solo perché “lo fanno tutti” ed è bello. Certamente non inizierò adesso.
15.
Coloro che sollevano preoccupazioni su questo trattamento medico sono vittime di bullismo, calunnie, derisioni, censure, ostracismo, minacce e licenziamento. Ciò include professionisti medici che hanno preoccupazioni scientifiche sul farmaco e operatori sanitari che hanno visto persone sotto la loro responsabilità subire reazioni orribili e morte poco dopo essere state iniettate. Quando l’establishment sta eliminando le brave persone che rischiano tutto semplicemente per sollevare preoccupazioni su un nuovo trattamento medico – anche se non si oppongono apertamente – mi fiderò ogni volta di queste persone coraggiose sull’establishment. Non riesco a pensare a un singolo caso simile nella storia in cui la verità e la moralità si siano rivelate dalla parte dell’establishment.
16.
Questo è il più grande esperimento medico nella storia della razza umana.
17.
Non viene volutamente descritto come il più grande esperimento medico nella storia della razza umana, e il fatto che sia affatto un esperimento medico viene seriamente minimizzato.
18.
Se fossero in prima linea con le masse, pochissimi accetterebbero di partecipare a un simile esperimento. Manipolare le masse per partecipare a un esperimento medico sotto falsi pretesti viola i fondamenti dell’etica medica e della legge democratica. Non permetterò a persone non etiche che si impegnano in tale condotta di iniettarmi qualcosa.
19.
L’establishment medico non informa le persone di tutto questo. Sono diventati agenti di marketing per un farmaco sperimentale, al servizio di grandi aziende e politici che hanno stretto accordi con loro. Questo è un conflitto diretto con il loro mandato di occuparsi esclusivamente del benessere delle persone sotto la loro cura. Dal momento che l’establishment medico è diventato corrotto ed è diventato nient’altro che uno strumento aziendale e politico, non mi fido del farmaco sperimentale che vogliono così disperatamente iniettarmi.
20.
Siamo sotto pressione in vari modi per essere iniettati, il che viola l’etica medica e le basi della società democratica. Il modo migliore per convincermi a non fare qualcosa è farmi pressione per farlo.
21.
Il governo ha sigillato il loro protocollo relativo al virus e ai trattamenti da TRENT’ANNI. Si tratta di informazioni che il pubblico ha il diritto di conoscere e il governo ha la responsabilità di condiv

marco saba, [29.04.21 18:00]
[Forwarded from Gio_S]
idere. Cosa stanno coprendo? Si as

pettano davvero che io creda che tutto sia kosher in tutto questo e che si preoccupino prima di tutto della mia salute? L’ultima volta che l’hanno fatto è stato con l’Affare dei bambini yemeniti. Se non hai familiarità con esso, cercalo. Ora stanno facendo lo stesso shtick. Non mi hanno ingannato la prima volta, e sicuramente non mi stanno prendendo in giro adesso.
22.
Il governo può condividere i nostri dati medici personali con società straniere, ma non condivideranno con noi il loro protocollo in materia? Sono fuori.
23.
L’establishment ha reclutato medici, rabbini, media e masse per arringare persone che non vogliono farsi iniettare un nuovo farmaco. Ci chiamano con il peggior tipo di nomi. Ci viene detto che crediamo in folli cospirazioni, che siamo contro la scienza, che siamo egoisti, che siamo assassini, che non ci importa degli anziani, che è colpa nostra se il governo continua a imporre restrizioni draconiane. il pubblico. È tutto perché non vogliamo essere iniettati con un trattamento sperimentale, senza fare domande. Ci viene persino detto che abbiamo l’obbligo religioso di farlo e che, se non lo facciamo, saremo gravi peccatori. Dicono che se non accettiamo di essere iniettati, dovremmo essere costretti a rimanere per sempre nelle nostre case ed essere ostracizzati dalla vita pubblica.
Questo è orribile, disgustoso, una perversione del buon senso, della moralità e della Torah. Mi fa indietreggiare e rafforza ulteriormente la mia sfiducia nei confronti di queste persone e la mia opposizione all’assunzione del loro farmaco sperimentale. Come osano?
24.
Conosco molte persone a cui è stata fatta l’iniezione, ma nessuna di loro ha studiato la scienza in profondità, ha valutato attentamente i potenziali benefici rispetto ai rischi, ha confrontato questa opzione con altre alternative, è stata veramente informata e ha deciso che questo trattamento medico era l’opzione migliore per loro. Al contrario, sono stati iniettati a causa dell’hype, della propaganda, della pressione, della paura, della fiducia cieca in ciò che “la maggior parte degli esperti” presumibilmente credeva (supponendo che LORO tutti abbiano studiato tutto in profondità e fossero completamente obiettivi, il che è altamente dubbio ), fiducia cieca in ciò che alcuni influenti rabbini li esortavano a fare (idem quanto sopra), o paura isterica che l’unica opzione fosse farsi iniettare o ammalarsi gravemente a causa del virus. Quando vedo l’isteria di massa e un comportamento simile a un culto che circonda un trattamento medico, sarò estremamente sospettoso e lo eviterò.
25.
Le compagnie farmaceutiche hanno una lunga e gloriosa storia di massacri di massa con farmaci miracolosi che spacciano su popolazioni ignare, anche dopo che gravi problemi erano già diventati noti. Invece di premere il pulsante di pausa e interrompere la commercializzazione di questi farmaci finché questi problemi non fossero stati adeguatamente esaminati, le case farmaceutiche hanno fatto tutto il possibile per sopprimere le informazioni e continuare a spingere i loro prodotti. Quando le aziende e le persone hanno dimostrato una tale grave mancanza di interesse per la vita umana, non mi fiderò di loro quando pubblicizzano un nuovo farmaco miracoloso. Questo non è il nostro primo rodeo.
26.
In effetti, le storie dell’orrore stanno già arrivando a una velocità vertiginosa, ma i politici non sono minimamente preoccupati, l’establishment medico le sta spazzando via come estranee o trascurabili, i media lo ignorano, le case farmaceutiche stanno avanzando a tutta velocità. e coloro che alzano una bandiera rossa continuano a essere vittime di bullismo, censurati e puniti. Chiaramente la mia vita e il mio benessere non sono la loro preoccupazione principale. Non sarò la loro prossima cavia nel loro laboratorio. Non rischierò di essere la prossima “coincidenza”.
27.
Sebbene molte persone siano morte poco dopo essere state iniettate, compresi giovani perfettamente sani, non ci è permesso implicare che l’iniezione abbia qualcosa a che fare con questo. In qual

marco saba, [29.04.21 18:00]
[Forwarded from Gio_S]
che modo questo è anti-scienza e far

à morire più persone. Credo che negare ogni possibile collegamento, abusare di persone che ipotizzano che potrebbe esserci un collegamento e dimostrare non la minima curiosità di esplorare anche se potrebbe esserci un collegamento è ciò che è anti-scienza e potrebbe benissimo far morire più persone. Queste stesse persone credono che anch’io sia obbligato a fare l’iniezione. No grazie.
28.
Sono disgustato dal culto religioso, simile a un culto, di un prodotto farmaceutico e non parteciperò a questo rituale.
29.
Il mio medico “sanitario” continua a tormentarmi per farmi fare l’iniezione, ma non mi ha fornito informazioni su questo trattamento o su eventuali alternative. Tutto quello che so l’ho imparato da altri al di fuori dello stabilimento. Il consenso informato è diventato consenso conforme. Rifiuto.
30.
Vedo tutte le bugie, la corruzione, la propaganda, la manipolazione, la censura, il bullismo, la violazione dell’etica medica, mancanza di integrità nel processo scientifico, soppressione di reazioni avverse scomode, rifiuto di preoccupazioni legittime, isteria, comportamento simile a un culto, ignoranza, chiusura mentale, paura, tirannia medica e politica, occultamento dei protocolli, mancanza di vera preoccupazione per l’essere umano vita, mancanza di rispetto per i diritti umani e le libertà fondamentali, perversione della Torah e del buon senso, demonizzazione delle brave persone, il più grande esperimento medico di tutti i tempi condotto da persone avide, inaffidabili e senza Dio, la mancanza di responsabilità per coloro che chiedono Rischio tutto … Vedo tutto questo e ho deciso che possono avere tutti il mio posto in fila. Riporrò la mia fiducia in Dio. Userò la mente con cui mi ha benedetto e mi fiderò dei miei istinti naturali. Il che porta all’ultima ragione che riassume il motivo per cui non mi “vaccinerò”.
31.
L’intera cosa puzza.

sabato 24 aprile 2021

Vampiri di lusso: il sangue dei giovani può rallentare l'invecchiamento?

Rivista Newsweek
Il sangue dei giovani può rallentare l'invecchiamento? La Silicon Valley ha scommesso miliardi
Da Adam Piore Il 04/07/21 alle 10:55 AM EDT

Fonte: Newsweek https://www.newsweek.com/2021/04/16/can-blood-young-people-slow-aging-silicon-valley-has-bet-billions-it-will-1581447.html
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Dimitri Otis/Getty

Sangue giovane, Salute, Longevità, Sangue, Plasma, Valle del Silicio

L'azienda spagnola Grifols ha contribuito a scatenare un putiferio l'anno scorso quando, insieme ad altre aziende, ha offerto quasi il doppio del prezzo corrente per le donazioni di sangue per una sperimentazione del trattamento COVID-19.
La Brigham Young University in Idaho ha dovuto minacciare alcuni studenti intraprendenti con la sospensione per impedire loro di cercare intenzionalmente di contrarre il COVID-19. La sperimentazione è fallita, tuttavia, e ora l'azienda con sede a Barcellona spera di estrarre qualcosa di molto più prezioso dal plasma dei giovani volontari: un insieme di molecole microscopiche che potrebbero invertire il processo di invecchiamento stesso.

All'inizio di quest'anno, Grifols ha chiuso un affare da 146 milioni di dollari per acquistare Alkahest, una società fondata dal neuroscienziato dell'Università di Stanford Tony Wyss-Coray, che, insieme a Saul Villeda, ha rivelato in articoli scientifici pubblicati nel 2011 e nel 2014 che il sangue di giovani topi aveva effetti riparatori apparentemente miracolosi sul cervello di topi anziani. La scoperta si aggiunge a un'area calda di indagine chiamata geroscienza che "cerca di capire i meccanismi molecolari e cellulari che rendono l'invecchiamento un importante fattore di rischio e il driver delle comuni condizioni croniche e malattie dell'età adulta", secondo il National Institutes of Health. Negli ultimi sei anni, Alkahest ha identificato più di 8.000 proteine nel sangue che mostrano potenziale promessa come terapie. I suoi sforzi e quelli di Grifols hanno portato ad almeno sei studi di fase 2 completati o in corso per trattare una vasta gamma di malattie legate all'età, tra cui Alzheimer e Parkinson.

Alkahest e un numero crescente di altre startup di salute geroscienza segnalano un cambiamento di pensiero su alcune delle malattie più intrattabili che l'umanità deve affrontare. Piuttosto che concentrarsi esclusivamente sull'eziologia di singole malattie come le malattie cardiache, il cancro, l'Alzheimer e l'artrite - o, per quella materia, COVID-19 - i geroscienziati stanno cercando di capire come queste malattie si riferiscono al singolo fattore di rischio più grande di tutti: l'invecchiamento umano. Il loro obiettivo è quello di manipolare il processo di invecchiamento stesso e, nel processo, ritardare o evitare l'insorgenza di molte delle malattie più associate all'invecchiamento.

L'idea che l'invecchiamento e la malattia vadano di pari passo non è, ovviamente, una novità. Ciò che è nuovo è la ritrovata fiducia degli scienziati che "l'invecchiamento" può essere misurato, invertito e controllato.

Fino a poco tempo fa, "le persone che lavorano sulle malattie non pensavano che l'invecchiamento fosse modificabile", dice Felipe Sierra, che recentemente è andato in pensione come direttore della Divisione di Biologia dell'Invecchiamento al National Institute on Aging, una parte del NIH. "Questo è in realtà ciò che molti libri di medicina dicono: Il principale fattore di rischio per le malattie cardiovascolari è l'invecchiamento, ma non possiamo cambiare l'invecchiamento, quindi parliamo di colesterolo e obesità. Per l'Alzheimer, l'invecchiamento è il principale fattore di rischio, ma parliamo dell'accumulo di proteine beta-amiloidi nel cervello. Ora questo sta cominciando a cambiare".

 
Felipe Sierra, recentemente andato in pensione come direttore della Division of Aging Biology, parte dei National Institutes of Health. Per gentile concessione di NIH/Istituto Nazionale sull'Invecchiamento


Il risultato è un'inondazione di denaro di investimento, un'esplosione di ricerca su ciò che precisamente va male nei nostri corpi quando invecchiamo e la promessa di risultati clinici lungo la strada. 

Nei mesi precedenti la pandemia, gli investitori hanno raccolto miliardi di dollari per finanziare le biotecnologie volte a commercializzare la nuova scienza. Alcune aziende biotech stanno sviluppando farmaci e infusioni progettati per pulire le cellule zombie e la spazzatura metabolica che si accumulano con l'età. Altre sperano di infondere nuovo vigore a componenti cellulari in declino, come le cellule staminali, o di spronare il corpo ad azioni benefiche aggiungendo ormoni o proteine oscure, che diminuiscono con l'età. Il NIA, sotto il suo direttore, Richard Hodes, ha recentemente annunciato piani per spendere circa 100 milioni di dollari nei prossimi cinque anni sulla ricerca di base volta a comprendere la "senescenza cellulare".

"Non avete idea di quante persone sono interessate a investire denaro nella longevità", ha detto Nir Barzilai, il direttore fondatore dell'Istituto per la ricerca sull'invecchiamento presso l'Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University, e il fondatore di una società che mira alla salute mitocondriale. "Ci sono miliardi di dollari".

Anche se la stragrande maggioranza di questi sforzi rimane in sviluppo preclinico, molti sono recentemente entrati in prove FDA e potrebbero potenzialmente colpire il mercato in pochi anni. Alcuni stanno già comparendo sul mercato grigio, sollevando la preoccupazione che i venditori ambulanti stiano vendendo olio di serpente anti-età. Altri, nel frattempo, si preoccupano di cosa potrebbe accadere se questi farmaci mantenessero davvero le loro promesse: i giovani poveri saranno costretti a vendere il loro sangue agli anziani miliardari? Le magiche pillole anti-invecchiamento diventeranno la provincia dei ricchi di Park Avenue e Hollywood, come i lifting, i trapianti di capelli e le iniezioni di botox? Il resto di noi contadini senili sarà costretto a guardarli invecchiare all'indietro mentre noi siamo lasciati ad appassire e morire?


Hacking della vecchiaia


Invecchiare di solito non finisce bene. Nonostante i massicci guadagni nell'aspettativa di vita umana - negli ultimi 150 anni è quasi raddoppiata in molte nazioni sviluppate, anche se è diminuita nell'ultimo anno a causa della pandemia - non abbiamo ancora trovato un modo per fermare l'inesorabile pedaggio che il tempo impone ai nostri corpi.

 

Anziani che praticano yoga in una struttura di vita assistita per aiutarli a rimanere snelli; la Silicon Valley sta lavorando alla propria soluzione ai problemi di mobilità e ad altri problemi dell'età avanzata. Craig F. Walker/The Boston Globe/Getty


Quando invecchiamo, il nostro sistema immunitario comincia a crollare, creando uno stato di infiammazione di basso livello che sopprime la rigenerazione cellulare e porta a questi dolori. Possiamo vivere più a lungo, ma stiamo soffrendo. Poiché i nostri mitocondri cessano di produrre efficacemente energia per le nostre cellule, passiamo molti di quegli anni extra duramente conquistati facendo sonnellini pomeridiani. Mentre le nostre cellule staminali diventano letargiche e quiescenti, la nostra massa muscolare si riduce e le nostre ossa diventano sempre più fragili. In breve, i nostri corpi cadono a pezzi.

Il primo accenno al fatto che potrebbe essere possibile entrare nella biologia dell'invecchiamento è venuto, in modo abbastanza improbabile, da una serie di esperimenti di laboratorio su una specie umile di verme rotante. Alla fine degli anni '80 e all'inizio degli anni '90, studi su gemelli identici avevano già dimostrato che circa il 30% della longevità negli esseri umani poteva essere attribuita alla genetica. Ma la maggior parte degli scienziati credeva che il processo di invecchiamento fosse un fenomeno troppo complesso per essere modulato semplicemente modificando un paio di geni o prendendo una pillola.

Poi nel 1993, Cynthia Kenyon, una biologa dell'Università della California a San Francisco, raddoppiò la durata della vita di un verme da tre settimane a sei mutando un singolo gene. Il lavoro ha suggerito la possibilità di farmaci che potrebbero aumentare la longevità senza mirare a malattie specifiche. Ha suggerito che il processo di invecchiamento stesso potrebbe essere manipolato.

