Da: Edward Luttwak, TECNICA DEL COLPO DI STATO, 1968.
CAPITOLO SECONDO
QUANDO È POSSIBILE UN COLPO DI STATO?
“I bolscevichi non hanno alcun diritto di aspettare
il congresso dei Soviet. .. Devono impadronirsi del
potere immediatamente ... La vittoria è certa
e vi sono nove probabilità su dieci che verrà
riportata senza spargimento di sangue ...
Aspettare è un delitto contro la rivoluzione.”
VLADIMIR l. U. LENIN
ottobre 1917
A PARTIRE dal 1945, il processo di decolonizzazione ha più che raddoppiato il numero degli Stati indipendenti, per cui le occasioni offerteci si sono moltiplicate nel modo più soddisfacente. Dobbiamo riconoscere, ciò nonostante, che non tutti gli Stati meritano la nostra attenzione. Non v'è nulla che ci impedisca dall'attuare un colpo di Stato in Inghilterra, a esempio, ma, con ogni probabilità, non riusciremmo a restare al potere per più di un breve periodo. Nel pubblico e nella burocrazia è ben radicata la concezione della natura e della base legale del governo, e sia l'uno sia l'altra reagirebbero per restaurare la legittima leadership.
Questa reazione rende inutile ogni successo iniziale del colpo di Stato e si determinerebbe anche se il precedente governo fosse stato impopolare, mentre le “facce nuove” potrebbero riuscire simpatiche. La reazione scaturirebbe dal fatto che una parte significativa della popolazione si interessa attivamente alla vita politica e vi partecipa. Ciò implica il riconoscimento della circostanza che il potere del governo deriva dalla sua origine legittima, e anche coloro i quali non hanno alcun motivo di appoggiare la vecchia guardia, hanno molti buoni motivi per sostenere il principio della legittimità.
A noi tutti sono note le inchieste periodiche le quali “dimostrano” che, a esempio, il venti per cento del campione statistico non è riuscito a dire correttamente il nome del primo ministro, e sappiamo inoltre che una gran parte della popolazione ha soltanto contatti assai vaghi con la politica. Ciò nonostante, in quasi tutti i paesi progrediti, coloro i quali si interessano effettivamente in modo attivo alla politica formano, in termini assoluti, un gruppo vastissimo. Le decisioni politiche controverse stimolano e fanno affiorare alla superficie questa partecipazione: si formano gruppi di pressione, vengono spedite lettere alla stampa e agli uomini politici, si scrivono petizioni e si organizzano manifestazioni, e tutto questo finisce con il dar luogo a un dialogo incessante tra i governanti e i governati.
Questo dialogo non dipende necessariamente dall'esistenza di un sistema politico formalmente democratico. Anche negli Stati a partito unico, in cui il potere è nelle mani di pochi capi autoinsediatisi, un dialogo soffocato ma tuttavia attivo può aver luogo. I più alti consessi del partito possono discutere le decisioni politiche e, nei momenti di relativa distensione, la discussione si allarga al maggior numero di persone ai livelli più bassi, nonché alle pubblicazioni che riflettono “correnti” diverse, anche se soltanto entro la più ampia cornice dell'ideologia accettata e delle decisioni politiche di vasta portata della leadership. Il valore del dialogo che si svolge negli Stati antidemocratici varia in misura assai grande. In Iugoslavia, a esempio, [1] il partito comunista è divenuto un foro di dibattiti sempre più liberi e sempre più ampi sui più importanti problemi politici; la stampa e il parlamento, pur non essendo in grado di far valere le loro opinioni nello stesso modo dei loro equivalenti inglesi o americani, hanno partecipato a loro volta all'" apertura " del sistema. Le decisioni politiche non vengono più semplicemente applaudite, ma sono effettivamente esaminate, criticate e talora persino avversate.
Può darsi benissimo che questo particolare Stato a partito unico non costituisca più un buon terreno per un colpo di Stato. Una volta che la gente abbia imparato a esaminare a fondo gli ordini e a porli in dubbio, si rifiuterà probabilmente di limitarsi a accettare gli ordini del colpo di Stato, così come non accetta gli ordini del governo senza accertarne la legittimità e l'opportunità.
In Egitto, d'altro canto, il partito unico, l'unione araba socialista (UAS) è tuttora un mero timbro di gomma. Le decisioni politiche vengono prese da Abel el-Nasir [2] e dai suoi colleghi; esse sono attuate dalla burocrazia e l'UAS può soltanto applaudirle. Quando si trattò di stabilire se l'assemblea nazionale dominata dall' UAS avrebbe accettato il ritiro da parte di Nasser delle sue “dimissioni” successive alla rotta del 1967, un osservatore fece rilevare: “L'assemblea farà né più né meno di quanto le verrà detto”. Molti Stati a partito unico si trovano in questa stessa situazione.
II dialogo tra governanti e governati può aver luogo soltanto se esiste un settore abbastanza vasto della società i cui componenti, oltre a saper leggere e scrivere in numero sufficiente, siano ben nutriti e si sentano abbastanza sicuri per “replicare”. Anche in questo caso, determinate condizioni possono condurre a un deterioramento del rapporto, e ciò può generare talora una sufficiente apatia e sfiducia nei riguardi del regime, per cui un colpo di Stato diviene possibile.
Gli eventi del 1958 in Francia furono, sotto taluni aspetti, simili a un colpo di Stato. Venti anni di guerra, che avevano compreso la sconfitta del 1940, l'occupazione e, a partire dal 1946, le lunghe e perdute guerre coloniali in Indocina e in Algeria, avevano minato la struttura politica. I continui mutamenti di governo avevano fatto sì che il regime perdesse l'interessamento e il rispetto di quasi tutti i francesi e aveva lasciato la burocrazia senza capi, in quanto il lavoro complesso dei ministeri non poteva essere padroneggiato dai ministri .che restavano al potere soltanto per brevi periodi. I militari rimanevano a battersi nell'amara guerra d'Algeria, scarsamente guidati dalle autorità di Parigi, poiché il più delle volte i ministeri erano troppo impegnati a lottare per la loro sopravvivenza nell'assemblea per potersi preoccupare di quell'altra e più sanguinosa guerra.
II costo della guerra, tanto in denaro quanto in vite, rese ostile il pubblico in genere nei confronti sia dell'esercito sia del governo, e molti francesi si sentirono sempre più timorosi e diffidenti nei riguardi dei militari, i cui sentimenti e la cui ideologia erano loro così estranei, oltre a essere estranei allo spirito dei tempi.
Mentre le strutture della vita politica durante la quarta repubblica stavano andando in sfacelo. de Gaulle, con il suo ritiro simulato, a poco a poco emerse come l'unica alternativa alla minaccia del caos. Quando l'esercito in Algeria parve essere sull'orlo di un'azione davvero drastica . di gran lunga pii• grave delle prime teatrali scaramucce nelle vie di Algeri, e un ennesimo governo era ormai sul punto di cadere, dc Gaulle venne richiamato.
Egli riusci a imporre le sue condizioni. Allorché, il 29 maggio 1958, Coty, l'ultimo presidente della quarta repubblica, lo convocò affinché formasse un governo (insediatosi il primo giugno), a de Gaulle fu concesso il potere di governare mediante decreti per sei mesi e di preparare una nuova costituzione. In base ai termini di questa costituzione, presentata per la consultazione popolare a metà agosto e approvata con un referendum in settembre, ebbero luogo elezioni che assicurarono la maggioranza al nuovo partito UNR di de Gaulle. Il 21 dicembre il generale divenne il primo presidente della quinta repubblica, un presidente in stile americano con ampi poteri esecutivi, ma senza un congresso in stile americano per moderarli.
La Francia del 1958 era divenuta politicamente inerte e pertanto matura per un colpo di Stato. Le strutture politiche di quasi tutti i paesi progrediti, però, sono troppo flessibili per divenire opportuni bersagli, a meno che determinati fattori « temporanei » non indeboliscano il sistema, compromettendone la saldezza fondamentale. Di questi fattori temporanei, i più comuni sono:
a) una grave e protratta crisi economica, con disoccupazione su vasta scala o rapida inflazione;
b) una guerra lunga e sfortunata o un'importante disfatta militare o diplomatica;
c) cronica instabilità con un sistema pluripartitico.
L'Italia costituisce un esempio interessante di un paese economicamente progredito, socialmente dinamico, ma politicamente fragile. Sino alla formazione dell'attuale e relativamente stabile coalizione tra la democrazia cristiana (DC) e i socialisti, la DC, pur essendo il singolo partito più importante, ha potuto governare soltanto alleandosi con alcuni dei pii1 piccoli partiti di centro, in quanto soltanto di rado ha ottenuto alle elezioni pii1 di una stentata maggioranza.
I governi di coalizione sono sempre difficili a costituirsi, e in Italia il problema è divenuto così complesso da somigliare a un gioco di pazienza particolarmente intricato. Se voi foste stati invitati a formare un governo, vi sareste trovati di fronte a una serie di condizioni che si escludono reciprocamente:
“La DC è l'unico singolo e più grande gruppo al parlamento, ma, disponendo soltanto del trenta per cento dei voti, non può governare da sola. Se si includono i due piccoli partiti di centrosinistra (i socialdemocratici e i repubblicani), si ha Io sfacelo dell'ala destra, e il governo cade. Se si includono i partiti di destra (il monarchico e il liberale), si ha lo sfacelo dell'ala sinistra, e il governo cade. Se si include il grande partito di estrema destra (i neofascisti), tutti i gruppi dell'ala sinistra votano contro il governo. Se ...”
Così il partito dominante è rimasto al potere ininterrottamente a partire dal 1948, ma non è riuscito a riformare al contempo l'inflazionata e inefficiente burocrazia. Tutti vogliono riforme, ma la destra si è sempre opposta a mutamenti nelle strutture del governo locale e della polizia, mentre la sinistra si è sempre opposta a ogni freno alle fantastiche attività dell'ente statale. [3]
Nel frattempo, i partiti esclusi dal potere hanno concentrato i loro sforzi nel tentativo di rompere la coalizione, invece di seguire attentamente la po1itica governativa, per cui non vi è stato alcun controllo sugli abusi e le inefficienze.
Gli italiani, a poco a poco, hanno finito con il disinteressarsi a quanto accade a Roma e, se vi fosse stato un de Gaulle italiano, la repubblica sarebbe senza dubbio crollata. (Ma anche senza l'uomo adatto, un colpo di Stato ha quasi avuto luogo.)
LE CONDIZIONI PRELIMINARI DEL COLPO DI STATO
La Francia del 1958 e, in misura minore, l'Italia del 1964, erano entrambi paesi in cui il dialogo tra governo e popolo era stato interrotto. Ma in molti, e invero in quasi tutti, i paesi del mondo, il dialogo non può svolgersi affatto, indipendentemente dalle circostanze del momento.
Se compiliamo un elenco dei paesi nei quali si sono avuti di recente colpi di Stato, vedremo che, sebbene il loro passato storico ed etnico differisca in misura assai considerevole, essi condividono certe caratteristiche sociali e economiche. Se isoliamo queste ultime, possiamo ottenere una serie di indicazioni che, una volta applicate ai dati fondamentali sociali e economici di un paese, dimostreranno se esso possa costituire un buon terreno per un colpo di Stato.
ARRETRATEZZA ECONOMICA
Nei paesi privi di un'economia progredita e della conseguente prosperità, la condizione generale della popolazione è caratterizzata da malattie, analfabetismo, elevata natalità e mortalità, nonché periodiche carestie.
L'uomo medio in questa condizione di privazioni è virtualmente escluso dalla più vasta società fuori dal suo villaggio e dal suo clan. Ha ben poco da vendere.
Dispone di ben poco denaro con cui acquistare. Non sa leggere i moduli, i carte1li stradali, i giornali con i quali la società gli parla. Non sa scrivere e, per conseguenza, un suo cugino che abiti in città è come se vivesse sulla luna. Non ha modo di sapere se una particolare tassa sia legale o se sia semplicemente l'imposizione del burocrate del villaggio; non ha modo di conoscere le realtà sociali e economiche dalle quali sono condizionate le politiche che gli si chiede di applaudire. II suo solo mezzo per rimanere in contatto con il mondo esterno è la radio governativa, ed egli sa da esperienze precedenti che non dice la verità.
La complessità del mondo esterno e la sfiducia che esso ispira sono tali da far sì che l'insicuro e indifeso abitante di villaggio si ritiri nel mondo sicuro e ben noto del clan, della tribù o della famiglia. Egli sa che i capi tradizionali della tribù e del clan sfruttano la sua assai limitata ricchezza, e spesso sa che i loro reciproci interessi sono diametralmente opposti ma, ciò nonostante, essi rappresentano una fonte di guida e di sicurezza che lo Stato non può rappresentare essendo troppo remoto e troppo misterioso.
Il cittadino si è sottratto all'abbraccio stritolatore della società tradizionale, ma non alle conseguenze dell'ignoranza e dell'insicurezza. In queste condizioni, la massa della popolazione è politicamente passiva e i suoi rapporti con la leadership sono soltanto unilaterali. La leadership rivolge la parola ai poveri, tiene loro conferenze, desta speranze e timori, ma non ascolta mai; la burocrazia impone loro tasse, li tratta con prepotenza, toglie loro i figli per mandarli sotto le armi. Li fa lavorare alle strade, ma in cambio dà ben poco. Nel migliore dei casi, nei regimi onesti, si costruiscono, in qualche luogo, una diga o un'acciaieria, lontano dai loro villaggi. Queste opere non apportano alcun beneficio diretto, non li sottraggono alla miseria, ma per lo meno sono una consolazione, la speranza di un avvenire migliore per i loro figli. Altrove. ai poveri vengono negate anche questa consolazione e questa speranza; le tasse da essi versate sono state spese per costruire palazzi, carri armati, aerei e tutte quelle cose bizzarre che occorrono agli uomini politici e alle loro mogli. I poveri delle città, che vivono a furia di espedienti e a malapena riescono a sopravvivere nella lotta quotidiana per le necessità della vita, devono assistere allo spettacolo dei cocktail pa1·ties. delle lussuose berline e delle grandiose ville dell'élite dominante. [4]
La massa della popolazione è politicamente passiva, ma si tratta della passività del silenzio imposto, non dell'inerzia. L'ira terribile causata dalle privazioni e dall'ingiustizia è sempre presente e a volte esplode. La folla tumultuante può non avere un chiaro scopo politico, ma le sue azioni hanno senz'altro conseguenze politiche.
Il colpo di Stato del 1952 in Egitto, che causò la fine della monarchia del “telefono bianco” di re Faruk e l'ascesa di quello che divenne poi il regime di Abd el-Nasser, fu preceduto da una di queste esplosioni improvvise. Il 26 gennaio 1952 era la data prevista per una dimostrazione organizzata contro la presenza e le attività delle forze armate inglesi nella zona del Canale. I poveri della città uscirono in massa dai loro tuguri e formarono un corteo. Tra essi si trovavano gli agitatori della Fratellanza Musulmana, [5] che incitarono la folla ad appiccare incendi e a commettere violenze.