All'epoca, una frangia di appassionati di longevità stava, senza saperlo, già cercando di fare ciò che Kenyon ha fatto nei vermi tondi attraverso la pratica della restrizione calorica. Questa idea è decollata quando il gerontologo Roy Walford della UC Los Angeles ha raddoppiato la durata della vita dei topi da laboratorio limitando il loro apporto calorico e poi è diventato un sostenitore vocale per la pratica negli esseri umani. Ha scritto una serie di libri best-seller negli anni '80 e ha adottato una dieta da 1600 calorie al giorno per gli ultimi 30 anni della sua vita. Oggi, i suoi accoliti emaciati possono ancora essere avvistati alle conferenze sulla longevità, misurando meticolosamente il loro cibo durante la pausa pranzo.

La scienza emergente ora spiega perché potrebbe esserci qualcosa in questo metodo di bio-hacking. Negli esseri umani, l'insulina è il segnale ormonale che indica alle nostre cellule di assorbire lo zucchero e convertirlo in energia. Insieme a un ormone strettamente correlato chiamato Insulin like-Growth Factor 1 (IGF1), l'insulina influenza un gran numero di altri processi cellulari, compreso il tasso di divisione cellulare, che molti credono sia direttamente correlato all'invecchiamento. Quando l'insulina e l'IGF1 negli esseri umani o composti analoghi nei vermi sono ridotti - perché stiamo morendo di fame, o i geni sono stati modificati - una serie di meccanismi di riparazione cellulare che sono normalmente in standby si mettono in moto.

L'adattamento ha senso dal punto di vista dell'evoluzione. I tempi preistorici consistevano in lunghi periodi di scarsità punteggiati da preziose finestre di abbondanza. Dal momento che non si poteva dire quanto sarebbero durati i bei tempi, i nostri antenati hanno sviluppato la capacità di crescere e costruire grasso e muscoli il più rapidamente possibile. Un banchetto innescava il corpo a rilasciare insulina e IGF1, che permetteva alle nostre cellule di iniziare ad assorbire il glucosio e le spronava a riversare energia nella riproduzione e rigenerazione cellulare finché i nostri livelli di insulina rimanevano alti.

 

Placche di beta-amiloide e tau nel cervello. Per gentile concessione del NIH/Istituto Nazionale sull'Invecchiamento

Quando le calorie non erano più facili da trovare, il nostro corpo si è adattato abbassando i livelli di insulina e IGF1 - un segnale per le nostre cellule di rallentare la rigenerazione e la riproduzione, e dirottare invece l'energia nei processi cellulari più adatti a facilitare la nostra sopravvivenza in tempi freddi e magri. Il corpo umano protegge le cellule che ha già: produce più enzimi per garantire che le proteine non si pieghino in modo errato, accelera il macchinario progettato per riparare il DNA rotto e rompe i detriti cellulari e le cellule difettose che altrimenti potrebbe ignorare, recuperando le parti che può utilizzare per alimentare le sue cellule più sane durante i giorni di magra. Nel processo, pulisce la spazzatura cellulare che, in particolare quando invecchiamo, probabilmente promuove l'infiammazione a basso livello.

Attualmente non c'è alcuna indicazione approvata dalla FDA per i farmaci che mirano al processo di invecchiamento stesso. Per ottenere l'approvazione, i farmaci devono mirare a una malattia specifica. Non è una coincidenza che alcuni gerontologi abbiano scelto il popolare farmaco per il diabete, la metformina, come "modello" per una nuova classe di farmaci anti-età approvati dalla FDA. Funziona influenzando la sensibilità del corpo all'insulina e può avere un effetto sul ritmo del metabolismo e sul dispendio energetico. Se gli studi in corso confermeranno la sua efficacia e vincerà l'approvazione, creerà una categoria regolamentare completamente nuova di farmaci che, piuttosto che trattare malattie specifiche, lavorerà per prevenire che il nostro corpo si deteriori ulteriormente una volta che ne abbiamo già sviluppato uno.

"L'invecchiamento guida le malattie", dice Barzilai di Albert Einstein, che guida lo studio. "Questo è il nostro punto. Se fermiamo l'invecchiamento, questo smette di guidare le malattie".

Tutta una serie di altri potenziali farmaci anti-età potrebbe non essere molto lontana. I biologi molecolari hanno scoperto un secondo modo importante per manipolare il processo di invecchiamento nei primi anni 2000, allevando ceppi di lievito di birra, mosche della frutta e vermi per vivere più a lungo. Hanno sequenziato i genomi dei ceppi più resistenti e poi hanno lavorato a ritroso per identificare le specifiche varianti genetiche che sembravano essere associate ad una maggiore longevità. Questo li ha portati a mTOR, una variante genetica che serve come bersaglio di un farmaco anti-età chiamato rapamicina, che è ora in fase di sperimentazione clinica. Tra questi sforzi scientifici c'è un massiccio studio longitudinale sull'invecchiamento canino all'Università di Washington, che ha arruolato 30.000 cani e prevede di selezionare 500 cagnolini fortunati per partecipare a una sperimentazione con la rapamicina.

La caccia ad altre "manopole di controllo" che potrebbero essere prese di mira con i farmaci continua negli istituti di ricerca di tutto il mondo. Un terzo approccio sarebbe aumentare la produzione di un enzima chiamato AMP-Kinase, che modula i processi cellulari come la crescita e il metabolismo, basato sul livello di energia disponibile per il consumo. Anch'esso è emerso negli ultimi anni come un altro obiettivo promettente, insieme a molte altre molecole, ormoni e proteine che sembrano diminuire con l'età e che svolgono un ruolo chiave nella riparazione cellulare, rigenerazione, protezione e funzione efficiente.

Vera Gorbunova, co-direttore del Rochester Aging Research Center presso l'Università di Rochester, e i suoi colleghi hanno confrontato 18 specie di roditori, tra cui castori, criceti e topi, ordinati per longevità e cercato modelli interessanti. Significativamente, hanno scoperto che la riparazione "più robusta" del DNA rotto, i progetti cellulari a livello molecolare che si trovano in ciascuna delle nostre cellule, sembra coevolvere con la longevità. In altre parole, le specie che vivono più a lungo hanno una capacità più robusta di riparare il tipo di problemi che inevitabilmente si verificano con l'età. La ricerca è stata recentemente pubblicata sulla rivista Cell.

 
Vera Gorbunova, co-direttore del Rochester Aging Research Center dell'Università di Rochester

"C'era una correlazione molto forte tra la durata della vita delle diverse specie e la loro capacità di riparare le rotture del DNA", ha detto Gorbunova. "Guardiamo anche perché è meglio. Abbiamo trovato una proteina che è molto importante nella riparazione del DNA ed è più attiva nelle specie longeve".

Gorbunova ha fatto alcuni dei suoi lavori più eccitanti su una superstar oscura nel campo della longevità conosciuta come il ratto talpa nudo, un roditore senza pelo e rugoso con un paio di incisivi simili a quelli di un castoro che vive nei tunnel dell'Africa orientale. Il ratto, a volte indicato con il suo soprannome tenero, "Cucciolo di sabbia", ha un'aspettativa di vita insolitamente lunga - 30 anni, 10 volte più lunga del suo cugino stretto, il topo di campagna nordamericano, che raramente supera i tre anni.

Gorbunova attribuisce gran parte della resistenza dei topi talpa all'abbondanza di acido ialuronico, un componente importante della pelle che è coinvolto nella rigenerazione dei tessuti. Anche se i topi e gli esseri umani hanno anche l'acido ialuronico, i tessuti dei topi talpa nudi sono "saturi di esso", dice Gorbunova. Oltre ad avere forti proprietà antiossidanti, e altre che sembrano attenuare le conseguenze distruttive dell'infiammazione cronica e diffusa che spesso si accumula con l'età, l'abbondanza di ialuronano sembra anche prevenire la crescita di cellule tumorali maligne.

"Lo ialuronano è una storia molto bella perché possiamo vedere la possibilità di tradurlo agli esseri umani", dice Gorbunova. "Lo abbiamo, ma non ne abbiamo molto, quindi penso che ci sia spazio per migliorare. Possiamo trovare il modo di aumentare i nostri livelli di ialuronano".

Per Gorbunova, le differenze tra il topo e il ratto talpa nudo sono facilmente spiegate dall'evoluzione - i loro rispettivi adattamenti sono orientati ad aumentare le loro possibilità di successo riproduttivo. "Per un topo, la migliore strategia per avere più progenie è quella di essere molto, molto prolifico molto rapidamente perché poi qualcuno lo mangerà, e non ha la possibilità di vivere più a lungo", spiega. "Il ratto talpa nudo vive sottoterra e ha pochissimi predatori. E si riproducono fino a molto tardi nella vita. Quindi evolverebbero il meccanismo che permette loro di vivere più a lungo e di respirare il più a lungo possibile solo perché possono. Non c'è nessuno che li mangia. E più a lungo vivono, più progenie hanno".

 

Un ratto talpa nudo è raffigurato all'Università di Rochester il 31 gennaio 2018. J. Adam Fenster/Università di Rochester


La stessa logica si applica agli esseri umani - e spiega anche perché i nostri corpi cadono a pezzi. Le malattie dell'invecchiamento, molti gerontologi ora sostengono, sono la naturale conseguenza dei progressi della durata della vita moderna, che ora si estende decenni oltre l'età riproduttiva, e quindi non è stata soggetta allo stesso scolpire evolutivo squisitamente efficiente che potrebbe aumentare le nostre probabilità di sopravvivere. "Se si mette questo lavoro in una prospettiva evolutiva, non avremmo dovuto vivere così a lungo", dice Gerard Karsenty, che presiede il Dipartimento di Genetica e Sviluppo alla Columbia University Medical Center. "L'invecchiamento è un'invenzione del genere umano. Nessuna specie animale ha imbrogliato con successo il proprio corpo - ha imbrogliato la natura - tranne l'uomo. Gli elefanti possono vivere per 100 anni, ma hanno vissuto per 100 anni un milione di anni fa. Gli esseri umani hanno superato in astuzia il loro stesso corpo".

Ma cosa ha a che fare tutto questo con il giovane sangue di Wyss-Coray e Villeda?


Rigenerazione

Saul Villeda ora gestisce un laboratorio alla UCSF su una collina che si affaccia sulla famosa Haight-Ashbury di San Francisco. Delle scale tortuose conducono ad un corridoio sotterraneo illuminato da luci fluorescenti e ad un'angusta suite di stanze impilate da parete a parete con gabbie per topi. C'è qualcosa di insolito in molti dei topi nella stanza. Ambulano nelle loro gabbie, con due teste, due serie di gambe e corpi a doppia larghezza.

I topi a doppia larghezza sono prodotti di una macabra procedura nota come "parabiosi", una tecnica che Villeda padroneggiava da studente laureato nel laboratorio di Wyss-Coray per l'improbabile esperimento che ha portato alla fondazione di Alkahest e agli studi clinici sul sangue volti a trattare l'invecchiamento. La procedura, sperimentata per la prima volta nel XIX secolo dallo scienziato francese Paul Bert, fonde i sistemi circolatori di due roditori aprendo i loro corpi e cucendo le loro ferite insieme, in modo che i loro corpi si fondano mentre guariscono.

Per impararlo, Villeda ha avuto un maestro esperto: Thomas Rando, un neurologo che studia la longevità e occupa l'ufficio accanto a Wyss-Coray. Rando ha avuto l'idea di far rivivere questa tecnica oscura nei primi anni 2000. Era arrivato a credere che uno dei motivi per cui i nostri corpi perdono i loro poteri rigenerativi quando invecchiamo è perché le nostre cellule staminali smettono di ricevere i segnali a livello molecolare necessari per attivarle. Rando non sapeva quali potessero essere questi segnali. Ma sapeva dove trovarli: il sangue dei topi più giovani. Inserisci la parabiosi.

Per verificare la sua ipotesi, Rando ha unito topi anziani con roditori più giovani in modo che condividessero lo stesso sistema circolatorio, poi ha testato la loro capacità di guarire piccole ferite. I risultati sono stati drammatici. I topi anziani erano in grado di riparare piccoli strappi nei loro muscoli molto più velocemente dei loro coetanei non congiunti a topi più giovani. I topi più giovani, d'altra parte, guarivano molto più lentamente di quanto avrebbero fatto normalmente.

I risultati erano esaltanti. Suggerirono che le cellule staminali potevano essere rivitalizzate semplicemente reintroducendo nel flusso sanguigno le molecole, presenti nel sangue giovane, che potevano accenderle. Il passo successivo era trovare i fattori specifici di promozione della giovinezza nel sangue responsabili del cambiamento. Ma questo non sarebbe stato facile.

"È la più grande spedizione di pesca che si possa immaginare", ha avvertito Rando all'epoca, notando le migliaia di proteine, lipidi, zuccheri e altre piccole molecole nel siero del sangue.

Guardando questo svolgersi dalla porta accanto, Wyss-Coray, che ha studiato il morbo di Alzheimer, e l'allora studente laureato Villeda erano dubbiosi di poter indurre un simile ringiovanimento nel cervello. Qualunque cosa fosse nel sangue giovane che ha stimolato la rigenerazione, sembrava improbabile che sarebbe stato in grado di passare la barriera emato-encefalica, il confine semipermeabile che mantiene il sangue circolante, e gran parte del carico che trasporta, di entrare nel sistema nervoso centrale. "Ma l'abbiamo fatto comunque, perché all'epoca ero uno studente laureato, e Tony sosterrà sempre le idee folli", ricorda Villeda.

Dopo aver unito topi anziani e giovani, Villeda ha sacrificato i topi anziani, ha tagliato i loro cervelli in piccole fette e li ha colorati con un colorante speciale che si è legato ai neuroni del bambino. Poi ha contato il numero di nuovi neuroni e li ha confrontati con i livelli normali di crescita neuronale in topi di età simile. I risultati, quando li ha pubblicati nel 2014, hanno scioccato il mondo scientifico. L'infusione di sangue nuovo ha portato ad un aumento di tre volte del numero di nuove cellule nervose generate nel cervello dei topi anziani. Ma questa non era l'unica rivelazione. Aveva già dimostrato che i giovani membri delle coppie di topi anziani congiunti generavano molte meno nuove cellule nervose dei giovani topi lasciati liberi di vagare, slegati dai loro cugini anziani. E mentre i vecchi topi diventavano più energici, i topi più giovani si comportavano improvvisamente come se fossero di mezza età.

Dal momento che la parabiosi non è un'opzione per i pazienti umani, Villeda e Wyss-Coray hanno provato a tirare fuori lo stesso trucco con una semplice infusione di plasma sanguigno. Anche lì, i risultati sono stati migliori di quanto si aspettassero. Su compiti di navigazione spaziale, come trovare una piattaforma subacquea su cui riposare in una camera piena d'acqua, i giovani topi che avevano ricevuto iniezioni di "sangue vecchio" hanno eseguito molto peggio di un gruppo che ha ricevuto iniezioni di plasma da topi più giovani. Una volta infusi con il sangue di topi giovani, i topi dal sangue vecchio, nel frattempo, sono stati in grado di individuare la piattaforma con la stessa facilità dei loro fratelli più giovani.

 

Un operatore sanitario con in mano del plasma convalescente. Ichal Chem/Riau Images/Barcroft Media/Getty

I risultati hanno generato titoli in tutto il mondo. E presto Wyss-Coray e il suo protetto Villeda iniziarono a ricevere molte e-mail bizzarre e a volte macabre. Una missiva agghiacciante proveniva da un uomo che si offriva di fornire tutto il sangue di cui Wyss-Coray avrebbe avuto bisogno per questo esperimento, sostenendo di poterlo ottenere da bambini umani di qualsiasi età. Ci fu anche una marea di suppliche accorate da parte dei pazienti di Alzheimer e dei loro cari che chiedevano informazioni sulle sperimentazioni umane, disperati di fermare la marcia spietata della malattia incurabile e degenerativa.

La domanda che ha cambiato la vita di Wyss-Coray è arrivata dalla famiglia del miliardario cinese Chen Din-hwa, recentemente scomparso, noto anche come il "Re del filato di cotone" di Hong Kong, per l'attività di fornitura di filati che ha fondato nel 1949.

Sul suo letto di morte, affetto dal morbo di Alzheimer avanzato, Din-hwa, 89 anni, ha ricevuto infusioni di plasma sanguigno per una condizione medica non correlata. Nelle ore che seguirono, il nipote Vincent avrebbe poi detto a Wyss-Coray, il vecchio divenne sorprendentemente sveglio e coerente, permettendo ai suoi cari alcuni preziosi momenti finali di connessione. Il sangue giovane sembrava aver avuto un effetto straordinariamente ristoratore sul vecchio, proprio come era successo ai topi di Wyss-Coray.

Dopo la morte di Din-hwa nel 2012, Vincent, un biologo molecolare della UC Berkeley, ha cercato di spiegare il bizzarro fenomeno. Alla fine ha trovato il primo documento di Wyss-Coray e Villeda sui topi.

La parola è arrivata a Wyss-Coray attraverso un conoscente comune nell'industria biotecnologica. "Ha detto: 'Tony, c'è questa persona ricca a Hong Kong'", ricorda Wyss-Coray. "'Vuole avviare una società. Sei interessato?"

Vincent e Wyss-Coray hanno formato Alkahest, una biotech con sede a San Carlos che ha raccolto più di 150 milioni di dollari dalla società della famiglia Din-hwa - il gruppo Nan-Fung - l'Università di Stanford, la fondazione Michael J. Fox e Grifols, la mastodontica azienda spagnola di plasma sanguigno che alla fine avrebbe comprato tutti gli altri.

Il vero lavoro di scoprire precisamente cosa c'era nel sangue che causava questa notevole trasformazione era solo all'inizio.


Chimica dell'invecchiamento

Negli anni successivi agli esperimenti iniziali sui topi, Villeda, Wyss-Coray e un certo numero di ricercatori indipendenti hanno identificato una serie di proteine che sembrano avere promettenti effetti riparatori o, nel sangue dei topi anziani, effetti dannosi. Entrambi i tipi potrebbero rivelarsi utili come potenziali obiettivi di farmaci. Se il DNA è il progetto del corpo, le proteine sono i suoi materiali da costruzione. Queste molecole essenziali, composte da aminoacidi, non sono solo il materiale fondamentale da cui costruiamo le cellule di ossa, pelle, muscoli e cervello. Sono anche le unità utilizzate per produrre ormoni e altri agenti di segnalazione a livello molecolare che portano messaggi da una parte all'altra del corpo. Con l'età, sembra, molte delle proteine di cui abbiamo bisogno per funzionare in modo efficiente diminuiscono, mentre le proteine che non sono buone per noi si accumulano in luoghi scomodi e ingombrano i lavori.

Villeda ha isolato una molecola presente nei topi che blocca la rigenerazione delle cellule cerebrali e promuove il declino cognitivo. La molecola sembra essere connessa al graduale crollo del sistema immunitario legato all'età, e quando viene iniettata nel sangue di topi più giovani, queste molecole proinfiammatorie possono compromettere la cognizione. E nel maggio 2019, Wyss-Coray ha dimostrato che era possibile bloccare l'attività di un'altra proteina che si accumula con l'età, innescando un potente effetto riparatore e migliorando notevolmente le prestazioni dei topi anziani su test che misurano la memoria e le capacità cognitive.

Al contrario, Villeda ha recentemente scoperto una proteina che promuove l'apprendimento e la memoria nei topi giovani. Karsenty della Columbia ha identificato un potente ormone che previene la depressione e migliora la memoria, tra le altre cose, ma che sembra diminuire con l'età. Negli esseri umani, l'ormone scende precipitosamente dopo i 50 anni.

Se le frazioni di sangue di Alkahest o qualsiasi altro farmaco sarà mai fuori dagli studi clinici rimane incerto. Ma sembra probabile che il primo di una nuova classe di farmaci otterrà l'approvazione prima di troppo tempo.

 

Dr. Gerard Karsenty Per gentile concessione del Dr. Gerard Karsenty

Nel 2019, Alkahest ha presentato i risultati preliminari a una conferenza medica dagli studi clinici di fase II, che hanno lo scopo di stabilire dati iniziali di dosaggio, ma possono anche rivelare intuizioni su come e se un farmaco funziona in una piccola popolazione di pazienti. I risultati hanno suggerito che le infusioni di plasma sanguigno hanno rallentato il declino cognitivo e funzionale nei pazienti che soffrono del morbo di Alzheimer da lieve a moderato. Gli studi sui topi suggeriscono che il sangue promuove la crescita di nuove cellule cerebrali e riduce la neuroinfiammazione. L'azienda ha anche prove in varie fasi di sviluppo per trattare il Parkinson, la demenza e il recupero post-operatorio, e ha isolato una varietà di molecole presenti nel sangue vecchio che prevede di modulare con farmaci.

Oltre agli studi sulla frazione di sangue di Alkahest, una nuova classe di farmaci "anti-invecchiamento" chiamati "senolitici", che mirano a eliminare le cellule senescenti "zombie" che si accumulano con l'età, sono entrati negli studi. Le cellule senescenti sono quelle che hanno smesso di dividersi e secernono fattori proinfiammatori che sopprimono i normali meccanismi di riparazione cellulare e creano un ambiente tossico per i loro vicini. L'azienda più importante per commercializzare questo meccanismo, Unity Biotech, ha raccolto più di 220 milioni di dollari ed è diventata pubblica al NASDAQ nel 2018. Anche se il suo farmaco per l'osteoartrite del ginocchio è stato interrotto dopo prove deludenti di fase 2, un altro farmaco senolitico volto a trattare il declino della vista legato all'età è attualmente in corso; i risultati delle prove di fase 1 sono attesi entro luglio.

Molti altri farmaci sono in sviluppo. Nei giorni prima che COVID-19 colpisse, gli scienziati di 14 istituti di ricerca in tutta la nazione stavano reclutando 3.000 individui tra i 65 e i 79 anni per partecipare a uno studio di sei anni da 50 milioni di dollari noto come il trial TAME (per Targeting Aging con la metformina, il farmaco per il diabete), che mira a dimostrare che la metformina può ritardare l'insorgenza di malattie croniche legate all'età, come le malattie cardiache, il cancro e la demenza, in quelli già colpiti. Barzilai, che sta coordinando lo studio, dice che lui e i suoi colleghi stanno lanciando lo sforzo non "così possiamo avere tutti sulla metformina, ma perché abbiamo bisogno dell'indicazione clinica approvata".

 
Le pillole di metformina si muovono attraverso una macchina di smistamento in un impianto farmaceutico Laurus Labs Ltd. a Visakhapatnam, Andhra Pradesh, India, mercoledì 15 novembre 2017. Sara Hylton/Bloomberg/Getty


Di tutti i candidati, la metformina ha forse il track record più consolidato negli esseri umani - almeno nei diabetici. "La cosa bella della metformina è che ce l'abbiamo da 60 anni", dice Barzilai. "È uno dei farmaci più sicuri, uno dei più economici".


Il lato oscuro della lunga vita

Nonostante l'eccitazione, è troppo presto per festeggiare. I dati sul fatto che la metformina funzioni nelle persone sane non sono definitivi. E i senolitici e le frazioni del plasma sanguigno devono ancora essere testati in una vasta popolazione di pazienti.

Questo probabilmente non impedirà alla gente di capitalizzare sul brusio per sfruttare i pazienti più vulnerabili. Alcuni malati di cancro disperati per una cura sono noti per dirigersi in Messico o in oscure isole tropicali per trattamenti pericolosi e non provati con le cellule staminali.

Nel 2016, un ex studente della Stanford Medical School di nome Jesse Karmazin, ha aperto Ambrosia, una clinica a Monterey, in California, offrendo di infondere ai clienti il sangue di donatori tra i 16 e i 25 anni per 8000 dollari al litro. Nel dicembre 2018, HuffPost ha pubblicato un'inchiesta sostenendo che l'unico paziente che ha parlato pubblicamente delle trasfusioni di Ambrosia - trattamenti che sperava lo avrebbero aiutato a vivere più sano in età avanzata - è morto a 65 anni dopo essere andato in arresto cardiaco.

La FDA ha emesso un avviso due mesi dopo avvertendo i consumatori anziani che queste trasfusioni "non dovrebbero essere ritenute sicure o efficaci" e i consumatori dovrebbero essere fortemente scoraggiati dal "perseguire questa terapia al di fuori degli studi clinici sotto un appropriato comitato di revisione istituzionale e la supervisione normativa."

Business Insider ha riportato nell'agosto 2019 che Karmazin ha detto che stava chiudendo Ambrosia. A novembre, aveva appeso una nuova tegola, Ivy Plasma, offrendo trattamenti "off-label" con sangue giovane e sollevando nuovi allarmi da funzionari della sanità pubblica e scienziati. Questo è un "esempio perfetto" di un intervento che ha dimostrato di funzionare nei topi, ma deve ancora essere dimostrato negli esseri umani, dice Matt Kaeberlein, un professore di patologia presso l'Università di Washington a Seattle.

Kaberlein, che ha iniziato quello che spera crescerà in uno studio longitudinale di 100.000 persone sull'invecchiamento canino, mentre esegue anche un grande studio sull'efficacia della rapamicina nel prolungare la vita dei cani anziani, dice che c'è "una tonnellata di denaro" che scorre nel campo e "una serie di prove e interventi promettenti". Ma nessuno ha ancora superato l'alto livello fissato dalla FDA: un grande studio clinico di fase 3 che mostra la prova che i pazienti migliorano significativamente e che gli effetti collaterali non superano i potenziali benefici. Quando questo accadrà è difficile da dire: la pandemia di coronavirus ha interrotto le prove e deviato l'attenzione su COVID-19.

Se gli scienziati alla fine avranno successo, l'hacking dell'invecchiamento solleverà preoccupanti questioni etiche, in particolare quando si tratta di sangue giovane. Sulla scia di quei primi documenti, la popolare serie televisiva Silicon Valley ha presentato un episodio in cui un miliardario dotcom benestante aveva il suo "ragazzo del sangue" che lo seguiva per fornire trasfusioni. "L'idea che solo le persone vecchie e ricche possano permettersi il sangue giovane è semplicemente scomoda", dice Barzilai.

La maggior parte dei geroscienziati sconsiglia l'autotrattamento. Non sarebbe saggio, dicono, iniziare ad assumere rapamicina, metformina e altri integratori in gran parte non provati sul mercato che promettono grandi effetti. Per ora, le uniche cure anti-invecchiamento provate rimangono quelle che sono sempre state: esercizio fisico regolare, una buona notte di sonno e una dieta sana.

Correzione (4/7/21, 9:39 pm EDT): La prima frase è stata modificata per chiarire che Grifols non è stata l'unica azienda ad offrire prezzi più alti del normale per le donazioni di sangue per le prove di trattamento COVID-19. Inoltre, Tony Wyss-Coray è un neuroscienziato, non un neurologo come inizialmente riportato.

Correzione: (4/8/21, 1:10 pm EDT): Geroscience è un'indagine generale su ciò che rende l'invecchiamento un fattore di rischio e non è specifico per il sangue, come originariamente riportato.

 

Foto Illustrazione di Newsweek; Immagini di fonte: Image Source/Getty; Robyn Mac/Getty



lunedì 19 aprile 2021

COMPARAZIONE STORICO-FILOSOFICA TRA L’ATOMISMO E LE TEORIE QUANTISTICHE

COMPARAZIONE STORICO-FILOSOFICA 

TRA L’ATOMISMO DEL PERIODO CLASSICO 

E LE TEORIE QUANTISTICHE CONTEMPORANEE

a cura di Argeo Basevi Magi

-2019-


ABSTRACT

La filosofia classica, oggi erroneamente definita continentale, nella storia della cultura, si è riservata sempre un compito unificante, ossia, non voler essere un sapere particolare, ma un sapere generale del «filosofo in atto» («filosofo nella pratica» di Leopardi).

Non è una scienza specifica, ma una «metascienza» - intesa come una scienza della scienza, metodo dei metodi, e così via -. L’impegno del «filosofo in atto» si è articolato in varie fasi e per un periodo molto lungo; la sua universalità non si è disgiunta da una sensibilità scientifica più definita, ossia, verso una disciplina particolare: “E secondo queste osservazioni si conosce come il filosofo non sia filosofo nella vita e nelle azioni, s’egli non guarda se stesso e i fatti suoi come quelli degli altri, se egli non gli osserva dall’alto, come quelli degli altri, se insomma non si spoglia dell’abitudine naturale di escludere se stesso e i fatti suoi dalla dottrina generale degli uomini e dèi fatti del mondo. Se il filosofo non è «filosofo nella pratica», e se i suoi princìpi non corrispondono alle sue azioni, il che accade tutto giorno”.1

Del resto, la scienza e la tecnica ci hanno indicato i mezzi da usare, invece la filosofia ci avrebbe dovuto indicare il modo migliore di usarli. Infatti, Aristotele era un naturalista, Cartesio raccomandava al «filosofo in atto» l’esercizio delle scienze naturali e della matematica, consigliando però di dedicare alla filosofia solo una parte limitata del proprio tempo. In questo senso, il filosofo era considerato e declassato piuttosto ad un «teoretico», denominazione che oggi avrebbe molti aspetti vantaggiosi, data l’usura dei termini, e del termine «filosofia» in particolare.

Quindi, anche quando la filosofia si è progressivamente distaccata dalle scienze naturali - non proprio recentemente, infatti, gli ultimi cultori di una vera e propria filosofia naturale e ambientalistica in senso ristretto sono stati i cosiddetti presocratici: Eraclito, Anassimandro, Anassagora, Democrito, Lucanus, e anche Socrate, Platone e Aristotele per certi casi - , ha mantenuto qualche aspetto concreto: ha svolto un’analisi e critica dei metodi delle prime attività empiriche, e ha promosso l’emancipazione dalle strutture mitiche.

Poi, sulla pericolosa via della generalizzazione filosofica, il filosofo è diventato, forse, uno specialista della non-specializzazione, ossia, il contraddittorio dello specialista: “Quindi si veda quanto sia difficile a trovare un vero e perfetto filosofo”.2

È forse l’unico cosiddetto ricercatore-specialista che abbia respinto ogni definito contenuto limitativo, abbracciandoli tutti. Fino a che quest’atteggiamento rappresentava l’aspirazione di superare i limiti della propria disciplina filosofica, era ben giustificato. Ma l’attuale specialista della non-specializzazione - oggi il filosofo è diventato proprio questo, quando non tenda semplicemente a far lievitare una singola disciplina fino a estenderla al tutto per ogni circostanza: bio-etica, sociologia, linguistica, ermeneutica, logica[...] - è fondamentalmente separato dalla Scienza della natura, e non si nutre della ricerca sperimentale: tanto che spesso per mancanza di uno specifico campo disciplinato, ripiega sulla storia. Pertanto, non è filosofo, ma è diventato cultore di storia della filosofia, è l’esperto delle affinità e delle dissidenze culturali.

È irrimediabilmente volto al passato, ma quale passato? Analizzandolo bene, anche quando il filosofo coltivava interessi naturali, non erano le cose naturali il suo vero oggetto-obiettivo.

L’oggetto della filosofia non era il mondo, piuttosto ciò che stava dietro le cose, di cui esse sono l’apparenza. L’esigenza di una teorizzazione a largo raggio si fece sentire fin da principio - con Platone per l’Occidente, ancor prima in altri contesti a più forte coloritura mitica - come connessione tra l’immaterialità del pensiero e qualcosa d’altro, ugualmente immateriale, dietro o dentro alle cose, attraverso cui queste divenissero comprensibili.

È forse l’unico cosiddetto ricercatore-specialista che abbia respinto ogni definito contenuto limitativo, abbracciandoli tutti. Fino a che quest’atteggiamento rappresentava l’aspirazione di superare i limiti della propria disciplina filosofica, esso era ben giustificato.

Il filosofo cosiddetto specializzato ha sempre pensato - e continua anche oggi, in correnti di pensiero corpose e ufficiali - che sia possibile una sfera conoscitiva che prescinda dall’osservare il mondo esterno. La filosofia classica è appunto quella disciplina che non tanto va oltre gli oggetti visibili - tutta la scienza moderna tenta di andare oltre gli oggetti visibili, invece -, quanto prescinda dagli oggetti. Tale atteggiamento si è fatto più radicale, poiché il filosofo analitico prescinde anche da se stesso concepito come oggetto-soggetto di studio.

Il suo «Io», inteso l’«Io» dell’essere umano in generale, non è quello esaminato dallo studioso inteso come antropologo, psicologo, sociologo, anche biologo.

C’è una via molto più breve, che gli permette di guadagnare tempo e fatica: consiste nel chiudere gli occhi fisici che si volgono all’esterno, mediante le varie scienze naturali, e nell’aprirne altri che si volgono all’interiorità, mediante quella che viene oggi comunemente definita meditazione.

Non attraverso la ragione, che è per definizione un chiudere gli occhi fisici - nel fare operazioni interne senza distrazione alcuna -, maneggiando in tal modo la realtà.

No! Qui la realtà proprio non c’è, se non quella dell’«Io» intransitivo che interroga se stesso, e fonda tutto su questo soliloquio meditativo.