Gli agitatori riuscirono al di là dei loro sogni più sfrenati. I poveri colsero l'occasione e distrussero tutto ciò di cui godevano i ricchi: alberghi, grandi magazzini, il Turf Club, negozi di liquori e negozi di moda al centro della città, la quale, in una sola breve giornata, assunse l'aspetto di un campo di battaglia; soltanto i ricchi subirono le conseguenze, in quanto questi locali e questi negozi erano sempre stati inaccessibili per i poveri. Gli organizzatori della dimostrazione originaria, appartenenti alla classe media, non avevano avuto alcuna intenzione di distruggere i luoghi che essi frequentavano più volentieri; i nazionalisti non avevano mai voluto privare l'Egitto delle dodicimila abitazioni e dei cinquecento negozi che andarono distrutti. Parlarono di anarchia, di intrighi e di follia. Per i poveri, però, fu come un'elezione generale; i poveri privi del diritto di voto avevano votato con le fiamme.
A parte l'azione violenta e disorganizzata della plebaglia che costituisce la reazione ad alcuni problemi semplici e drammatici, non è possibile ragionare con il potere dello Stato; non v'è alcun interessamento per l'attività quotidiana del governo e della burocrazia, né la si esamina mai a fondo. Così, se la burocrazia impartisce ordini, essi vengono o eseguiti o ignorati, mai però sfidati o valutati.
Ogni potere, ogni partecipazione è nelle mani della ristretta e colta élite. Questa élite è istruita, ben nutrita, si sente al sicuro e pertanto differisce radicalmente dalla grande maggioranza dei suoi compatrioti; in pratica, è una razza a parte. Le masse se ne rendono conto e accettano inoltre il monopolio del potere detenuto dall'élite e, a meno che qualche esazione intollerabile non conduca a una rivolta disperata, ne accettano anche la politica. Analogamente, sono disposte a accettare un cambiamento di governo, sia esso legale o no. In fin dei conti, si tratta soltanto di un altro gruppo di “quelli là” che si impadronisce del potere.
Così, dopo il colpo di Stato, il poliziotto del villaggio viene a leggere un proclama, la radio dice che il governo di un tempo era corrotto e che il nuovo provvederà all'alimentazione, all'igiene, alle scuole ... e a volte anche alla gloria. La maggioranza della popolazione non crede a queste promesse e a queste accuse e neppure ne diffida, ma si limita a pensare che tutto sta accadendo altrove, molto lontano. Questa assenza di reazione [6] è tutto ciò che occorre agli organizzatori del colpo di Stato, da parte del popolo, per restare al potere.
La burocrazia ai livelli più bassi reagisce, o meglio, evita di reagire, in modo analogo e per ragioni analoghe. La mancanza di sofisticazione politica significa che la politica e la legittimità del· governo precedente erano per essa assai meno importanti dei diretti superiori. I “capi” impartiscono gli ordini, possono promuovere o retrocedere e, soprattutto, sono la fonte di quel potere e di quel prestigio che ne fanno dei semidèi di villaggio. Dopo il colpo di Stato, colui che dirige il distretto continua a essere ubbidito, si tratti dello stesso uomo o no, purché possa pagare gli stipendi e abbia legami con la «stratosfera» politica della capitale.
Per i burocrati delle alte sfere, per l'esercito e la polizia, il colpo di Stato costituisce un insieme di pericoli e di possibilità. Taluni sono troppo compromessi con il regime precedente per poter semplicemente superare la crisi, e allora fuggono oppure si oppongono al colpo di Stato o si fanno avanti come sostenitori del nuovo regime allo scopo di assicurarsi i vantaggi di una immediata lealtà. La linea d'azione seguita da questo gruppo dipende dalle valutazioni individuali dell'equilibrio delle forze di ognuna delle due parti. Ma per il maggior numero di coloro che non sono troppo compromessi, il colpo di Stato rappresenta occasioni propizie più che pericoli. Essi possono accettarlo e inoltre, essendo collettivamente indispensabili, possono trattare per ottenere stipendi e posizioni ancora migliori; possono dar luogo a un'opposizione o unirvisi; oppure, come in Nigeria nel 1966, possono approfittare delle condizioni temporanee di instabilità, organizzare un controcolpo di Stato e impadronirsi del potere per loro conto.
Gran parte dell'organizzazione e dell'attuazione di un colpo di Stato mira a influenzare la decisione dell'élite in modo favorevole. Ciò nonostante, se, in un ambiente sottosviluppato, l'élite decide di opporsi, dovrà farlo in termini di rivalità politica. Essa non sarebbe in grado di richiamarsi a qualche principio generale di legalità come nei paesi politicamente sofisticati, perché nessun principio del genere è accettato dalla comunità. Così, invece di agire nell'interesse di quanto è legittimo, i componenti dell'élite dovrebbero battersi contro il colpo di Stato come diretti avversari, e per conseguenza sullo stesso piano. Ciò farebbe si che i loro avversari politici o etnici finirebbero con lo schierarsi dall'altra parte. In ogni caso, battersi contro il colpo di Stato significherebbe affrontare forze organizzate con forze improvvisate, e in condizioni di isolamento dalle masse, le quali, come abbiamo veduto, rimangono quasi sempre neutrali. [7]
Cosi, a tutti i livelli, la linea d'azione più probabile dopo un colpo di Stato è l'accettazione; da parte delle masse e degli strati più bassi della burocrazia perché i loro interessi non sono legati a alcuna delle due parti; da parte delle alte sfere della burocrazia, a causa dei grandi pericoli di un'opposizione svolta in condizioni di isolamento. Questa assenza di reazione è la chiave della riuscita del colpo di Stato e contrasta con la reazione « naturale » che si determinerebbe nelle società politicamente sofisticate.
Negli Stati totalitari, gli arresti in piena notte, il controllo di tutte le associazioni (anche se apolitiche) fanno parte della tattica generale tendente a isolare i singoli individui che si oppongono al regime. Nelle zone sottosviluppate, l'opposizione è isolata dalle masse quasi automaticamente a causa delle condizioni sociali.
La nostra prima condizione preliminare di un colpo di Stato è pertanto la seguente:
Le condizioni sociali e economiche del paese bersaglio devono essere tali da limitare a una piccola frazione della popolazione la partecipazione politica.
Dicendo " partecipazione" non ci riferiamo naturalmente a una parte attiva e preminente nella politica nazionale. ma soltanto a quella comprensione generale delle basi della vita politica che si riscontra comunemente nelle masse delle società economicamente progredite. Questa condizione preliminare implica inoltre che, eccezion fatta per i più alti livelli, la burocrazia agisce in modo indifferente e meccanico a causa del suo personale impreparato.
Più genericamente, la “condizione preliminare economica" esclude la possibilità di un sistema di governo locale ... o piuttosto di un governo locale rappresentativo. È vero che nelle zone sottosviluppate si riscontra spesso un sistema di “governo locale” agli ordini di capi tradizionali, ma dei loro due possibili compiti né l'uno né l'altro è in genere rappresentativo.[8]
Questi capi sono o individualmente potenti per diritto di nascita, e ciò significa in effetti che il comune cittadino è assoggettato a un duplice controllo; o altrimenti, se il loro potere è venuto meno, sono poco più di funzionari dello Stato alquanto all'antica. Nessuno di questi due ruoli consente al comune cittadino di partecipare alla limitata attività politica del villaggio o della cittadina, come fanno i suoi equivalenti in Occidente.