Si è delineata una modalità tutta diversa di conoscenza, una cosiddetta conoscenza-assimilazione, senza mediazione di linguaggi o di tecniche conoscitive, che si può chiamare anche intuizione o in qualche altro modo, oppure, un uso di categorie razionali applicate per analogia a un campo non naturale e non empirico. Ciò è stato teorizzato in formulazioni precise da quando una certa necessità di coerenza lo ha imposto. Descartes parla d’idee chiare e distinte, nel senso appunto di fatti mentali che non abbiano bisogno né di prove, né di mediazioni linguistiche, né di apparati tecnici di collegamento ad altre idee.

E. Husserl - secondo alcuni il Cartesio moderno - parla di necessità - non solo possibilità - di mettere tra parentesi il mondo - epoché - per evidenziare situazioni interne di tal natura, e lui fa questo con ambizioni più forti, ossia, fondare una vera e propria scienza di questo «Io» che ha chiuso i suoi occhi interiori e che si è messo in comunicazione con la realtà mediante tale filo diretto, prescindendo dal tortuoso cammino della mediazione, della dimostrazione, degli apparati tecnico-biologici della mente. La ricerca del «filosofo in atto» è infatti destinata a «fondare» la conoscenza, cioè a trovare un principio incontrovertibile - il cogito ergo sum cartesiano, o la epoché husserliana - , dal quale poi si possono ricavare tutte le conoscenze particolari: quindi, un fondamento filosofico che si sia sottratto ai paradossi e alle contraddizioni sempre filosofiche.

Con ostinazione il «filosofo in atto» si allontana da ogni critica, superando così qualsiasi obiezione a proposito dell’illusorietà dell’esistenza e della relatività del pensiero.

Il punto è divenuto proprio questo: esiste allora una conoscenza interiore? Ma non classificata come vitalità interiore. Allora, occorre credere anche ad una vita interiore? Si deve intendere di conoscenza interiore, cioè di una forma di conoscenza che proceda direttamente verso l’interiorità, senza utilizzare dati, strutture e canali categoriali : circuiti, linguaggi, rappresentazioni di cose e di persone, operazioni di rapporto tra cose, memorie di fatti, ecc. ecc.; una conoscenza intransitiva, che presupponga l’eliminazione dell’esteriorità come apparenza, ossia come elemento di disturbo, e sia rivolta all’evidenza spontanea di qualcosa di certo. Una conoscenza indipendente da organi e da tecniche, cioè da quest’apparato natural-burocratico con cui ha a che fare il ricercatore moderno del significato, e che non è ben apprezzato dal «filosofo in atto», perché considerato non plausibile.

Dal momento che la conoscenza della Natura ha acquisito le sue specifiche tecniche e operazioni, la conoscenza del «filosofo in atto» è allora radicalmente cambiata, ossia, «altra filosofia», qualitativamente diversa, e la diversità si presenta subito come opposizione dialettica di un altro modo di vedere le cose, per un altro modello umano. Da questa situazione nasce un’altra radicale opzione di partenza: che non esista una conoscenza interiore.

Non c’è dimostrazione né giustificazione a tale pretesa, non c’è traccia di tale conoscenza diretta e introspettiva nella storia naturale e culturale, né vi sarebbe una prova in forza della sua intransitività come esperienza incomunicabile, anche se ci fosse. Quanto sta sotto questo nome di conoscenza interiore è una costruzione intellettuale che si serve dei normali mezzi di produzione e comunicazione del pensiero - ad esempio la spettacolarizzazione -, con la sola eventuale variante di essere, più delle costruzioni abituali, intrisa di un desiderio egoistico: desiderio di onnipotenza, desiderio di possedere la chiave universale che apre tutte le porte, di essere onniscienti, di valicare i limiti imposti dalla natura.

Desiderio divenuto legittimo, proprio interno alla nostra costituzione fisiologica, ma che purtroppo non dimostra l’esistenza di qualcosa che oggettivamente gli corrisponda.

La conoscenza è ed è stata sempre una funzione naturale dell’uomo, ed esiste solo in quanto si è immersa nelle cose. Così la conoscenza ambientale, che lavora solo in relazione alle cose naturali.

Ha il carattere categoriale e strumentale che le ha assegnato la storia cosiddetta evolutiva, nella quale la selezione è avvenuta su quanto realmente già esisteva.

La conoscenza naturale ambientalistica è sempre stata mediata tra un’incorporazione diretta del suo stato e un’assimilazione della realtà della Natura matrigna, come riscontro degli effetti delle cose su altre cose, ossia, gli organismi umani: “[…]Detta per questo fu degli déi la gran madre, e delle fiere la madre, e della nostra progenie la genitrice sola”.3

La combinazione fra densità demografica e consumo delle risorse non rinnovabili prospetta uno scenario apocalittico per la fine del XX secolo e l’inizio del XXI.

Quello che sembrava in fieri come l’incubo dell’Anno Mille fu la fine del mondo; l’incubo del XXI secolo potrebbe divenire il breakdown ecologico.

Nei cosiddetti Paesi poveri l’esplosione demografica potrebbe provocare nuove versioni della teoria hitleriana dello spazio vitale come jus ad bellum. In situazioni geografiche insulari potrebbe - come già avviene nelle Filippine - alimentare la guerriglia interna.

L’incubo del collasso ecologico viene non soltanto dal boom delle nascite nei Paesi poveri, ma anche dal boom dei consumi nei Paesi ricchi. L’Occidente ospita anch’esso i suoi cavalieri dell’Apocalisse: inquinamenti, effetto serra e corrosione dello schermo di ozono.

H. Jonas scriveva (1977): “Agisci in modo che le conseguenze della tua azione non distruggano la possibilità futura di tale vita”.4

J. G. Fichte - 1796 - scriveva: “Agisci in modo da poter concepire la massima della tua volontà come una legge per te eterna”.5

Credo che la comparazione teleologica di questi due significati morali stia nella responsabilità etica che entrambi i due filosofi hanno voluto sottolineare, seppur in epoche diverse. È la dimostrazione che l’etica nella sua esegesi è sempre stata ed è senza tempo.

Comunque, a differenza delle categorie politiche convenzionali, l’ecologia6 deriva il suo nome dalle scienze naturali anziché dalle scienze sociali.

Il suo fondamento è nella biologia olistica, che esalta il legame dell’essere umano con la Natura, l’interdipendenza della vita umana con le condizioni del suolo, dell’aria, dell’acqua e del cibo, e anche la propensione verso comportamenti individuali spontanei, non sofisticati e appunto «naturali». Ma l’ecologismo ha guadagnato una forza politica consistente soltanto quando, agli inizi degli anni ‘70, ha realizzato la fusione fra la biologia olistica e l’economia delle risorse esauribili.

Con le campagne contro gli inquinamenti e per la conservazione delle risorse non rinnovabili, l’ecologismo ha anche modificato molti dei suoi connotati originari, e si è portato su collocazioni politiche di sinistra, associandosi in molti casi con tematiche pacifiste, femministe ed egualitarie.

Lo sviluppo più clamoroso fu, come è noto, il fenomeno dei Verdi scaturito dalle contestazioni studentesche del ‘68 in Germania. Oggi in tutti i Paesi europei partiti e movimenti verdi riscuotono fino al 10% e oltre dei voti, e nel nuovo Parlamento europeo ci sono più ecologisti che comunisti.

Anche per merito dell’ecologismo contestativo, l’interdipendenza fra essere umano e ambiente, il rapporto fra equilibrio dell’ecosistema e qualità anche morale della vita, la considerazione dei beni che non possono essere negoziati sul mercato, in quanto rappresentano interessi diffusi, sono princìpi oggi politicamente sostenuti e attivi. La conciliazione fra ecologia e sviluppo qualche passo avanti l’ha già fatto, e forse necessita di trovare anch’essa uno storico di riferimento.

Purtroppo oggi non ci sono idee chiare e distinte per sé, ma idee che divengono chiare e distinte in un processo linguistico e in un sistema di funzioni logiche implausibili.

Quando crediamo oggi di possedere la sensazione di chiarezza e immediatezza, in realtà sfruttiamo al massimo la strumentalità e la falsità dei collegamenti mediatici, ed è proprio allora che la nostra macchina sembra funzionare bene e senza intoppi, tanto che il meccanismo mediatico ci dia l’illusione di un’appropriazione diretta di ciò che conosciamo.

L’essere umano è divenuto un meccanismo assimilato, inserito nei linguaggi, negli altri, nella natura scientifica. Quanto è umano è giustificato da questo metabolismo del significato che ha costruito relazioni e riferimenti in esso, in rimandi quasi senza fine, in una cosiddetta complessità d’inferenze e traduzioni da lasciare storditi.

Seppur ci troviamo in una conoscenza naturale privilegiata rispetto al mondo animale, non possiamo possedere quanto conosciamo; infatti, la realtà sembra collocata dove la vediamo o ce la fanno vedere; ma per conoscere, come prima condizione dobbiamo anzi respingere il desiderio e il concetto stesso del possesso e del dominio sulla Natura matrigna. La sensibilità ecologica esprime valori che concernono il senso del solidale e dell’unitario. L’ambientalismo è solidale perché gli anni Ottanta sono stati il decennio dell’«Io» egotico e gli anni Novanta dovrebbero essere stati il decennio del «Noi»?7 Ma è stato proprio così? Non sembra.

Perché, come nel romanzo di Richard Mason, «il vento non sa leggere»8: gli elementi naturali non leggono i cartelli di confine e non si fermano alla dogana.

Noi esseri umani qui ora siamo non i padroni, ma i custodi delle ricchezze del mondo che abitiamo. Abbiamo la responsabilità della conservazione di ciò che abbiamo a favore di coloro che ci seguiranno.

Oggi mi sforzo di vivere secondo questa regola, ma nel corso dei miei viaggi sono spesso rimasto colpito dalla frequenza con cui gli adulti non tengono alcun conto delle generazioni future.

Assistiamo in tutto il mondo allo spettacolo di genitori che sembrano curarsi ben poco del pianeta che i loro figli dovranno un giorno ereditare.

Paradossalmente, il cosiddetto progresso tecnico-scientifico degli ultimi cinquant’anni ha reso possibile lo studio dei fenomeni di alterazione ambientale e della sempre maggiore situazione di degrado imposta alla Natura.

Naturalmente una buona conoscenza degli esseri viventi, così come quella delle condizioni chimico-fisiche del loro ambiente, è importante, se non indispensabile, per l’apprendimento dei concetti ecologici, concetti assimilabili solo con l’insegnamento pratico e in laboratorio.

In questi ultimi tempi sono state introdotte nella scuola sia primaria sia secondaria buone nozioni di ecologia come parte integrativa dei programmi di biologia; questo però non è risultato ancora sufficiente a garantire una buona conoscenza della materia, occorre anche una conoscenza pratica sul terreno che permetta una più tecnica e precisa educazione su come rispettare la Natura e l’ambiente prodotto da essa in cui ogni essere è destinato a vivere e sopravvivere.

In breve l’ecologia, in quanto studio e ricerca onnicomprensiva di azioni, moti e reazioni attraverso cui si realizza la vita di tutti gli esseri umani e non, non è soltanto affascinante, ma è anche e soprattutto indagine che ci permette di capire, entro limiti ben precisi, alcune caratteristiche del misterioso viaggio dell’esistenza del regno animale e vegetale sulla Terra che abitiamo.

Come tutte le discipline anche l’ecologia ha avuto il suo percorso storico, talvolta involuto altre volte evoluto e a tal proposito basta ricordare le opere di Ippocrate, di Aristotele e di altri filosofi del passato citati nei prossimi paragrafi, soprattutto greci, di chiaro contenuto ecologico, senza però che da esse scaturisse un trattato dedicato ad una scienza della Natura.

Nella nostra primitiva vita sociale ogni individuo aveva imparato a conoscere molto bene attraverso la sua esperienza quotidiana, per sopravvivere, l’ambiente in cui agiva quotidianamente vale a dire che doveva conoscere dove trovare gli animali da cacciare, le piante per i vari usi e i ripari più idonei per difendersi dai nemici: le forze della natura erano spesso ostili alla sua vita.

Questa situazione vigeva, generalizzata, nel primo periodo di organizzazione sociale, ma cambiò radicalmente nel momento in cui l’uomo primitivo cominciò a manomettere la natura e a fabbricare i primi strumenti con l’ausilio del fuoco.

Successivamente, l’incremento demografico e la capacità umana di intervenire sull’ambiente circostante fecero nascere i primi squilibri, peggiorati col trascorrere dei secoli, fino ad arrivare all’attuale situazione di «rottura» dell’equilibrio ambientale.

Inconsapevolmente l’uomo ha dovuto interessarsi di ecologia sin dall’inizio della sua storia questo interesse è documentato infatti dalle sue manifestazioni pittoriche - pitture rupestri -.

Esse sono il primo esempio di trasmissione di informazioni e dati necessarie all’uso corretto di piante medicinali, che talvolta potevano risultare anche velenose e di animali che convivevano con gli esseri umani primitivi.

Più che forme artistiche erano vere e proprie forme primitive di trasmissione di dati informativi per le generazioni future9. Quindi, sono stati più sapienti di noi? Direi proprio di sì!

Karl R. Popper in un saggio su Parmenide del 1998, scrive: “Il problema dell’interpretazione del poema di Parmenide, per il quale avanzo qui una soluzione congetturale, è il seguente: perché, dopo averci spiegato come è in verità il mondo reale e dopo averci ammonito severamente dall’essere ingannati dalle opinioni umane sulle apparenze, Parmenide (o la dea) si dilunga a descrivere dettagliatamente: come è in apparenza?[…]Pertanto questa concezione di Parmenide non deve sorprendere. Ciò che invece sorprende in Parmenide è la sua idea che la conoscenza divina della realtà è razionale e quindi veritiera, mentre l’opinione umana dell’apparenza è basata sui nostri sensi, i quali non sono solo inaffidabili, ma anche totalmente ingannevoli[…]Tuttavia, i suoi maggiori successori e oppositori sono chiaramente Leucippo e Democrito, i fondatori dell’atomismo, che capovolsero l’elenchus per fornire una confutazione empirica della sua cosmologia: c’è il movimento. Quindi: il mondo non è pieno. C’è lo spazio vuoto. Il nulla, il vuoto, esiste. Quindi: il mondo consiste dell’esistente, dell’impenetrabile e pieno, e del vuoto: degli «atomi e del vuoto».10

Popper, seppur ritenesse la teoria di Parmenide assurda empiricamente, ne riconosce la validità e eredità riflessiva, tanto che potrebbe essere commisurata alle teorie anticipatrici della Relatività Ristretta - RR - e quantistica, visto il periodo e i mezzi di cui disponevano questi geni del periodo classico. La presenza di una teoria, apparentemente assurda, come quella di Parmenide, che può essere rifiutata, modificata e rivalutata, fu di utilità incommensurabile.

Infatti, non esiste altra euristica. Anche oggi ci avviciniamo alle cose e circostanze da conoscere - anche alle persone da conoscere, intellettualmente ed emotivamente - con cautela, muniti o prevenuti di tutte le tecniche adatte per fare entrare tali cose e persone nel giro della nostra comprensione, che è divenuta principalmente linguistica, anche se, reciprocamente, è ancora sentimentale e affettiva.

Il pensiero odierno come conoscenza diretta - non quella del filosofo che cerca la fondazione di tutto in un atto iniziale e vergine, alla maniera di Edmund Husserl [1859-1938] quella biblica - è in realtà un pensiero scomposto, e quindi non pensiero ma comportamento istintuale, perché la conoscenza del mondo circostante concepita come reazione bio-psicologica è nella fase della nostra umanizzazione di assimilazione diretta, di possesso, basata sulla distruzione naturale e ambientalistica di ciò che viene posseduto, che è metabolizzato ed entra a far parte o a conoscenza della nostra umanizzazione.


DEMOCRITO E IL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ RISTRETTA

Democrito, e mi spiace confutare l’interpretazione precedente di Popper, anticipa più di un secolo prima, la riflessione di Aristotele nella sua Fisica: “Ancora, se l’essere contemporaneamente e il non essere né prima né dopo significasse il trovarsi in uno stesso (singolo) «ora» e se tanto l’antecedente quanto il successivo fossero in questo «ora», risulterebbe che ciò che avverrà oppure ciò che è avvenuto diecimila anni fa è avvenuto contemporaneamente all’oggi”.11

In una riflessione analoga si colloca l’antiperistasi - spazio-tempo-spazio - aristotelica e platonica, che si potrebbe interpretare anche in termini di contrazione dell’universo, ossia: “Mentre l’«ora», ossia il non essere né prima né dopo, significa esser nel medesimo tempo e nell’istante, se si ammettesse la coincidenza di ciò che è prima e di ciò che è poi nello stesso istante, allora indubbiamente gli avvenimenti accaduti diecimila anni fa sarebbero simultanee con quelli odierni, e nessuna cosa sarebbe né prima né dopo in relazione ad un’altra”.12

La speciale intuizione di Democrito nel valutare «la natura del moto e del tempo»13 anticipa le riflessioni sulle teorie dei quanta che si svilupperanno ben 2500 anni dopo: “Conseguentemente, se uno vede contemporaneamente numerose - particelle -, le vede come un unico - oggetto -, perché non è percepibile il singolo effluvio che proviene da ciascuna di esse e che penetra negli occhi. Perciò sembra essere unico l’effluvio che si produce in una sola volta e che proviene da un unico oggetto visibile[…]essi risponderebbero che proprio questo frequente fluire e passare delle immagini costituisce la causa del fatto che molte immagini, accumulandosi e quasi condensandosi, paiono essere una sola”.14

Ma non solo, anche l’idea di fenomeno ed epifenomeno kantiani, ossia la sovrapposizione di fenomeni visivi che possono oggi essere comparati ai fotoni e al loro propagarsi in quello che è stato definito etere, ma che al tempo di Democrito e Ocellus Lucanus veniva classificato o intuito come vuoto.

Democrito colloca un oggetto D in un tempo A come bianco e in un tempo B un oggetto non bianco, con un intervallo intermedio G di bianco e non bianco; è la medesima disposizione del sillogismo che Aristotele riprenderà un secolo dopo. Con il termine minore, il termine maggiore e quello intermedio.

Seppur rispettando le capacità intellettive di Aristotele, va presa in considerazione la sua capacità interpretativa ed ermeneutica del pensiero dei suoi predecessori dei quali ha saputo completarne il messaggio sebbene sviluppando una riflessione teoretica efficace e personalizzata.

L’intuizione di Democrito apre la comprensione della percezione visiva degli esseri umani che da scomposta e multimmagine diventa un’immagine sola.

In effetti così è stata percepita all’interno della teoria quantistica la funzione dei fotoni e delle loro peculiarità nel trasmettere fino a noi la luce e il calore del sole.

Oggi è più facile e plausibile sorridere di queste considerazioni retrodatate, poiché in quello che noi chiamiamo progresso abbiamo inserito tutte le conoscenze e il sapere che la scienza ci ha svelato ma che sono pervenute, nostro malgrado, da grandi pensatori del periodo classico, ma che hanno avuto bisogno dell’intelletto e intuizione umane per concretizzarsi in teorie scientifiche empiricamente dimostrabili e dimostrate.

Infatti, Einstein nella sua RR fa l’esempio di un treno - oggetto D di Democrito - che viaggia alla velocità «v» e un passeggero che cammina sul treno in direzione di marcia alla velocità «w» mentre agli estremi dei binari A e B si scaricano simultaneamente due fulmini: il bagliore del fulmine - il bianco A e il non bianco B di Democrito - s’incontrerà per primo in quale dei due punti?: “[...]Supponiamo che il vagone ferroviario, nostro vecchio amico, viaggi sulle rotaie con una velocità costante «v», e che una persona che cammini entro tale vagone nel senso della sua lunghezza e precisamente nella direzione di marcia con una velocità «w». Con quale rapidità o, in altre parole, con quale velocità «W» la persona avanza, relativamente alla banchina, durante il suo procedere? L’unica risposta possibile sembra risultare dalla seguente considerazione: se una persona restasse immobile, in un secondo essa avanzerebbe, relativamente alla banchina, di un intervallo «v» numericamente uguale alla velocità del vagone. In realtà però, come conseguenza del fatto che la persona cammina, essa percorre in quel secondo un intervallo suppletivo rispetto al vagone e quindi anche rispetto alla banchina, intervallo che numericamente è eguale alla velocità con la quale la persona cammina. In totale, percorre dunque, nel secondo preso in considerazione, l’intervallo W=v+w relativamente alla banchina[...]”.15

In tutta la nostra storia intellettuale, scienza e filosofia sono state intimamente associate. Sono nate insieme, nell’antica Grecia, e insieme sono fiorite durante la rivoluzione scientifica del Cinquecento e del Seicento che ha inaugurato la scienza e la filosofia moderna come le pratichiamo oggi.

L’assenza di una distinzione risulta chiara dal fatto che si chiamasse ancora filosofia naturale quella che oggi per noi è la Fisica, e che Newton intitolasse Philosophiae Naturalis Principia Mathematica quello che oggi è per noi un capolavoro di fisica matematica. Tuttavia la fisica matematica di Newton sembrava rompere decisamente con la filosofia meccanicista, poiché ritraeva l’interazione gravitazionale come un’azione a distanza immediata attraverso lo spazio vuoto.

Un’interazione che Democrito definì «forza della necessità»: “Non è necessario che avvenga solo l’accumularsi - degli atomi - né che nel vuoto si origini un vortice in cui può generarsi il mondo conformemente a quella che si chiama «forza della necessità» né che il mondo si accresca fino a quando si scontri con un altro mondo, come conferma qualcuno dei cosiddetti fisici”.16

Questa «forza della necessità» si può ricondurre a quella forza - esterna - alla quale i discepoli di Leucippo e di Democrito ritendevano che gli atomi fossero assoggettati17: “[…]Allorché diciamo che i colpi di fulmine A e B sono simultanei rispetto alla banchina, intendiamo: i raggi di luce provenienti dai punti A e B dove cade il fulmine si incontrano l’uno con l’altro nel punto medio M dell’intervallo A÷B della banchina. Ma gli eventi A e B corrispondono anche alle posizioni A e B sul treno. Sia M' il punto medio dell’intervallo A÷B sul treno in moto. Proprio quando si verificano i bagliori (giudicato dalla banchina) del fulmine, questo punto Mꞌ coincide naturalmente con il punto M, ma esso si muove verso la destra del diagramma con la velocità v del treno. Se un osservatore seduto in treno nella posizione M' non possedesse questa velocità, allora egli rimarrebbe permanentemente in M e i raggi di luce emessi dai bagliori del fulmine A e B lo raggiungerebbero simultaneamente, vale a dire s’incontrerebbero proprio dove egli è situato. Tuttavia nella realtà (considerata con riferimento alla banchina ferroviaria), egli si muove rapidamente verso il raggio di luce che proviene da B, mentre corre avanti al raggio di luce che proviene da A. Pertanto l’osservatore vedrà il raggio di luce emesso da B prima di vedere quello emesso da A. Gli osservatori che assumono il treno come loro corpo di riferimento debbono perciò giungere a conclusione che il lampo di luce B ha avuto luogo prima del lampo di luce A. Perveniamo pertanto al seguente importante risultato: Gli eventi che sono simultanei rispetto alla banchina non sono simultanei rispetto al treno e viceversa (relatività simultanea). Ogni corpo di riferimento (sistema di coordinate) ha il suo proprio tempo particolare; un’attribuzione di tempo è fornita di significato solo quando ci venga detto a quale corpo di riferimento tale attribuzione si riferisce. Orbene prima dell’avvento della teoria della Relatività, nella fisica si era sempre tacitamente ammesso che le attribuzioni di tempo avessero un significato assoluto, cioè fossero indipendenti dallo stato di moto del corpo di riferimento. Abbiamo però visto or ora che tale ipotesi risulta incompatibile con la più naturale definizione di simultaneità[...]”.18

Le opere di Aristotele pervenuteci, che sono la raccolta del materiale preparato per le sue lezioni e non per la pubblicazione, sono formate di parti nate in tempi diversi e rispecchianti interessi diversi. Le differenti opinioni e le contraddizioni che si riscontrano nell’ambito di non poche opere e addirittura nell’ambito delle maggiori - a cominciare dalla Metafisica - si spiegherebbero proprio in funzione dell’idea d’evoluzione di Aristotele e dei connessi mutamenti di tale prospettiva.

Ciononostante, fra la posizione di Platone e quella di Aristotele c’è una differenza essenziale, che capovolge il nesso fra «opere pubblicate» e «lezioni tenute all’interno dell’accademia»: ciò che dà senso coerente e compiuto alle opere pubblicate da Platone è ciò che egli non ha reso pubblico se non nella dimensione della pura oralità dialettica - e che noi conosciamo attraverso la tradizione indiretta, ossia attraverso le testimonianze dei discepoli -; invece ciò che dà senso completo alle opere «non pubblicate» di Aristotele e composte da lui per i suoi corsi - le uniche che ci sono pervenute - sono quelle «pubblicate».

Probabilmente la teoria atomistica del vuoto sembra essere somigliante alla teoria spaziale di Galilei e di Newton, mentre l’horror vacui aristotelico sembra avere una comunanza con la teoria del «campo» di Einstein: “[…]I risultati di tutti questi fatti ed esperimenti, fuorché di uno, l’esperimento di Michelson e Morley, furono spiegati da H. A. Lorentz in base all’ipotesi che l’etere non partecipi del moto dei corpi ponderabili, e che le parti dell’etere non posseggano alcun moto relativo le una rispetto alle altre. L’etere appariva quindi, per così dire, come la personificazione di uno spazio assoluto. L’indagine di Lorentz fece ancora di più. Essa spiegò tutti i processi elettromagnetici e ottici all’interno dei corpi ponderabili allora conosciuti, in base all’ipotesi che l’influenza della materia ponderabile sul campo elettrico - e inversamente - fosse dovuta unicamente al fatto che le particelle costitutive della materia trasportano cariche elettriche, le quali partecipano al moto delle particelle. Riguardo all’esperimento di Michelson e Morley, H. A. Lorentz mostrò che il risultato ottenuto per lo meno non contraddice la teoria di un etere in quiete[…]”.19

La caratteristica della scienza moderna sembra definita dalla transizione dalla fisica di Newton a quella di Einstein, per esempio in cui un quadro o paradigma omnicomprensivo sia stato scalzato da un altro, radicalmente diverso. Invece, come ci ha dimostrato lo studio della storia dei classici essa è un continuus di idee e concetti che sono stati indicati e che sono state interpretate e non cambiate dai nostri scienziati, poiché le leggi della Natura che ci hanno accompagnati sono rimaste invariate nelle loro forme, ciò che è cambiato è la capacità ermeneutica degli esseri umani e quella della loro insipienza nella gestione etica delle risorse naturali.

Senza dubbio il messaggio che ci proviene dai classici come Lucanus, Democrito, Lucrezio, Aristotele, Platone, Socrate, per citare i più importanti e conosciuti, è quello di un rispetto antropo-genetico verso la Natura matrigna, i quali consideravano l’istante - l’«ora» - vissuto come un sillogismo tra un passato e un futuro: “[…]e che esistano i tempi futuro e passato senza che esista il presente e che esistano il «testé» e lo «stare per» senza che esista assolutamente l’«ora»”.20

Dunque, gli Atomisti Antichi costituiscono uno dei punti-chiave nella storia spirituale dell’Occidente, sia a livello filosofico sia a livello scientifico.

Nasceva così il concetto di «atomi» - indivisibili -, tutti uguali nell’essere, ciascuno, unità-immutabili, differenziantisi fra di loro per figura geometrica, ordine e posizione.

Gli «atomi» sono materiali, e quindi un «pieno», che di necessità richiede il ruolo di un «vuoto», il quale rispetto a essi è un «non-essere», ma che è la condizione che permette il loro di essere-molti e di restare in movimento.

Sempre secondo gli atomisti, originariamente gli «atomi» si muovevano, volteggiando in tutte le direzioni, in modo analogo al pulviscolo atmosferico che si vede appunto volteggiare mediante i raggi di sole che filtrano dalle finestre.

Nasce, quindi, un movimento vorticoso, in cui vari «atomi» si aggregano fra di loro: i simili si uniscono con i simili, i più pesanti si portano verso il centro, i più leggeri verso l’esterno, e nasce così il mondo e le cose del mondo.

Ed entra in gioco il ruolo del sole non solo come fonte vitale, ma come stella lucente e palpitante di energia.21 Per gli Atomisti nulla avviene e nulla è pensabile razionalmente senza una causa.

Allora, come tutte le altre cose, anche il corpo umano è formato da un incontro di «atomi». Infatti, se analizzassimo una parte minuscola del sole scopriremo che l’elemento più abbondante è l’idrogeno, seguito dall’elio, dall’ossigeno, dal carbonio e dall’azoto. Se analizziamo, invece, un campione di pelle umana troveremo che: le percentuali dell’idrogeno, dell’ossigeno, del carbonio e dell’azoto sono paradossalmente simili a quelle del Sole. L’ossimoro - nel nostro sistema, visto che non ne conosciamo altri - in questa miscela di elementi sono proprio i pianeti solidi che, del resto, rappresentano meno dell’uno per cento della massa totale: “Nella natura delle cose si deve ricercare (la risposta a) due (questioni): quale sia, prima di tutto, la materia costitutiva di ciascuna (cosa), e poi quale sia quella forza da cui è costituita ciascuna (cosa)”.22

I composti che derivano dalle varie combinazioni di questi elementi sono innumerevoli e, con alcuni di loro, gli esseri umani hanno perfezionato una grande familiarità in quanto sono alla base della nostra sopravvivenza: l’acqua e l’anidride carbonica. Non è un caso che le forme biologiche sviluppatesi nel sistema solare abbiano tutte come denominatore comune il carbonio, l’idrogeno e l’ossigeno, gli elementi, cioè, più comuni in ogni zona del sistema. Naturalmente molti elementi influenzano le possibilità di sopravvivenza dei composti del carbonio e dell’acqua.

Tra questi sono estremamente importanti la temperatura ambientale, ovvero la distanza dal Sole, e l’attrazione di gravità, cioè la massa del corpo.

Se la temperatura fosse troppo alta l’acqua si trasformerà in vapore che, una volta raggiunti gli alti strati atmosferici, verrà dissociato nuovamente dalla radiazione solare nei suoi componenti iniziali.

Nell’ipotesi che l’energia ceduta dalla radiazione agli «atomi» prodotti dalla dissociazione dell’acqua sia tale da permetter loro di sfuggire all’attrazione gravitazionale del corpo celeste da cui sono stati degassati, quest’ultimo verrà depauperato in breve tempo sia dell’idrogeno che dell’ossigeno. Ruolo molto simile avranno i composti gassosi del carbonio che, però, essendo più pesante, dopo la foto-dissociazione sedimenterà nuovamente al suolo combinandosi con i minerali presenti al suo interno.

Ciononostante, per Aristotele il vuoto non esisteva poiché lo spazio era comunque come il luogo - topos, termine proprio del lessico degli atomisti - occupato da un corpo. Il concetto di vuoto, a questo punto, sembrerebbe contradditorio perché in esso teoricamente un corpo non saprebbe come e dove muoversi, non esistendo alcuna distinzione fra alto e basso o fra un luogo e un altro.

Così per l’antiperistasi di Ocellus Lucanus, appunto, l’aria che spinge un proietto, se, invece, esistesse il vuoto non esisterebbe e, quindi, non si giustificherebbe il moto di un proietto.


EVOLUZIONISMO E INVOLUZIONISMO DI OCCELLUS LUCANUS

«Esistiamo per merito di un difetto o di un errore» Sembrerebbe proprio un’idea plausibile, da quando, alla fine degli Anni Venti, Paul Dirac ipotizzò per primo l’esistenza dell’antimateria, e poi quando si scoprì e dimostrò che materia e antimateria, incontrandosi, si annichilano; è uno dei problemi che i fisici hanno continuato a porsi indagando alla radice le ragioni dell’esistenza dell’universo e quindi anche di noi stessi: “Se l’universo viene ad essere dissolto, è necessario ch’esso sia dissolto in ciò che è o in ciò che non è; è impossibile ch’esso sia dissolto in ciò che è dappoicché ciò che è, è l’Universo stesso, o, almeno una certa parte dell’Universo; esso d’altra parte non può essere dissolto in ciò che non è poiché ciò è parimenti impossibile, che ciò che è composto di parti inesistenti: che ciò che esiste sia dissolto in ciò che non esiste. Dunque l’Universo è indistruttibile e imperituro”.23

Se per «materia» intendessimo «ciò che è» e per antimateria «ciò che non è», nel breve trattato dei principi di φιλοσοφία speculativa e iniziatica sulla natura del Mondo - l’Universo di Lucanus italico - si troverebbe il germe di tutta la dottrina fondamentale di induzione sulla creazione e l’esistenza dell’Universo eterno e sulla materia incorporea di un Ente intelligente primigenio, del quale tanto polemizzarono i filosofi iniziati; probabilmente, in esso si troverebbero le basi di molte teorie che sembrano moderne, come quelle di evoluzionismo e di involuzionismo e sulla immutabilità dell’ordine Universale di Occellus Lucanus.

Non esiste infatti nessuna ragione perché all’inizio di tutte le cose, nei primi istanti successivi al big bang, «materia» e «antimateria» esistessero in quantità diverse.