Tutto ciò significa che in un ambiente economicamente arretrato la diffusione del potere, caratteristica delle democrazie sofisticate, non può esistere. Si ha o un governo rigido e centralizzato oppure, come fase di transizione, una certa decentralizzazione del potere nelle singole regioni che ne fa de facto Stati indipendenti, come lo era la Nigeria settentrionale prima del colpo di Stato. Tutti sanno come sia più facile impadronirsi di qualcosa di concreto che di qualcosa di vago. Esprimendosi alla buona, il potere nello Stato centralizzato governato da una piccola élite è come un tesoro ben custodito; il potere in una democrazia sofisticata è qualcosa di simile a un'atmosfera che galleggi liberamente ... e chi mai può impadronirsi di qualcosa di questo genere?
La condizione preliminare dell'arretratezza economica può essere confrontata con quanto è noto della misura di sviluppo economico dei paesi nei quali si sono avuti colpi di Stato negli ultimi dieci anni circa, ed esiste un chiaro rapporto tra le due cose. [9]
Ciò non significa necessariamente che a) tutti i paesi sottosviluppati siano ipso facto vulnerabili a un colpo di Stato, né b) che le zone progredite non si prestino mai a un colpo di Stato. Significa, però, che soltanto l'intervento di particolari circostanze impedirà a un colpo di Stato bene organizzato di riuscire nei paesi economicamente arretrati, mentre soltanto circostanze eccezionali (che abbiamo esaminato nel capitolo primo) gli consentiranno di riuscire nelle zone progredite.
INDIPENDENZA POLITICA
È impossibile impadronirsi del potere in uno Stato se non esiste una fonte principale del potere politico su cui mettere le mani. La rivoluzione ungherese del 1956, a esempio, riportò un successo completo e i suoi capi si trovarono rapidamente in possesso di tutti gli attributi tradizionali del potere: le forze armate, la polizia, la radio e i sistemi di comunicazione. La sola cosa di cui non fu possibile impadronirsi nelle vie di Budapest risultò essere la fonte principale del potere del regime precedente: la presenza dell'esercito sovietico in Ungheria e intorno ad essa.
Queste forze armate, di gran lunga superiori all'esercito ungherese, erano, per un governo spalleggiato dal Cremlino, una fonte di potere maggiore di qualsiasi altro elemento esistente nel paese. Il controllo dell'esercito rosso si trovava a Mosca, e pertanto la rivoluzione sarebbe potuta riuscire soltanto se fosse stata attuata a Mosca, e non a Budapest. [10]
Questo dipendere di un governo dall'altro è un fenomeno assai diffuso; sebbene rimangano pochissimi Stati coloniali, vi sono molti Stati pseudo-indipendenti. In taluni casi, essi hanno meno autonomia reale di alcune delle antiche colonie.
Tanto nella Germania Est quanto nel Vietnam del Sud, le forze armate del più grande “alleato” sono di gran lunga più potenti di quelle del paese stesso. In entrambi i paesi, la situazione internazionale e quella interna sono cosi strettamente collegate che il grande “alleato” deve effettivamente dominare vasti settori della politica interna, anche presumendo che essi non desiderino affatto interferire per altri motivi. l governanti della Germania Est sono sempre stati molto prudenti nell'assicurarsi l'approvazione delle autorità sovietiche anche per i minimi mutamenti politici, e ogni annuncio politico può essere fatto risalire a un recente viaggio a Mosca.
Analogamente, a Saigon l'ambasciata degli Stati Uniti è riconosciuta in genere una forza di potere più importante del palazzo presidenziale.
In queste condizioni, un colpo di Stato può riuscire soltanto con l'approvazione del più grande «alleato». Il primo colpo di Stato nel Vietnam, che rovesciò l'impopolare Diem e l'ancor meno popolare famiglia Ngo, fu attuato da uomini che si rendevano conto di queste realtà del potere. Quando gli eventi dell'otto maggio 1963 a Hué diedero luogo a una rottura tra Diem e i buddisti, i generali che da tempo pazientavano decisero di agire: « sondarono » l'opinione dell'ambasciata degli Stati Uniti a Saigon e chiesero mediante un intermediario se gli americani avrebbero riferito a Diem « possibili consultazioni su eventuali mutamenti nelle strutture politiche prevalenti ».
Quando, dopo lunghe discussioni tra la CIA, l'ambasciata, la presidenza e il Pentagono, le autorità americane fecero sapere ai congiurati che non avrebbero informato Diem, si svolse questa sequenza di avvenimenti:
maggio 1963 Inizio di un intensificato conflitto tra i buddisti e Diem.
da maggio a settembre Dibattito interno americano per stabilire se i buddisti fossero neutrali (ai quali opporsi) o nazionalisti (da appoggiare). La conclusione ultima cui si pervenne fu che i “buddisti hinayana” erano “malvagi”, mentre i « buddisti mahayana » erano “buoni”. [11]
ottobre 1963 Cessazione di tutti gli aiuti economici al Vietnam, vale a dire al regime di Diem.
22 ottobre 1963 Fine degli aiuti diretti della CIA a Ngo Dinh Nhu [12] e alle sue « forze speciali ». Queste ultime erano la fonte principale di potere diretto per il regime, finanziate e equipaggiate esclusivamente dalla CIA.
primo novembre 1963 Colpo di Stato.
2 novembre 1963 Morte di Diem e di Ngo Dinh Nhu.
I vietcong accusarono i generali e il loro “esponente” Van Minh, di essere servi degli americani, ma ne11e loro trattative con le autorità statunitensi essi erano stati semplicemente realistici: si erano resi conto che tutto il potere di cui ci si poteva impadronire dipendeva dagli americani. Occupare Saigon senza l'appoggio degli americani avrebbe significato impadronirsi di un vuoto simbolo.
La Germania Est e il Vietnam del Sud sono due casi chiarissimi di dipendenza politica, ma esistono molti altri paesi che si trovano nella zona grigia tra un'effettiva indipendenza e la sottomissione totale. Tra le ex colonie figurano molti di questi casi più sottili di dipendenza politica e la presenza dell'ex madre patria è molto reale e molto efficace. Anziché eserciti grandi e costosi, esistono “consiglieri” militari e economici, vi sono aiuti economici e, soprattutto, vi è la stretta trama di una dipendenza da tempo affermata nei settori non politici. Così, le scuole si attengono a criteri originariamente istituiti ai tempi coloniali, l'organizzazione delle professioni segue il sistema “metropolitano” e ciò riveste una grande importanza là ove l'élite dominante è composta soprattutto da avvocati, la cui sola raison d'être è fondata sull'impiego di una particolare procedura legale. Il commercio è spesso legato in vasta misura alla potenza ex coloniale, a causa della presa dei gusti e delle abitudini ereditate e per il fatto che gli scambi commerciali sono spesso basati su rapporti prestabiliti e su precedenti mezzi di comunicazione. Cosi, cinque anni dopo l’indipendenza, era ancora necessario per le adiacenti colonie ex francesi e ex inglesi avviare le telefonate attraverso Parigi e Londra, anche se una linea diretta sarebbe stata lunga quattrocentottanta chilometri anziché ottomila.
La forza di questi legami tra le ex colonie e la ex potenza coloniale varia di caso in caso, ma legami del tutto nascosti possono dare talora una sufficiente possibilità di manovra a quest'ultima per impedire un colpo di Stato o per opporvisi; cosi nel 1964 i francesi sventarono nel Gabon un colpo di Stato, che altrimenti sarebbe riuscito, senza dover ricorrete all'impiego di forze più che simboliche. II potere dei paesi coloniali non è più grande come un tempo, ma continua a essere considerevolissimo, sia pure in termini puramente coloniali. Tutti ricordano come alcune compagnie di commando riuscirono a reprimere gli ammutinamenti nell'Africa Orientale. Sebbene i francesi abbiano optato per una politica di neutralità rispetto ai nuovi colpi di Stato nel Gabon e altrove, se per caso volessero intervenire, dispongono ancora (nel 1968) di seimila soldati in Africa, con mezzi di trasporto aereo e un equipaggiamento efficiente. [13] Seimila uomini non hanno l'aria di costituire forze annate determinanti, ma si tratta di un esercito enorme in confronto alla maggior parte degli eserciti esistenti nelle ex colonie francesi: l'esercito della Repubblica Centrafricana, a esempio, è formato da cinquecento uomini, e la media relativa all'intero gruppo è di circa un battaglione (mille uomini) per paese.
Un tipo molto specializzato di dipendenza politica è un sottoprodotto della tecnologia moderna e lo si riscontra all'esterno della sfera neocoloniale. Si tratta della pesante ipoteca posta sull'indipendenza politica mediante l'acquisizione di armamenti sofisticati, in particolare aerei. Il caccia a reazione costituisce il caso cruciale: a differenza dalle navi e dai carri armati, i caccia a reazione conferiscono un vantaggio assoluto.
Un addestramento e un morale migliori possono compensare l'inferiorità di equipaggiamento a terra, ma non nell'aria. I migliori piloti del mondo che si servano di apparecchi subsonici della generazione precedente, possono fare ben poco contro apparecchi più veloci. Per conseguenza, ha un'importanza vitale per ogni paese disporre di aerei equivalenti a quelli del potenziale avversario. Il problema politico sorge perché
a) soltanto pochi paesi costruiscono caccia a reazione,
b) questi aerei richiedono un rifornimento costante di parti di ricambio, e
c) v'è un lungo periodo di “gestazione” tra l'ordinazione e il momento in cui l'addestramento e l'equipaggiamento sono sufficientemente completi ai fini operativi.
Cosi, se un paese intende acquistare caccia a reazione. deve intrattenere rapporti sufficientemente amichevoli con una di queste cinque nazioni: Svezia, USA, Francia, Inghilterra o URSS. [14] Una volta concluso l'accordo, sarà necessario che i rapporti d'amicizia continuino, altrimenti verrà interrotto l'affluire degli equipaggiamenti supplementari. Ne consegue che l'acquisto iniziale è seguito da anni di dipendenza. I caccia a reazione non “crescono” nei paesi economicamente arretrati, ove manca l'intera base industriale, per cui i prodotti costantemente aggiornati dell'elettronica, i missili aria-aria, gli equipaggiamenti radar, eccetera, debbono essere importati, e dagli stessi paesi che fornirono gli aerei.
Entrambe le parti interessate all'accordo riconoscono questa dipendenza e le forniture di armi sofisticate si associano di solito al commercio in genere, nonché ai vincoli ideologici e politici. A che punto la misura di dipendenza diviene sufficiente per influenzare l'attuabilità del colpo di Stato? Si esamini il seguente schema cronologico delle relazioni tra l'Unione Sovietica e l'Egitto dal 1955 al 1967.
1955 Accordo per la fornitura di anni cecoslovacche
Fu questo il primo contratto per la fornitura di armi tra l'Unione Sovietica 1s e qualsiasi Stato arabo; rivestì una grande importanza politica per l'Egitto perché ruppe il monopolio occidentale degli armamenti e significò a vera » indipendenza.
Conseguenze
La possibilità di (futuri) guadagni in valuta estera e la necessità di continuare a intrattenere rapporti amichevoli con Io Stato fornitore di parti di ricambio.
1956 Guerra Suez-Sinai
La sconfitta egiziana nel Sinai causò la perdita di gran parte dell'equipaggiamento; esso venne sostituito rapidamente dall'Unione Sovietica.
Conseguenze
Rafforzamento degli impegni nei confronti dell'URSS e aumento dell'indebitamento finanziario.
1962 Rivoluzione e «guerra civile" nello Yernen
Dopo la morte di Ahmed ibn Yahya, governante dello Yemen, la guerra civile e la rivoluzione successive coinvolsero i repubblicani aiutati dagli egiziani e i monarchici aiutati dai sauditi; truppe egiziane furono inviate in appoggio dei repubblicani.
Conseguenze
Aiuti sovietici necessari per mantenere da trenta a cinquantamila uomini nello Yemen. Accrescimento del debito morale e monetario.
1966 Rottura definitiva con gli USA; fine degli invii di grano americano
La scarsità di rifornimenti di viveri non poté essere compensata con gli acquisti pagati in valuta sui mercati mondiali.
Conseguenze
Iniziò l'invio di prodotti alimentari sovietici, che rese l'Egitto dipendente dall'URSS per una parte significativa delle sue necessità.
Giugno 1967 Guerra dei sei giorni e sconfitta egiziana nel Sinai
Fonti israeliane calcolarono, il 20 giugno, che l'ottanta per cento degli equipaggiamenti militari americani di ogni genere era stato distrutto o catturato.
Conseguenze
Come condizione per riequipaggiare le forze annate egiziane, L'URSS pretese di sorvegliare da vicino l'addestramento dell'esercito, le nomine agli alti gradi e l'organizzazione dei servizi informazioni.
Così, dopo dodici anni, un rapporto limitato, inteso a liberare l'Egitto dalla sua dipendenza dall'Occidente per quanto concerneva la fornitura di armi, ha finito con l'asservire lo Stato egiziano in misura di gran lunga maggiore all'URSS. L'Egitto dipende adesso dalla buona volontà sovietica per quanto concerne le armi, il grano, il petrolio e gli aiuti economici in generale. La marina sovietica ha ottenuto basi a Alessandria e a Porto Said, e nelle forze armate egiziane vi sono parecchie centinaia di consiglieri e istruttori russi. Basta questo per consentire all'Unione Sovietica di opporsi a un colpo di Stato o di sventarlo?
L'ambasciata sovietica al Cairo potrebbe servire come centro dell'attività a tale scopo; potrebbe ispirare e schierare le forze dei tanti egiziani legati alla presenza sovietica; potrebbe senz'altro regolare opportunamente l'afflusso degli aiuti. Anche dopo un colpo di Stato, l'URSS potrebbe causare la caduta del nuovo regime semplicemente interrompendo ogni aiuto. Se il nuovo regime dovesse rivolgersi agli Stati Uniti, ciò significherebbe automaticamente che agli avversari del colpo di Stato si unirebbero anche gli elementi anti-americani. Ciò complicherebbe gravemente la posizione degli organizzatori e nelle circostanze attuali condurrebbe quasi sicuramente alla loro disfatta.
Quando i paesi si trovano in una simile situazione di dipendenza diretta e materiale, il colpo di Stato dev'essere integrato con la preparazione di una politica estera da attuare immediatamente dopo di esso; se l'ispirazione politica del colpo di Stato si oppone alla maggior potenza, allora il colpo di Stato può benissimo fallire, a meno che questa colorazione politica non possa essere nascosta. Le poche colonie ufficiali che rimangono, quasi tutte spagnole e portoghesi, sono, inutile dirlo, ufficialmente in una posizione di completa dipendenza. Anche in esse, come nel Vietnam del Sud e nella Germania Est, nessun colpo di Stato può riuscire in loco, ma dovrebbe essere attuato a Lisbona o a Madrid.