Dunque l’esplosione originaria avrebbe dovuto produrre così una quantità enorme di particelle, ma anche una probabilità altissima che particelle e antiparticelle si incontrassero e annullassero a vicenda. Probabilmente, sarebbero così rimaste in attività quelle poche particelle e antiparticelle che il caso - chaos - avesse deciso di non far incontrare.

Ognuna di esse - se guardassimo questa storia con la visuale dell’unico modo di manifestarsi del reale in quegli istanti, ossia, quello della particella - vivrebbe con l’incubo di incontrare prima o poi la propria antiparticella, per suicidarsi reciprocamente.

Forse potrebbe sembrare un paradosso, ma nell’immaginazione dell’homo matematicus, sempre alla ricerca di equazioni semplici ed eleganti e soprattutto sempre spinto da quel grande bisogno di simmetrie che aveva portato Dirac a postulare l’esistenza, accanto a ogni particella, della sua antiparticella, identica in tutto, ma di carica elettrica opposta.

In realtà non si tratta solo di un bisogno soggettivo di perfezione nella formalizzazione della descrizione matematica della natura.

L’«antimateria» c’è, poiché è stato osservato sperimentalmente che l’elettrone ha il suo positrone, che il protone ha il suo antiprotone.

Ma l’«antimateria» non va considerata come il «nulla», ma l’opposto alla sua definizione, come nel dualismo della dissociazione hegeliana, o dell’eros platonico, dove ogni cosa sussiste per il suo opposto o contrario, così come il tempo e il non tempo, i quali scorrono in direzioni opposte.

Già la nostra breve e ultima storia antropologica occidentale, cronologicamente si è vista determinare dalla soglia limite della nascita di Gesù una prospettiva decrescente spazio-tempo verso uno zero temporale, per iniziare la successiva a partire da essa e sommandola in successione di anni crescenti.

Per questo tale soglia è stata classificata e indicata come prima e dopo la nascita di Gesù. Due condizioni opposte che indicano simbolicamente la direzione temporale decrescente verso uno zero e la sua susseguente crescita da zero.

Un esempio per giustificare il processo di una decelerazione e la susseguente espansione dell’universo con il termine evoluzione - evoluzionismo cosmico - e l’inizio della sua accelerazione e susseguente contrazione con involuzione - involuzionismo cosmico -, quest’ultima in direzione opposta alla precedente.

In verità è per questo che abbiamo la sensazione di un’accelerazione cosmica, non perché l’universo stia ancora espandendosi, bensì in senso opposto, perché si starebbe contraendo su se medesimo: “Se l’universo dunque è ingenerato e corruttibile, esso deve per conseguenza cambiare dal meno al più e dal peggio al meglio; e così in seguito egli deve cambiare dal più al meno e dal meglio al peggio; è ancora necessario che il mondo [sempre nell’ipotesi ch’esso sia stato prodotto] prenda un accrescimento ed una più grande forza, ed infine egli deperirà e finirà; dappoicché tutta la natura PRODOTTA ha una progressione di tre termini e di due intervalli. I tre termini sono la generazione, la forza e la fine; gli intervalli sono quello dopo la nascita sino alla forza (big bang) e quello dopo la forza sino alla fine (big crunch)”.24

Il lettore di Considerazioni sull’Universo è, quindi, condotto per mano di Lucanus in un’antiperistasi evocativa nella quale si intravedono Talete e Platone, Galileo e Newton, Kant, Mach, Einstein, e tanti altri, ognuno con un suo aneddoto scientifico in mano da raccontare, curioso, stravagante, calmo, angosciante.

Non possiamo sapere quale opinione esprimerebbe oggi Lucanus a distanza di 2500 anni sui nostri risultati e riflessioni sull’astronomia; sicuramente ne sarebbe affascinato, come sarà stato appassionato nelle sue considerazioni sull’astronomia del suo tempo, ma non avrebbe certo condiviso l’uso di una scienza applicata e costata miliardi di dollari, e che alla fine ha mantenuto poco di ciò che aveva promesso, in una nuova e disastrosa disciplina: l’astrospreco.

Ma torneremo più avanti, alla comparazione tra la antiperistasi e quella di evoluzionismo e involuzionismo cosmici di Lucanus.

Come facciamo noi ad esistere, dunque, in questo cosmo simmetrico e nel contempo asimmetrico? Fortunatamente ogni teoria fisica della natura, comprese quelle ancora non compiute di grande unificazione delle quattro forze fondamentali, anche quella della «supersimmetria», prevede la possibilità del difetto, della rottura della simmetria in particolari condizioni.

Avvenne così, in quel primo miliardesimo di secondo della nascita dell’universo che conosciamo, che quel difetto, quella rottura di simmetrie perfette, permettesse la sopravvivenza di un protone su un miliardo, di un elettrone su un miliardo.

L’universo, che aveva così forse corso il rischio di essere vuoto, si popolava, invece, di galassie, stelle, pianeti: di vita e di esseri umani. La storia dei passi compiuti dalla ricerca scientifica per andare alla radice di questi problemi, è ricostruita nel numero di aprile 1996 di «Le Scienze» edizione italiana di «Scientific American», da Robert Adair, direttore associato dei programmi per la fisica nucleare e delle alte energie al Brookhaven National Laboratory. Adair fa nel suo articolo un largo uso di Alice, la creatura di Luis Carrol, e dei suoi famosi e fantastici specchi.

Così progressivamente, di fronte a ogni problema di simmetria, Adair si poneva e pone ancora oggi la domanda: “Può Alice, magari destatasi da un sogno di Carrol, dire se si trova nel mondo dello specchio o nel mondo reale?” Allora, Alice ci guida così per mano fra mesoni «K» e mesoni «p», tra forze micro-deboli e super-deboli, fra simmetrie di carica e di parità: sempre alla ricerca della «grande equazione».

Alvaro De Rujula, spagnolo, fisico teorico del CERN, il centro ginevrino di ricerca sulla fisica nucleare, rilasciava a La Thuile - nel corso dei Rencontres de Physique che si tenevano là ogni anno, sotto il Monte Bianco, organizzato da due fisici italiani, Giorgio Bellettini e Mario Greco, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura della Valle d’Aosta - divagazioni sottili sui temi fondamentali della fisica, sui perché noti e su quelli ancora completamente privi di risposte: “Il nostro universo è fatto in modo molto buffo”.

Fra una sessione e l’altra, fra una relazione sui tentativi di scoprire una nuova particella chiamata «Top Quark», e una sulle nuove macchine acceleratrici che sarebbero sorte entro il 2000 in Europa - l’odierno LHC Large Hadrom Collider di Ginevra -, Unione Sovietica, Stati Uniti, egli dichiarava di quanto fosse buffo e incompreso, il nostro universo: “Per ogni particella di materia c’è un miliardo di particelle di luce. E praticamente non c’è niente antimateria. È un universo completamente asimmetrico, e per il fisico, al quale piace che le cose siano sempre molto perfette, simmetriche, tutto ciò è difficile da accettare. Un fisico non avrebbe mai fatto l’universo così. Non gli sarebbe mai venuto in mente di farlo così brutto. Allora, come hanno risolto questa situazione insostenibile per le loro menti matematiche? Fortunatamente esistono delle teorie secondo le quali l’universo nei primi istanti del big bang fosse perfettamente simmetrico alle sue origini. Poi, nel corso della sua evoluzione, siamo progressivamente arrivati alla situazione attuale, che ha la medesima probabilità di qualsiasi altra. È come quando c’è una bollicina in una tazza di tea e sale in una qualsiasi direzione, nonostante sia la tazza sia la bollicina siano perfettamente simmetriche. Insomma non ci sarebbe niente di strano se oggi fossimo fatti completamente di antimateria. Del resto il suo nome deriva soltanto dal nostro antropocentrismo, per cui chiamiamo materia ciò di cui siamo fatti e antimateria le altre particelle, dotate di carica opposta alle nostre. La prima persona che ha presentato una teoria ragionevole, capace di spiegare in questo modo l’attuale asimmetria dell’universo, è stato il fisico sovietico Andrej Dimitrovic Sacharov, che quindi non ha inventato solo la bomba H sovietica”.25

Ma il tema centrale del meeting di La Thuile era stato soprattutto un altro, anch’esso strettamente legato a questioni di simmetria, al cosiddetto problema del «Top Quark», una delle particelle fondamentali, l’unica non ancora osservata in nessun laboratorio, e quindi, perché questa particella dovrebbe necessariamente esistere, sebbene nessuno l’abbia mai rilevata?

Quindi, per quale motivo senza di essa i conti non tornano. Le particelle fondamentali sono, infatti, divise in due grandi gruppi: da una parte ci sono i leptoni, il più noto dei quali è l’elettrone e dall’altra i Quark, due dei quali sono i costituenti di protoni e neutroni, cioè dei nuclei atomici.

Poiché i leptoni rilevati sono 6, mentre i Quark sono 5, ecco presentarsi una scomoda e inusuale asimmetria. Si evince, che se si trovasse il «Top», ossia, il «Quark» mancante l’obbiettivo sarebbe raggiunto; ma è tutt’altro che facile, perché non se ne conosce la massa, e quindi, essendo massa ed energia equivalenti, dalle riflessioni di Einstein in poi, non si sa quanta energia serva per produrlo.

Esso è un enigma cui stanno lavorando i fisici sperimentali di tutto il mondo da molti anni: un obiettivo che non sarà neppure l’ultimo. Dopo il «Top» toccherà, infatti, alla cosiddetta particella di Higgs, un oggetto evanescente, di massa indeterminata, che la cosiddetta «teoria standard», quella che sta alla base della fisica dell’infinitamente piccolo, vuole raggiungere a tutti i costi, per far «quadrare il cerchio». E poi, oltre la particella di Higgs, ci sono altri grandi misteri e al primo posto il motivo della sussistenza di così tante particelle, dal momento che ne bastano 4 - elettrone, neutrino, Up Quark e Down Quark - per fare tutta la materia dell’universo, compreso l’essere umano. Ma qui, quando si comincia a chiedersi il motivo, è facile sconfinare oltre i limiti propri della scienza, oppure, forse, si tornerebbe proprio alla radice della scienza medesima: “La forma del mondo, il movimento, il tempo e la sostanza non avendo né principio né fine sono sicure garanzie che l’Universo non è mai stato prodotto e non sarà mai dissolto.26

Ecco, che la ricerca di tale radice ci riporta al pensiero di Lucanus, considerato uno dei più insigni rappresentanti del pitagorismo e vissuto nel V secolo a.C., perché in verità, nessun’altro ha anticipato prima di Considerazioni intorno all’universo, un’idea coerente di evoluzionismo e involuzionismo cosmici, in un’opera più arguta che colta, comunque oggi esplicitamente rivolta a un pubblico non strettamente accademico ed erudito. Nel frattempo si sono susseguiti numerosi altri scritti sul tema dell’antiperistasi, ma quasi nessuno ha raggiunto il livello filosofico della sua sintesi, degna del genio come sosteneva Shakespeare: “Gli uomini e gli altri animali cangiano successivamente e corrono presto al termine della natura. Poiché non vi è affatto per essi un ritorno verso il primo stadio né di antiperistasi e di mutamento, come ve ne sono per il fuoco, l’aria, l’acqua e la terra[…]Tutte queste antiperistasi e questi differenti mutamenti formano delle figure e degli indici che l’Universo, o il tutto che contiene tutti i corpi, conserva e così tutte le cose che in lui sono contenute e quelle che in lui furono distrutte.27

Sebbene l’elemento che abbia stimolato la curiosità umana, compresa quella di Lucanus l’italico, sia sempre stato legato alla sopravvivenza della specie umana, essa è sembrata insensata, quando ha creduto di raggiungere con mezzi tecnici ciò che fosse solo il riflesso della vita sulla terra.

Per lui sia evoluzionismo sia involuzionismo come eventi vengono classificati in un processo di «mutamento» condiviso tra produzione e dissoluzione.

È difficile riconoscere se lo studio e la pratica dell’astronomia sia stato un tentativo maldestro o risolutore di soddisfare tale atavica curiosità.

I brevi brani che compongono il suo testo sono stati scritti nel rispetto di una continuità tematica, ma anche in realtà di una profondità, di una passione, e anche sembrerebbe di una difficoltà, sconfinate, come fosse sconfinato l’Universo di cui si occupò, benché a sua insaputa fosse formato dai miliardi di galassie, che come la nostra comprendono miliardi di stelle.

Il testo inizia con un aneddoto, ossia, una citazione in terza persona e un riferimento biografico, per esplodere come il suo Universo, per noi dopo il big-bang, nella distensione di considerazioni filosofiche condotte secondo la formula della «libera co-varianza» cara a Einstein, nel raccontare in successione storie che partono dalla percezione terrestre del firmamento e si sviluppano attraverso limpidi e anticipatori riferimenti alla φιλοσοφία, alla scienza, alla fisica, alla biologia, all’astronomia, alla teologia, alla biogenetica della polis: “Il fuoco ove sia concentrato in un punto di riunione ingenera l’aria e l’aria l’acqua e l’acqua la terra: e lo stesso ritorno e lo stesso periodo di mutamento ha luogo dalla terra al fuoco, di dove egli fuoco ha cominciato a mutarsi. Allo stesso modo i frutti, le piante, gli alberi, hanno ricevuto un principio di generazione per mezzo dei semi, in seguito essendo divenuti frutti e giunti alla loro perfezione essi si risolvono di bel nuovo nel loro germe, compiendo la natura questa progressione per mezzo della stessa cosa e nella stessa cosa”.28

È nel termine perfezione che Lucanus anticipa il vero concetto di evoluzionismo, poiché una volta raggiunto la top quality della sua specie, tutto ciò che ne deriva dopo è inteso come mutamento, ossia, un involuzionismo verso una naturale involuzione antropica.

In passato, per esempio, si riteneva che tutte le galassie si fossero formate nel medesimo istante cosmico, ora, invece, si ipotizza che la loro formazione sia determinata dall’espulsione da galassie precedenti. Questa nuova immagine delle galassie impone alla moderna φιλοσοφία la capacità di capire paradigmi alternativi, senza la pretesa di fornire princìpi indipendenti dai dati della scienza.

Alcuni scienziati giustamente difendono il principio antropico, secondo cui l’universo deve possedere le proprietà necessarie per la nascita dell’essere umano come essere fisico e biologico.

Perciò, partendo dal fatto che «io esisto», posso dedurre che ciò è stato reso possibile da un’armonizzazione in vari campi, ossia, da una convergente presenza di elementi che hanno appunto garantito la «mia esistenza».Un problema, questo, che né la teoria cosmologica dello stato stazionario, né quella del big-bang riuscirebbero mai a spiegare in termini soddisfacenti.

Si ritiene, che il principio antropico non sia scientifico ma metafisico, perché, secondo Popper, non può essere smentito. Si evince che anche la storia della scienza è essa medesima una scienza empirica, anche se abbia concesso successivamente una grande importanza alla fisica classica, la cui comprensione è possibile rileggendo la fisica odierna. Anche i modelli cosmologici di Anassagora e di Epicuro considerati allora «perdenti» possono essere ora considerati anticipatori di teorie più moderne, ossia, di quelle «vincenti»? L’astrofisico australiano Paul Davies oltre alla teoria della variazione della freccia del tempo - time’s arrow -, ossia della contrazione dell’universo, sostiene l’idea di un cosmo intelligente, che è stata presa in prestito da altri scienziati che hanno elaborato l’idea di an intelligent design29, tanto da intendere anche un cosmo intelligente. Allora, quanto possono essere connessi caos e intelligenza? Oppure che debba trattarsi di un caos intelligente? Il paradigma di un corso evolutivo unico è quindi irrilevante, poiché sarebbe come se tali sistemi possedessero una «volontà propria»; forse, proprio per effetto di questa «volontà propria» c’è il continuo rischio di una caduta, di uno scivolamento verso un eccesso di vitalismo, e proprio quando ci riconosciamo in Gaia: la dea greca che è la Terra.

E quindi, come un sistema autoregolatore e condiviso che ha permesso alla vita di nascere e svilupparsi nelle mutevoli condizioni dei millenni. “Esso - dice Davies - possiede anche una piacevole qualità teleologica: è come se la vita prevedesse la minaccia e agisse in maniera da eliminarla.”

Probabilmente, ad una scarsa luminosità iniziale del sole, corrispondeva sulla terra un’abbondanza di anidride carbonica capace di generare quello che oggi chiamiamo con timore effetto serra. “Ma, mentre il sole diveniva sempre più caldo, la coperta di biossido di carbonio veniva gradualmente rosicchiata dalla vita. Inoltre, l’ossigeno produsse uno strato di ozono nell’atmosfera superiore in grado di bloccare i pericolosi raggi ultravioletti.