La seconda condizione preliminare del colpo di Stato è per conseguenza:
Lo Stato bersaglio dev'essere sostanzialmente indipendente e l'influenza delle potenze straniere nella sua vita politica interna deve essere relativamente limitata.
È un cliché il fatto che i paesi sono interdipendenti, anziché indipendenti: i problemi di politica interna hanno ripercussioni internazionali, mentre gli sviluppi della politica estera hanno ripercussioni all'interno.
I legami commerciali, culturali e militari che uniscono i paesi consentono a ciascuno di essi di influire in determinata misura sugli affari degli altri; anche le nazioni più potenti possono essere influenzate in questo modo. Così, nel periodo che precedette l'intervento degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale, i raggruppamenti politici e i gruppi di pressione influenzati dall'Inghilterra e influenzati dalla Germania stavano agendo sulla politica interna americana così come oggi le parti in causa nel conflitto del Medio Oriente esercitano pressioni sul dipartimento di Stato per il tramite dei rispettivi gruppi.
Se anche una superpotenza può essere influenzata da queste deboli potenze, allora ogni definizione dell'indipendenza dev'essere vaga quanto la realtà. [16] Ciò nonostante, è possibile formulare alcuni princìpi indicatori meglio definiti:
a) Non vale la pena di tentare un colpo di Stato se una grande potenza dispone di forze armate significative nel paese interessato. Se queste forze sono materialmente remote dai centri politici e se il regime precedente al colpo di Stato tendeva a essere ostile alla grande potenza, la regola non è più valida.
b) Il colpo di Stato dev’essere approvato dalla grande potenza, qualora un gran numero di cittadini di quest'ultima abbiano mansioni di “consiglieri” civili o militari.
L'applicazione di questi princìpi esclude molti bersagli che altrimenti sarebbero potenzialmente adatti:
a) le colonie spagnole, portoghesi e di altri paesi; b) la Germania Est, l'Ungheria, la Mongolia Esterna e forse la Polonia: c) la Thailandia, il Laos, il Vietnam del Sud e d) alcuni territori africani ancora impegnati da accordi difensivi con la Francia e il Regno Unito.
UNTTÀ ORGANICA
Osservando le conseguenze politiche dell'arretratezza economica, constatiamo che il loro elemento cruciale è consistito nella concentrazione di tutto il potere nelle mani di una piccola élite. Inversamente, nelle unità politiche sofisticate il potere è diffuso e per conseguenza difficile a conquistarsi con un colpo di Stato.
Ci troviamo ora di fronte a un altro possibile ostacolo frapposto a un colpo di Stato: il potere può trovarsi nelle mani di forze settoriali, che si avvalgono del governo come di una “facciata”, o di forze regionali la cui dipendenza dal supposto centro politico è soltanto teorica.
In entrambi questi casi, la difficoltà sta nel fatto che la conquista del supposto centro politico non assicurerà la vittoria nella battaglia; le fonti del potere politico possono risiedere in altri centri troppo difficili a conquistarsi o troppo numerosi. In tutti e due i casi le realtà del potere contrastano con la struttura teorica dello Stato, precisamente come nei casi in cui l'unità politica non è davvero indipendente. Il “potere” si trova nell'ambito del paese, ma non là ove dovrebbe essere; non, in questo caso, perché l'unità sia così poco sofisticata da diffondere il potere per mezzo di entità sussidiarie, ma perché l'unità stessa non è realmente un'unità organica.
INTERESSI SETTORIALI
Questa è l'epoca delle iniziative industriali gigantesche. Gli stessi fattori che hanno portato alla prosperità senza precedenti della moderna economia industriale hanno anche favorito le più grandi organizzazioni commerciali; la produzione in massa e la distribuzione in massa implicano grandi unità commerciali. Là dove i vantaggi della produzione su vasta scala sono particolarmente grandi, come nell'industria automobilistica e nelle industrie chimiche, soltanto le grandissime imprese possono sopravvivere. Altrove, ove non esiste tale imperativo economico, la società anonima gigantesca si è affermata a causa dell'economia delle vendite su vasta scala o semplicemente a causa della naturale dinamica dell'accumulo. In ogni economia industrialmente sviluppata vi sono complessi di questo genere: la ICI in Inghilterra, la Generai Motors negli Stati Uniti, la Philips in Olanda e la Fiat in Italia sono tutti complessi industriali che hanno potuto espandersi in misura sufficiente per emergere dal resto dell'industria e per divenirne uno dei punti focali. Questa posizione dà loro un enorme potere economico, perché le decisioni dei loro dirigenti possono influenzare l'intera economia nazionale.
In termini politici, tuttavia, il potere della società gigantesca non è altro che un elemento in più nell'ambito della comunità industriale, la quale, a sua volta, è soltanto una delle forze che competono nella vita politica della nazione. La società anonima può essere un gigante, ma è un gigante fra tanti.
Le cose stanno diversamente nei paesi economicamente sottosviluppati. Se la disponibilità di giacimenti minerari o di altre particolari ricchezze dà luogo a uno sviluppo industriale, allora, a causa della natura di questi settori, vi sarà una sola grande ditta invece di tante piccole ditte. Le altre industrie sono per definizione limitate o inesistenti; gli introiti fiscali saranno modesti, eccezion fatta per le tasse versate dalla grande ditta, e pochissimi saranno i posti di lavoro, tranne quelli offerti dalla gigantesca società. Se esistono strade e linee ferroviarie, esse saranno state costruite dalla società come propri mezzi di trasporto; quasi tutte le scuole e gli ospedali saranno « servizi assistenziali » della società; gli « alloggi della società» potranno far sembrare piccola, in confronto, la capitale, e i sorveglianti della società potranno essere meglio equipaggiati della polizia nazionale.
Quando lo Stato è povero e fragile, le ricche e bene organizzate società minerarie o proprietarie di piantagioni possono rappresentare un grande potere nel paese, [17] sia che esso cerchi o eviti tale potere. In effetti, lo Stato sarà quasi sempre costretto a intervenire nella politica, se non altro per mantenere un· deteeminato status quo. Quando la società anonima agisce, essa può servirsi di un'ampia gamma di armi diverse e può servirsene a molti livelli diversi. La società può diminuire gli introiti fiscali dello Stato trasferendo la produzione in qualche altro paese in cui sia attiva; può favorire un particolare uomo politico offrendo posti reali o sinecure ai suoi sostenitori; può comperare o corrompere la stampa ed esercitare in generale il potere derivantele dall'essere molto ricca tra i poverissimi.
Quel che un impero industriale straniero può fare quando agisce in un ambiente retrogrado, è esemplificato dalla secessione del Katanga nei primi anni sessanta. Quando Ciombè varò la sua repubblica indipendente del Katanga, non disponeva che delle magre risorse di un governatore provinciale della repubblica congolese. Eppure, man mano che la secessione continuava, Ciombè poté disporre di un piccolo esercito con aerei a reazione, armi pesanti, carri armati, nonché di bene organizzati uffici di propaganda a Londra e a New York. Fu in grado di reclutare (e di pagare splendidamente) soldati mercenari e amministratori. Il Katanga non dispone che di una fonte importante di ricchezza: l'industria mineraria appartenente alla Union Minière, la quale fa parte dei collegati gruppi minerari che operano nella “fascia del rame “ e nel Sud Africa. Non occorre un opuscolo propagandistico di Pechino per credere che Ciombè fu finanziato dall'Union Minière e agi come un rappresentante della società.