L’obiettivo principale di Davies non consiste nel dare un’anima all’universo, o anche solo alla Terra, o, infine, anche solo all’essere umano, ma, probabilmente negare ogni parentela con il vitalismo; il suo obiettivo è spezzare un poderoso sostegno in favore dell’olismo, e allora contro il riduzionismo. La scienza, infatti, tende sempre più a schierarsi intorno a questi due poli interpretativi della natura: la «Theory Of Everything» - Toe - e la «Theory Of Organization» - Too .

La prima è la posizione sulla quale è schierata la stragrande maggioranza dei fisici particellari, dei fisici teorici, dei cosmologi e degli astrofisici, che ormai fanno parte di un unico circuito scientifico battezzato «astroparticelphysics»: astrofisica e fisica delle particelle, fuse in un tutt’uno, come infinitamente grande e infinitamente piccolo, secondo un’immagine fatta propria da Davies.

Questi sono i riduzionisti, i tifosi della Toe, che cercano appunto la «teoria del tutto», l’unificazione di forze, campi e particelle elementari all’interno di un unico modello teorico capace di spiegare tutti i fenomeni a livello microscopico.

Ma la grande teoria unificatrice, dal punto di vista riduzionista, non dovrebbe servire solo a questo. Secondo questo fronte di dissidenti sulla lettura della Natura, essa dovrebbe essere sufficiente a spiegare anche tutti i fenomeni a livello macroscopico, essendo tutta la Natura nient’altro che il frutto delle interazioni esistenti a livello microscopico.

Per Davies risulta un problema quasi ossessivo, ossia, dimostrare dunque che quei due numeri di Feigenbaum non sono lì per caso, ma che sono almeno il sintomo che ciò che procede verso il caos lo fa secondo qualche regola e che il caos deve avere una sua definizione matematica: ossia, che il cosmo è intelligente.

Si deve però ammettere che l’eventuale intelligenza del cosmo, non può essere paragonata all’intelligenza umana; sarebbe come paragonare l’intelligenza artificiale all’intelligenza umana.

Egli talvolta si lascia tentare da riflessioni azzardate: “Abbiamo visto come il determinismo non implichi necessariamente la predicibilità: alcuni sistemi molto semplici sono infinitamente sensibili alle condizioni iniziali. La loro evoluzione temporale è così complessa e irregolare da essere essenzialmente inconoscibile.”

La spiegazione delle parti elementari di ogni sistema permetterà allora di capire anche il funzionamento dei sistemi più complessi, dal pendolo impazzito al battito d’ali di una farfalla in Amazzonia. Anche i numeri magici di Feigenbaum troverebbero allora una propria sistemazione soddisfacente, per loro come per la scienza, perdendo perciò il loro alone di magia. Paul Davies ovviamente tifa per gli olisti e per la Toe.

Secondo questi, i sistemi complessi, in primo luogo quelli che stanno alla base della vita, potranno essere compresi solo sulla base di principi fondamentali completamente nuovi.

Secondo lui la scienza dei sistemi complessi, quella che studia il caos deterministico, sarà capace di dare un senso alle capacità creative proprie del mondo in cui viviamo.

Come dice Karl Popper: “La storia dell’evoluzione suggerisce che l’universo non abbia mai smesso di essere creativo o «inventivo». E se l’universo inventa davvero cose nuove non si può pensare che la sua descrizione fondata sulle proprietà della fisica delle particelle sia sufficiente. Ma nessuno, nel mondo scientifico, è ormai totalmente determinista. Quando Davies accusa i fisici di voler ridurre l’universo ad un’unica, onnicomprensiva equazione lagrangiana, sembra voglia attribuire loro l’idea che tutto era già scritto nell’istante del big bang. La realtà è che bisogna scegliere fra un modello che veda l’evoluzione, sia pure creativa, come il frutto di fluttuazioni causali, e un altro che va alla ricerca di una mente insita nelle cose, di un finalismo dei sistemi complessi. Davies, su questo, ha le idee chiare: l’ impressione dell’esistenza di un disegno globale è schiacciante.

Anche Lucanus diceva : “È nel tutto e cioè nell’Universo, che la generazione esiste e che si trova pura la causa della generazione”.30

Ciononostante, Il cosmo intelligente di Paul Davies a giudicare da questo approccio, non parrebbe molto intelligente. Dove starebbe l’intelligenza, se egli ci guida a scoprire che le previsioni del tempo sono assolutamente inattendibili, proprio per quello strano «effetto farfalla»?

Ma, quella farfalla sta lì a mostrare che, come negli altri casi presi in esame, sia sufficiente una piccola variazione delle condizioni iniziali per determinare, dopo un pò di tempo, la scelta di una evoluzione anziché di un’altra, fra un numero di possibili evoluzioni sempre più alto man mano che si va avanti. L’epistemologia di Popper si basa anche su una affermazione, assai discutibile, poiché sostiene che la teoria emerge da una dinamica di falsificazione.

Una teoria non può essere dimostrata valida, ma può solo, eventualmente, essere dimostrata non valida; risulta un’elaborazione di un certo tipo, che viene affidata ad una selezione, ad una lotta per la vita culturale, in uno schema sostanzialmente darwiniano.

Qualunque teoria inizialmente va bene; quindi per un determinato fatto potrebbero essere elaborate in via puramente combinatoria n ipotesi, selezionate «a posteriori» a confronto con i fatti, ossia, tutte falsificate tranne eventualmente una: la prima. Ma qual è la prima? Ciò è del tutto contrario alla meccanica della conoscenza e del linguaggio.

Un’ipotesi - e una teoria, successivamente - vengono elaborate in modo mirato, ossia, in base a considerazioni preesistenti, di tipo sostanzialmente inferenziale e spesso analogico.

Quindi, se l’indagine sul metodo scientifico diventasse subito una rivolta contro la scienza ufficiale essa non potrebbe essere un canale definito, piuttosto una collezione di procedure estemporanee, provenienti dai punti più diversi del suo orizzonte.

Occorre anzitutto abolire il metodo, per allentare i vincoli, lasciare lavorare la fantasia, e riflettere talvolta ad absurdum. Rousseau sosteneva che più dell’ignoranza facesse paura una scienza appresa con un metodo sbagliato.

L’accusa anche oggi è, forse, di aver una fiducia smisurata nel «metodo» anziché sostenere altre procedure, come intuizione e fantasia, servendosi inoltre delle componenti metafisiche di Popper.

Non si considera che questi fatti sono naturalmente incorporati - per quanto i termini siano ambigui e da usarsi con grande cautela - nella costruzione logica e razionale delle ipotesi.

Sembra che la ragione risulti assai più complessa della logica di un calcolatore elettronico, ed è quanto speriamo di aver ben messo in evidenza quando si è parlato del modo di costruire le ipotesi, che non è solo per tentativi ed errori, ma per coerenza interna confrontabile con una realtà.

Occorre credere, invece, che tutto quanto sia valido nella scienza sia interno alla conoscenza, e di questa l’intuizione o l’immaginazione sono state elemento centrale sia per Bruno sia per Kant.

Ciò generalmente da noi è chiamata razionalità, sicché può significare una corrispondenza della conoscenza ai suoi meccanicismi. La razionalità è caratterizzata anche dai meccanismi dell’intuizione kantiana, e non solo di un nostro particolare concetto di razionalità, deformato talvolta da coloro che vogliono parlare di crisi della ragione. Così, la ragione, in senso kantiano, è un meccanismo in crisi progressiva, e funziona perché è sempre in crisi?

Ma è una crisi interna, costitutiva. L’immaginazione bruniana, invece, per se medesima non riesce più a spiegarci nulla; infatti, vista nel quadro delle ipotesi, essa appare un momento fondamentale della razionalità. Quindi non risulta un procedimento corretto, né tantomeno produttivo, quello di sostenere che la scienza sia razionale sia illuministica vada ridimensionata di conseguenza, anche se attribuita per convenienza all’illuminismo, al positivismo, al neopositivismo logico, o altro.

La scienza «reale» è dunque quella che opera, che mette assieme i dati, che costruisce le teorie, che influenza la realtà, perché ne fa parte. È, quindi, su questa scienza che dovrebbe operare il nuovo epistemologo, e non sulle costruzioni artificiali di altri epistemologi. Allora, ciò che egli deve spiegare è il cammino della scienza nel suo complesso, fermo restando che questa variazione di prospettive è costante, perché è specifica del metodo scientifico, ma sempre nello studio della Natura. Ciononostante, un movimento in progress si effettua non quando il quadro teorico appare per sé nuovo e appagante, ma quando mette in luce una semplice realtà - come del resto sosteneva Poincarè - e questa si dimostra tale, perché si riverbera anche su realtà diverse e spesso molto lontane da quella prima realtà, poiché avrebbe effetto sulla rete complessiva del dominio scientifico.

Il nuovo quadro teorico non deve essere valutato per quelle improbabili ragioni che sostengono i patetici esteti di una scienza appresa con un metodo sbagliato, sebbene solo apparentemente più bello, più comodo, più semplice, ma perché spiega meglio anche fenomeni diversi da quelli per cui fu costruito, e può intessere in modo più conveniente il discorso scientifico moderno.

Nel medesimo tempo dimostra l’intreccio della realtà, permette altre ipotesi di lavoro, l’esecuzione di altre esperienze, la modifica di altre teorie, e il suo medesimo intreccio di una ipotesi di evoluzionismo e di involuzionismo in quadri teorici più plausibili.

Questo dovrebbe essere il modo di operare di tutta la nuova scienza cosiddetta rivoluzionaria, paradossalmente anche conservatrice come quella di Lucanus, in un’ipotesi che era costituita con dati già presenti e attraverso una mente, la più comune che ci fosse in Natura, e che comunque per lui c’era già, e, quindi, non «nuova».

Del resto, la novità è legata sempre a un procedimento ipotetico in quanto tale, che si riscontra proprio sia nel discorso ordinario sia nel discorso scientifico. Il procedimento ipotetico, e addirittura il modulo che ha caratterizzato un’intuizione in passato, sembra diventato inesorabilmente vecchio, dunque. Il margine di irrazionalità che lasciano queste nuove prospettive inizialmente «razionaliste» è divenuto abbastanza preoccupante, e perciò occorre indagare, perché esse hanno posto sotto accusa la scienza che definiscono «ufficiale», contrapponendola ad una scienza «fantasma», in una visione di tipo sociologico, probabilmente per ignoranza od opportunismo.

Una delle conseguenze reali di Lucanus apparentemente poste in modo oppositivo e dialettico, si è tradotta oggi nel pensare che, date le due tesi opposte o contrarie come evoluzionismo e involuzionismo, una sia buona e l’altra sia cattiva. È, invece, assai probabile che siano valide entrambe: In secondo luogo occorre che vi siano delle facoltà contrarie e antipatiche affinché alterazioni e i cambiamenti siano compiuti”.31

Ciò che anche G. Bruno riprenderà dopo millecinquecento anni: “Sì che non sono due essenze contrarie, ma una suggetta a doi termini di contrariedade[…]Come quando il senso monta all’imaginazione, l’imaginazione alla raggione, la raggione a l’intelletto, l’inteletto a la mente, allora l’anima tutta si converte in Dio ed abita il mondo itellegibile”.32

Ossia, una contrarietà tra la spinta dell’anima verso l’intellegibile e quella verso la corporea bellezza non è indizio di due sostanze nell’essere umano, ma di un’unica sostanza capace di due opposte propensioni. Come abbiamo visto anche Aristotele prima smentisce l’idea dei doi termini di contrariedade, ma successivamente deve ammetterne la valenza.

Per Lucanus la materia è ciò che di comune condividono gli elementi dei corpi: il caldo, il freddo, il secco, l’umido, che divengono poi anche circostanze contrarie tra loro; anche se i corpi si possano trasformare gli uni negli altri, i contrari non cambiano mai: “È per questo che avviene che le sostanze e gli elementi di differenti potenze del caldo, dell’umido, etc., restano in ciò ch’esse hanno in comune e cambiano in ciò ch’esse hanno in proprio, quando un contrario sormonta l’altro contrario, come quando l’umido che è nell’aria sormonta il secco che è nel fuoco o quando il freddo che è nell’acqua si trasporta sul caldo che è nell’aria”.33

Non era altro che il germe dell’idea di entropia in un senso di reversibilità - ma anche di co-evoluzione e co-involuzione - che la scienza penserà in futuro di avere scoperto, poiché gli strumenti tecnici a sua disposizione la collocheranno in una sorta d’idea evoluzionistica, che si è ulteriormente consolidata fino ad oggi.

Per questo Lucanus denominava mondo ciò che si chiamava il tutto, ossia l’Universo, ma che rientra inevitabilmente nell’idea della Natura di tutte le sostanze, sia come esseri differenti, sia come produzioni accidentali.

Perciò tutte le sostanze contenute nel mondo posseggono un’affinità sia elettiva sia materiale con esso, mentre esso possiede affinità e accordanze solo con se stesso: “Le generazioni fatte contro natura o fatte con ingiuria alla natura devono essere soppresse[…]Colloro che vogliono procreare dei fanciulli, devono avere della preveggenza nell’interesse dei fanciulli stessi”.34

Un’indagine di André Pichot considera gli elementi essenziali necessari a un pensiero di tipo scientifico che erano anch’essi apparsi intorno al V secolo a.C cominciando la loro avventura in Egitto. L’indagine inizia in Mesopotamia e si conclude nella Grecia prima di Socrate, passando attraverso le piramidi e il mondo lambito dal Nilo. Quello che Pichot propone è una sorta di indagine nella geometria e matematica dell’Egitto. Nel mondo mesopotamico, ad esempio, prende in considerazione il rapporto esistente tra la manipolazione dei metalli e alcune concezioni che si possono ritenere alchemiche, quindi, soffermandosi a lungo sull’alfabeto cuneiforme, sui differenti valori dei segni, sulla numerazione sumerica. È interessante oggi notare, e Pichot lo evidenzia con chiarezza, che nella civiltà mesopotamica il problema della divisione del grano portò a una conoscenza sorprendente della matematica. Ad esempio, essi sapevano dividere una certa quantità secondo i termini di una progressione aritmetica, sapevano calcolare gli interessi, e così via.

Ma quel che ci interessa ancor più è che alcune tavolette contengono quesiti risolti con il sistema delle equazioni di primo grado a due incognite. Comunque, tale civiltà conosceva anche l’equazione di secondo grado e sapeva calcolare il volume del tronco di piramide quadrata. I problemi del mondo egizio sembrano addirittura simili ai nostri.

Il papiro Rhind, databile 1650 a.C., tratta della moltiplicazione di somme di frazioni e addizione di frazioni a differente denominatore.

Nel succitato papiro, molto importante per conoscere la matematica tradizionale, troviamo la progressione geometrica, equazioni di primo grado - il problema è riconducibile ad esse -, etc.

Interessante è osservare come in questo testo venga calcolata la superficie del triangolo, del trapezio - considerato un «triangolo tagliato» -, la superficie del cerchio, nonché la comparazione tra la superficie del cerchio e quella del quadrato, il volume del cilindro, e così di seguito.

Nel papiro di Mosca - 1800 a.C. - si calcola il volume del tronco di piramide e in un papiro conservato al Cairo in scrittura demotica si trova la soluzione egiziana di quello che noi conosciamo come il teorema di Pitagora.

Tuttavia, non bisogna dimenticare che sia l’aritmetica che la geometria di queste due regioni sono nate e si sono sviluppate grazie a problemi pratici. Nella Grecia del IV secolo a.C. possiamo trovare un «dio» geometra che inglobi in sé la mistica dei numeri. Con l’ingresso perentorio nella storia della Grecia, la matematica assumeva un altro valore. Non a caso quello che viene considerato il primo filosofo dell’Occidente - secondo uno schema caro ad Aristotele -, ovvero, Talete, era al tempo medesimo matematico e filosofo; la medesima scuola pitagorica prova che tra la scienza e la filosofia non c’è e non c’era alcuna differenza e la mistica del numero finiva con il coincidere con quella con cui si regge il mistero del cosmo.

L’indagine di Pichot si spinge anche tra le concezioni degli atomisti - Democrito e la sua scuola - si sofferma sul singolare modo che ebbe Empedocle di intendere la Natura, si chiude con la scuola ippocratica di medicina. Come lui gli egizi avevano un medico per l’occhio destro e uno per quello sinistro, i greci resero moderno e operativo il metodo di cura basato sulla ragione.

Ciononostante, l’umanità oggi si avvicina sempre più rapidamente a una catastrofe naturale. Gli eccessivi consumi, soprattutto di energia, non consentiranno il nostro sostentamento, causa l’esaurimento delle risorse rinnovabili e l’inquinamento. La tecnologia non ci aiuterà, anzi aggraverà il problema, perché guidata dalla domanda crescente di consumi.

Il guru ambientale J. Rifkin35 ritiene che l’unica, e probabilmente, l’ultima via di salvezza per l’umanità dovrebbe essere l’amore di noi stessi che ci convinca finalmente ad abbracciare stili di vita compatibili con una società a bassi consumi.