Ma anche I'Union Minière stava operando in quello che era un ambiente relativamente sfavorevole. Il Congo è un grande paese e vi sono altri giacimenti minerari sfruttati da altre società con interessi diversi da tutelare. La tipica impresa su vasta scala opera nei paesi in cui è la sola industria importante. Così l'Aramco, la società petrolifera che agisce nell'Arabia Saudita, è la sola maggiore organizzazione industriale del paese. La sua “cittadina della società”, costruita per ospitare gli impiegati, fa sembrare piccole, in confronto, altre città della zona; le tasse versate dalla società costituiscono quasi il novanta per cento degli introiti del governo; e all'Arameo si deve la costruzione di quasi tutte le scuole, le strade e gli ospedali del paese. Il regime saudita è sempre stato efficiente e ha conservato il controllo su quello che era, fino a tempi recenti, una vaga coalizione di tribù; il vecchio guerriero del deserto e fondatore del regno, Abdul Aziz ibn Saud, fu un maestro in passato nel dominare le tribù e nel trattare l'Arameo come una qualsiasi altra tribù.
Ciò nonostante, appare chiaro che l'Arameo è una tribù particolarmente potente.
Secondo un'accusa nazionalista assai comune mossa alle imprese industriali straniere su vasta scala, esse sono « uno Stato entro lo Stato » e esercitano il potere politico sia mediante il controllo diretto del governo del paese, sia avvalendosi dell'influenza del loro paese di origine sul paese ospite. La United Fruit Company è stata accusata spesso di esercitare il potere per il tramite di cricche locali corrotte, mentre le società petrolifere del Medio Oriente sono state accusate di ricorrere a entrambi i metodi. [19]
Un'accusa assai meno plausibile che viene mossa all'impresa straniera afferma che essa si dedica ad attività segrete contro lo Stato, come il sabotaggio e lo spionaggio. La ragione per cui le imprese dovrebbero dedicarsi a simili attività non viene spiegata, ma a queste accuse molti prestano fede. Quando venne istituito in Siria, nel 1949, il regime di Husni al-Za'im, una delle sue prime normative consistette nel limitare la libertà d'azione della Iraq Petroleum Company. La società fu informata: a) che i suoi aerei avrebbero dovuto ottenere permessi ufficiali per ciascun volo; b) che le guardie di sicurezza della società sarebbero dovute essere sostituite dalle forze di sicurezza dello Stato, e c) che il personale avrebbe dovuto chiedere permessi ufficiali per viaggiare nelle zone di confine. Per quanto potessero essere infondate le accuse di complicità nello spionaggio (che furono i supposti motivi di queste norme), è bene far rilevare che queste restrizioni (eccettuata l'ultima) sono normalissime nei paesi più progrediti.
Anche se la società straniera non desidera affatto interferire nella vita politica del paese “ospite”. può essere costretta a farlo semplicemente allo scopo di proteggere i propri impianti e il proprio personale.
Tipicamente, questa è la situazione quando la società agisce in settori che non sono sotto il controllo diretto del governo de jure, soprattutto in zone remote abitate da gruppi di minoranza, oppure (il che può equivalere alla stessa cosa) dominate da insorti locali. Le società francesi di piantagioni di gomma nel Vietnam del Sud, a esempio, sono state accusate spesso di finanziare i vietcong. Non v'è alcun motivo di attribuire loro motivi sinistri, poiché. non essendo il governo ufficiale, il quale riscuote anche le tasse, in grado di garantire la legge e l'ordine, le società francesi si limitano a pagare le tasse al governo de facto.
L'esperienza della British Oil Company in Persia (una società denominata originariamente Anglo-Persian, quindi ribattezzata Anglo-Iranian e infine British Petroleum. prima di entrare a far parte del consorzio petrolifero iraniano) esemplifica il caso di un'impresa industriale costretta a intervenire negli affari interni del paese “ospite” a causa della pressione delle realtà politiche locali. L' Anglo-Persian ebbe la concessione dal governo persiano nel 1901, ma ben presto si accorse che il governo di Teheran dominava assai poco le regioni remote in cui essa stava eseguendo prospezioni e in seguito estraendo petrolio. Lo sceicco di Mohammerah dominava la zona in fondo al golfo Persico e i khan neo-mongoli Bakhtiari dominavano il resto del Khuzistan; tanto lo sceicco quanto i khan erano nominalmente sudditi del governo di Teheran, ma entrambi potevano dirsi de facto indipendenti.
La società si rassegnò alle realtà politiche locali e, allo scopo di garantire la sicurezza dei propri impianti, concluse accordi con i poteri locali. Il governo inglese, però, cercò di normalizzare la situazione sostenendo l'autonomia dello sceicco contro il governo centrale, e la società, essendo strettamente legata al governo, [20] si identificò con l'autonomia dello sceicco. Quando lo scià Reza Pahlevi salì al potere in Persia e ristabilì l'autorità del governo centrale, la società subì una condanna per avere appoggiato lo sceicco.
Le relazioni tra la società e i khan Bakhtiari furono ancora più complesse. La società si rese conto che i suoi pozzi e i suoi oleodotti potevano essere « protetti » soltanto pervenendo a un accordo con il potere locale de facto. Questa volta, però, invece di uno sceicco v'erano molti khan diversi, tutti impegnati nei reciproci conflitti delle politiche tribali, con soltanto vaghe coalizioni la cui instabilità metteva in pericolo la sicurezza che la società aveva comprato. Venne adottata la soluzione “naturale” : la società, insieme alle autorità consolari inglesi, si intromise nelle politiche tribali allo scopo di far sì che si affermasse un capo supremo il quale avrebbe chiarito e stabilizzato la situazione.
Le faide tra i khan, tuttavia, non si conclusero mai e le politiche tribali della società terminarono soltanto quando il governo centrale di Reza Pahlevi disarmò i khan e ristabilì il controllo sulla regione.
Cosi la società, al solo scopo di proteggere i suoi impianti e di evitar di pagare doppie tasse a due autorità rivali, dovette occuparsi di politica su tre livelli diversi. Fece una politica tribale per favorire e mantenere il potere del più alto capo dei Bakhtiari; fece una politica nazionale per conservare l'autonomia dello sceicco di Mohammerah contro il governo centrale; fece una politica internazionale per « distaccare » lo sceiccato dalla Persia, agendo in collaborazione con le autorità consolari inglesi nel golfo Persico.
Quale azione dev'essere svolta dagli organizzatori del colpo di Stato nell'eventualità della presenza di sub-stati di questo genere nella zona bersaglio? In pochi casi estremi il loro consenso può essere necessario: essi tendono a accostare le orecchie al terreno e, con ogni probabilità, saranno consapevoli dell'azione che si prepara prima ancora dei servizi informazioni. Questo consenso può essere ottenuto con un opportuno insieme di minacce e di promesse, e in tal caso le promesse non sempre devono essere mantenute. In altri casi, essi non saranno altro che un ulteriore fattore del quale il colpo di Stato dovrà tener conto, ma in misura crescente (dopo l'educazione politica ricevuta a opera delle forze nazionaliste, ovunque) gli interessi commerciali stranieri hanno imparato che la neutralità è piacevole.
ENTITÀ REGIONALI
Essenziale per il colpo di Stato è impadronirsi del potere nell'ambito del centro principale dello Stato in cui si prendono le decisioni, assicurandosi così il controllo della nazione come un tutto.