Egli si richiama agli strumenti per la gestione di una società esemplare: «linee-guida» - fissate dallo Stato pubblico - per garantire che una produzione industriale sia ridotta coerentemente al paradigma di una crescita lenta; eliminazione della proprietà privata sulle risorse naturali, sostituita dalla «custodia di pubblico interesse»; produzione nell’ambito di piccole imprese con partecipazione democratica dei lavoratori; fine delle megalopoli, infatti, dovrebbero ridursi alla soglia di 100mila abitanti.

Rifkin già nel 1980 nella prima edizione del suo lavoro anticipava in un’affermazione: “È inevitabile il deteriorarsi della posizione di punta dell’America nella tecnologia.

L’argomento centrale dell’opera era ancora l’entropia, la misura dell’aumento del disordine di un sistema chiuso, ossia, della degradazione del suo contenuto di energia - per il II principio della termodinamica -.

Si evince che la Terra non essendo un sistema chiuso, riceve costantemente un’abbondante energia solare, il cui costo per la produzione di energia elettrica sta riducendosi.

In merito alle risorse naturali, già nel 1908 i Governatori Usa avevano affermato che il carbone si sarebbe esaurito in 50 anni e il legno in 30; nel 1972 i limiti dello sviluppo prevedevano una catastrofe naturale planetaria entro un secolo. Purtroppo la previsione si è ridotta della metà, ossia, entro mezzo secolo da allora, vale a dire cinquanta anni.

Paradossalmente negli anni ‘90 gli Usa hanno avuto un boom socio-economico straordinario, anche se ora si è ridimensionato, forse per merito della loro eccellenza tecnologica; basti pensare a Sylicon Valley. Le scienze economiche sembra siano state così ridimensionate, sebbene se si consulti un qualsiasi testo scolastico di economia esso ci dirà che l’economia non è altro che un gioco di dare e prendere lungo le curve statistiche di domanda-offerta. Ovviamente in questa simpatica barzelletta si è ignorato l’importanza degli strumenti di un’economia ambientale, per ridurre il «fallimento del mercato globale» a favore dell’ambiente.

Perché il cosiddetto catastrofismo continua ad avere successo? Ce lo spiega il grande antropologo Francesco De Martino: “L’apocalittica formicola di contraddizioni. La fine viene prospettata in un quando più o meno prossimo e determinato: ma ogni volta che le scadenze restano senza esito l’apocalittica... ricorre a spostamenti... e riplasma se stessa ritessendo la stessa nuova crisi. Quanto ai credenti, essi fanno come quegli indiani che nella loro escatologia avevano posto in primavera la data della fine: il termine fu semplicemente rinnovato sempre di nuovo.”

Sembra che mescolare quantità enormi di catastrofismo ambientale, riscuota comunque un’equivalente scetticismo e indifferenza da parte dell’opinione pubblica, rassegnata e indispettita al grido del: al lupo al lupo, e quando arriverà veramente nessuno sarà pronto a difendersi da esso.

Risuona l’eco di Lucanus rivolto comunque ad una società lungimirante e sapiente che guardi sempre all’interesse dei suoi fanciulli: “Ma ciò che occorre soprattutto osservare e starne in guardia è che nel momento della generazione - involuzione - si abbia lo spirito tranquillo, poiché semenze sono rese cattive dalle affezioni folli, incostanri e larvali”.36[…]“Non è vergognoso che gli uomoni tengano alcun conto dei loro propri figli, ch’essi li generino per caso e ch’essi curino poco il loro nutrimento e la loro educazione?37

Se Aristotele intendesse il realizzarsi di una «forma» esperienziale come un movimento astratto, ossia, come passaggio dalla potenza ad un atto motorio in un luogo naturale che non era possibile classificare come l’esistenza del movimento proveniente dalla semplice esistenza di un corpo e un luogo, Lucanus tendeva a ridurre il movimento cosiddetto a un mutamento naturale del singolo corpo, purché si rispettassero le leggi naturali che lo legavano al tutto.

Mentre anche Kant successivamente avrebbe distinto il carattere esperienziale in due forme: una naturale e una astratta. Tali leggi naturali non essendo state scritte ma trascritte all’interno della nostra genesi cosmica, sarebbero poi state riportate e riferite in forma numerica e letterale, in un dizionario numerico generale che è divenuto il magazzino della nostra interiorità, che qualcuno spesso ha voluto definire anima.

Come detto in precedenza: i fenomeni della cosiddetta antiperistasi si spiegavano in passato come un effetto della concentrazione dell’energia di un elemento qualora si trovasse sottoposto all’azione dissolvente di un elemento contrario: l’elemento attaccato raccoglie e puntualizza la sua virtù in uno spazio minimo, il quale potrebbe essere rappresentato dalla nostra anima, la quale raccolta in uno spazio minimo in senso bruniano, deve raccogliere anche un massimo contrario.

Allora inizia l’opera dissolvente, affinché questo contrario venga dissolto all’interno di uno spazio altresì minimo, ma ad una velocità operativa così enorme, da far risultare la velocità della luce una comparsa e un’ombra di se medesima.

Il dilemma che si è trascinato nei secoli fino a noi è stato cosa includere nel naturale e cosa nell’astratto, ma forse che cosa rappresentasse l’essere umano come naturale e astratto.

L’idea di magia Bruniana è ciò che si è avvicinato maggiormente al concetto di astratto; purtroppo il periodo della caccia alle streghe e l’inquisizione hanno minato profondamente una renovatio bruniana in senso classico, vista come un esempio riferito all’ambito delle grandi religioni civili pagane dell’antichità romana.

Così riferendosi alla scuola dei Romani, che proprio sull’idea di religio, nel senso latino di congiungere, rafforzarono anche la loro grandezza, e persino agli antichissimi egizi e alla loro religio naturale che, anche secondo il cosiddetto ermetismo rinascimentale, si serviva della magia come strumento teurgico e come via per penetrare il mistero della Natura, dunque come tecnica in senso specifico e astratto. In tale metamorfosi, il sapere teoretico oggi co-evolve con la lingua emergente, e attraverso l’osservazione e in particolare con la manualità intesa come strumento di trasformazione oltre che metamorfosi della specie. Si evince che dal confronto tra logica e metafisica non sia il pensiero, ma l’esercizio dell’organo della mano ciò che distingue gli esseri umani dagli animali.

Qualche decennio dopo Bruno, Descartes tesseva un encomio della mano ravvisandovi un analogia nell’essere umano, la mano non come un organo, ma quasi un individuo.

Nel secolo XX Heidegger non ha esitato, in una delle sue frequenti riflessioni umanistiche, a sostenere che solo l’essere umano possiede una mano, mentre la scimmia non possedeva che arti.

La vita terrena non è il dato individuato degli esseri umani, i quali conversano nelle città dell’utòpia, bensì un flusso cosmico che attraversa ogni cosa, il tutto, e lo spirito è uno spirito astratto vivente, così come la materia è divenuta comunque animata.

Per Bruno le cose quali noi le vediamo non sono la totalità dell’ente, ma solo ombre di esse, destinate a svanire, e ogni essere vivente, nel suo mutamento e finire, è già avviato verso la rinascita o meglio diremmo oggi verso la redenzione, perché la vita, e non l’ente determinato, è ciò che importa e costituiva anche l’Universo di Occellus Lucaus.

Così per il microcosmo come per il macrocosmo, seguendo la metafora platonica del cosmo come «animale vivente», Bruno immagina infiniti universi che diventano un phantasticum chaos, in modo analogo i piccoli animali, come siamo anche noi esseri umani, sono destinati alla morte, ma anche alla resurrezione o alla metamorfosi: “Primum autem subiectum[…]est phantasticum chaos ita tractabile, ut cogitativa potentia ad trutinam redigente visa, atque audita in talem prodire possit ordinem, et effigiem”.38

Così, come sosteneva Paul Davies a proposito di un cosmo intelligente, che cosa si dovrebbe dire a proposito delle teorie recenti sugli epifenomeni caotici terrestri?

Negli Stati Uniti i fisici che indagano da tempo sui metodi più efficaci per comprendere il caos sembrano avviati verso una strada promettente per trovare una risposta a domande tradizionalmente trascurate per il risvolto inusuale o non logiche che hanno epifenomeni naturali dal comportamento cosiddetto complesso, imprevedibile e casuale. Questi epifenomeni sono numerosi, vanno dal flusso turbolento dei torrenti di montagna, ai cambiamenti atmosferici, dai vortici delle onde nel mare in tempesta ai movimenti turbinosi della crema, girata lentamente, nel cappuccino.

Oltre che nelle manifestazioni macroscopiche della Natura, si ritrovano anche in quelle infinitesimali, come il comportamento irregolare e complesso delle particelle di materia accelerate all’interno di un plasma, il gas ionizzato che in Natura si trova nelle stelle e nei gas interstellari, e, in laboratorio, viene studiato per produrre energia termonucleare controllata.

Quest’ultimo esempio di fenomeno singolo complesso solleva una domanda inquietante per la fisica, ossia, su come faccia cioè il moto deterministico e reversibile di particelle individuali a generare un comportamento irreversibile del sistema così come lo descrive la meccanica statistica e la termodinamica. I progressi compiuti negli ultimi cento anni per rispondere a questa domanda sono stati molti, ma rispondere rimane difficile a causa del carattere non lineare delle equazioni matematiche che modellano i sistemi fisici.

Negli ultimi dieci anni però, attraverso una sintesi di simulazioni numeriche e di approssimazioni analitiche, resa possibile dall’uso dei supercomputers, e in particolare di grafici computerizzati, i matematici «sperimentali» sono riusciti a fare grossi passi in avanti in questo senso e una scoperta sorprendente è stata la constatazione di un ordine nei comportamenti irregolari, una scoperta che ha condotto allo sviluppo della dinamica non lineare, un approccio nuovo che unisce gli «esperimenti» numerici all’analisi matematica. La vera sorpresa per i ricercatori non lineari è stato osservare che, contrariamente a quel che può aver creduto Newton, le equazioni deterministiche della meccanica classica non implicano necessariamente un universo ordinato e regolare.

Sistemi deterministici con solo uno o due gradi di libertà come la mappa logistica, una equazione usata per predire le dimensioni di una popolazione biologica che cambia o la fluttuazione dei prezzi economici, possono risultare altrettanto imprevedibili e caotici come la roulette o l’atmosfera, per tradizione considerati sistemi dinamici con alti numeri di gradi di libertà.

Questo, secondo i fisici, ha a che fare con la casualità dei numeri reali, di tutti quei numeri che si possono rappresentare attraverso una espansione decimale. Ogni sistema caotico non lineare è un modello che «legge» le condizioni iniziali.

Questo però vuol dire che, lievi errori o cambiamenti nelle condizioni iniziali, corrisponderanno a letture o interpretazioni diversi che raccontano storie differenti. I sistemi caotici dinamici, diversamente dai sistemi regolari, sono molto sensibili alle anomalie matematiche di sequenze digitali infinitamente lunghe come i numeri reali, che si sottomettono a quasi tutte le descrizioni matematiche degli epifenomeni naturali, anche se questi numeri reali non siano computabili.

Qualcuno allora ha proposto di tralasciarli nella formulazione di teorie importanti della fisica.

Una soluzione del genere, secondo quanto ha dichiarato Roderick V. Jensen, un professore di fisica applicata all’università di Yale, che ha condotto uno studio sul ruolo del caos nei fondamenti della meccanica statistica, potrebbe condurre ad una rivoluzione nelle scienze naturali.

Tuttavia è possibile che la scala alla quale avviene l’abbandono dei numeri reali sia così ridotta da rendere impossibile un utilizzo delle conseguenze pratiche di questa scelta. In quel caso, osserva Jensen, l’avanguardia nella comprensione del mondo reale attraverso i numeri naturali dovrà probabilmente passare dal dominio della fisica a quello della φιλοσοφία. Ma non sarà una metamorfosi pacifica, poiché siamo ormai dominati dalla logica aristotelica, o così vuol sembrare, ma la critica non è rivolta allo Stagirita, bensì all’abuso che ne stanno facendo i cosiddetti eruditi contemporanei.


1 Leopardi Giacomo, Zibaldone dei pensieri, (1991), Garzanti Editore, Milano, 8 Ott.1821, p.1070.

2 Ibi, 4 Ott. 821, p. 1056.

3 Lucrezio Tito Caro, De Rerum Natura, (1976),tr. Balilla Pinchetti BUR, Milano, 1986, libro II 595-600 pp.146-147.

4 Jonas Hans, Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, (1990), Tr. Paola Rinaudo, Giulio Einaudi editore, Torino, p.16.

5 Fichte Johann Gottlieb, La missione del dotto, (1982), Fabbri editore, Milano, 2001, p.13. Un’altra tr. riferisce: “agisci sempre secondo la migliore convinzione del tuo dovere; ovvero, agisci secondo la tua coscienza”.

6 Il termine ecologia (dal greco «oikos» abitazione casa e «logos» scienza e discorso) fu usato per la prima volta nel 1866 dal naturalista e biologo tedesco Ernst Haeckel nel Generelle Morphologie der Organisme. In sostanza per Haeckel la parola ecologia voleva significare «la scienza che studia i rapporti tra l' essere vivente e l' ambiente naturale in cui si trova».

7 Myers Norman, Ultimate Security, Norton & Company, New York 1994.

8 Mason Richard, Anime alla deriva, Einaudi, Torino, 2000.

9 Basevi Magi Argeo, Involuzionismo cosmico, (2007), CESLB Editoriale, Bergamo, 2007,cap.V-pagg.216-224.

10 Popper R. Karl, La luna può rischiare le vie di Parmenide?, (1998), tratto dal volume Il mondo di Parmenide, a cura di Fabio Minazzi, ed. Piemme, Casale Monferrato.

11 Democrito, Raccolta frammenti, (1970), Edizioni Bompiani, interpr. e commentario di Salomon Luria, 2007, Meccanica e Cosmogonia, frammenti 285, p.369.

12 Aristotele, Fisica, (2007, tr. Luigi Ruggiu, Mimesis Edizioni, Milano, libro IV, Δ, 25, 218-a-b.

13 Democrito, Raccolta frammenti, (1970), Edizioni Bompiani, interpr. e commentario di Salomon Luria, 2007, D-Meccanica e cosmogonia, 382, p.361.

14 Ibid, 282, pp.361-363.

15 Goenner Hubert, Renn Juergen, Ritter Jim, Sauer Tilman, The Expanding Worlds of General Relativity, edited by Birkhauser, Boston and Basel, 1999.

16 Democrito, Raccolta frammenti, (1970), Edizioni Bompiani, interpr. e commentario di Salomon Luria, 2007, Meccanica e cosmogonia, 291, p.379.

17 Ibid, Frammenti 296, p.383.

18 Goenner Hubert, Renn Juergen, Ritter Jim, Sauer Tilman, The Expanding Worlds of General Relativity, edited by Birkhauser, Boston and Basel, 1999.

19 Ibid.

20 Democrito, Raccolta frammenti, (1970), Edizioni Bompiani, interpr. e commentario di Salomon Luria, 2007, D-Meccanica e cosmogonia, 287a, p.373.

21 Diels H.-Kranz W., Atomisti Antichi, Testimonianze e frammenti, Intr.e tr., note, parole-chiave e appendice bibliografica a cura di M. Andolfo, testo greco a fronte, Rusconi Libri, Milano, 1999.

22 Democrito, Raccolta frammenti, (1970), Edizioni Bompiani, interpr. e commentario di Salomon Luria, 2007, Meccanica e Cosmogonia, frammenti 301, p.387.

23 Lucanus Occellus, Considerazioni intorno all’Universo, Sagwan Press, Titolo I, 10.

24 Ivi, Titolo I, 4.

25 Morini Roberto: inserto domenicale del Sole24ore del 12/03/1989.

26 Lucanus Occellus, Considerazioni intorno all’Universo, Sagwan Press, Titolo I, 15.

27 Ivi, Titolo I, 14.

28Ivi, Titolo I, 13.

29 Davies Paul, Il Cosmo Intelligente, Mondadori, Milano 1989.

30 Lucanus Occellus, Considerazioni intorno all’Universo, Sagwan Press, Titolo II, 1.

31 Ivi, Titolo II, 4.

32 Bruno Giordano, Degli eroici furori, p.618.

33 Lucanus Occellus, Considerazioni intorno all’Universo, Sagwan Press Titolo II, 11.

34 Ivi, Titolo IV, 13.

35 Rifkin Jeremy, La fine del lavoro, Baldini&Castoldi, Milano.

36 Lucanus Occellus, Considerazioni intorno all’Universo, Titolo IV, 13.

37 Ivi, Titolo IV,14.

38 Bruno Giordano, De Umbris, pp.77-78.


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