Abbiamo veduto che in taluni casi il processo decisionale è troppo diffuso nell'intera burocrazia statale e nella nazione tutta; in altri casi, il supposto centro politico è dominato da un altro centro straniero o da forze settoriali indipendenti dall'intero apparato statale.
Un problema analogo si pone là ove il potere si trova nelle mani di blocchi regionali o etnici, i quali o si avvalgono del supposto centro politico come di un mezzo per attuare le loro politiche, oppure ignorano le pretese del centro e si considerano indipendenti. In pratica, ogni Stato afroasiatico ha zone di confine, tipicamente montuose, paludose o inaccessibili per altre ragioni, che sono abitate da tribù in minoranza e nelle quali il potere esercitato dal governo è soltanto teorico. Ove questo genere di autonomia de facto si estende ai più grandi centri abitati, allora sorge il problema della mancanza di unità organica; non riveste, tuttavia, alcuna importanza ai fini del colpo di Stato il fatto che l'unità organica sia di per sé grande: il nuovo regime può risolvere il problema delle autonomie locali una volta impadronitosi del potere. Talora però le unità locali sono così potenti da dominare il centro, oppure il centro governa soltanto gli immediati sobborghi della capitale.
Tale fu spesso la situazione del Congo nel periodo 1960-64 che seguì l'indipendenza e l'ammutinamento della Force Publique. Sebbene la repubblica congolese fosse per costituzione uno Stato unitario e non federale, essa perdette rapidamente il controllo della maggior parte delle “province” che si regolarono come unità del tutto indipendenti.
Nell'ambito di ogni provincia, fazioni locali erano in conflitto, ma la fazione del governo centrale tendeva a essere una delle più deboli.
Situazione politica nel Kasai meridionale
l seguenti raggruppamenti stavano lottando per assicurarsi il controllo della provincia:
a) I capi tradizionali; forze disponibili: guerrieri tribali.
b) I separatisti del Kasai meridionale guidati dal “re” Kalonjii; forze disponibili: truppe ben equipaggiate, ma indisciplinate, al comando di ufficiali belgi (belgi “ex belgi”).
c) Il governo centrale; forze disponibili: burocrati giovani e inesperti, con un vago controllo sul piccolo contingente dell'esercito nazionale (ANC, Armée Nationaie Congolaise) dislocato nella parte orientale della provincia.
d) La società mineraria Forminière; forze disponibili: appoggio finanziario e mezzi di trasporto aereo posti occasionalmente a disposizione dei kalonjiisti e di altri gruppi.
La siluazione nel Katanga era ancor più sfavorevole per il governo centrale; il nord-est e la zona di Stanleyville si trovavano nelle mani delle forze di Gizenga; gran parte del resto del paese non poteva essere raggiunto dai funzionari governativi a causa dello sfacelo della legge e dell'ordine, e anche perché le linee di comunicazione erano state interrotte. Cosi. un riuscito colpo di Stato a Léopoldville (ora Kinshasa) avrebbe soltanto conquistato il potere in una piccolissima frazione della grande repubblica congolese; numerosi colpi di Stato diversi sarebbero stati necessari nelle varie capitali de facto: Stanleyville, Elizabethville, Luluaburg, eccetera, per poter dominare l'intero paese.
Gli Stati federali rappresentano il riconoscimento aperto e costituzionale del fatto che le regioni hanno una base di potere locale e che ad esse è pertanto concessa una corrispondente misura di autonomia locale.
In taluni casi, il potere del centro proviene dall'unione volontaria delle regioni e, fino a quando l'organizzazione centrale non elabora le proprie fonti di potere e di autorità, sono le regioni a governare, servendosi del centro soltanto come di un tramite per le loro comuni politiche.
Gli Stati Uniti furono il risultato di un'unione più o meno volontaria di Stati e, fino a quando l'autorità presidenziale non si affermò nel corso del diciannovesimo secolo, il governo a Washington fu poco più che un tramite per risolvere i problemi comuni degli Stati.
Cosi un colpo di Stato attuato, a esempio, a Washington nel 1800, si sarebbe impadronito di un vuoto Simbolo, ma già nel 1900 lo sviluppo dell'autorità federale era tale che un colpo di Stato avrebbe portato al controllo di gran parte del paese. L'Unione Sovietica, il Canada, l'India e la Germania Occidentale sono tutti Stati federali, ma la misura di autonomia di ciascuno Stato o di ciascuna provincia componente varia dal quasi zero dell'URSS alla sempre più grande indipendenza delle province canadesi. Il fatto che, costituzionalmente, le repubbliche sovietiche siano in teoria completamente autonome e addirittura abbiano il diritto di abbandonare la federazione, è un altro esempio dell'eterno contrasto fra strutture teoriche e realtà politiche.
In effetti, le realtà del potere e della sua dinamica interna tendono a determinare un deterioramento del sistema federale. I risultati sono o una crescente centralizzazione (come negli USA e nell'URSS) o una crescente separazione (come nell'India, nel Canada o nella Nigeria prima del colpo di Stato).
L'idea secondo la quale il potere politico dovrebbe essere concentrato in un unico centro capace di dominare l'intera nazione deriva dalla supposizione che gli interessi di ciascuna regione siano serviti meglio da decisioni prese entro un quadro nazionale. Questa supposizione, e la cosa è alquanto interessante, viene accettata di solito soltanto dopo che siano state distrutte le strutture del potere locale. Così, è riconosciuto dalla maggior parte degli inglesi e dei francesi che le decisioni politiche più importanti dovrebbero essere prese a Londra e a Parigi anziché su un piano locale. Ma questo riconoscimento intellettuale segui, più che precederlo . l'annientamento dei « baroni » e degli Stati indipendenti della Borgogna, della Provenza, dell'Angiò e del Galles. [21]
In molte zone sottosviluppate, il potere dei “baroni” locali è ancora molto reale, e movimenti locali, basati su affiliazioni linguistiche o etniche, stanno tentando attivamente di conquistare o una maggiore autonomia o, altrimenti, la piena indipendenza de facto. A partire dal gennaio del 1968, i governi centrali dell'India, della Birmania, del Kenia, della Somalia, dell'Etiopia e del Tibet erano tutti alle prese con conflitti armati contro le forze separatiste. Il Canada, l'India e (come è stato ammesso tardivamente e a malincuore) la Francia e il Regno Unito sono alle prese con conflitti politici contro elementi separatisti. In Spagna, in Iugoslavia e in Italia stanno agendo gruppi separatisti più o meno violenti.
Tra tutti questi esempi, là ove la popolazione locale non accetta la superiorità delle decisioni centralizzate, siamo costretti a distinguere le varie possibili situazioni agli effetti del colpo di Stato:
a) Le regioni sono i veri centri di potere: il colpo di Stato deve o limitarsi a una regione oppure estendersi a tutte; il supposto centro non deve essere altro che una delle tante zone bersaglio. Ciò estende e complica il colpo di Stato, mentre la debolezza delle sue forze in ogni singola capitale può invitare l'attività ostile a esso.
b) Una o due regioni dominano l'intero paese: questa era la situazione in Nigeria prima del colpo di Stato. La regione settentrionale, governata da tradizionali emiri Fulani e Hausa, era di gran lunga la più vasta. Il suo governante, il sardauna di Sokoto (Ahmadu Belloh), dominava nel modo più assoluto la politica interna, mentre nelle altre regioni la situazione era più fluida, e più democratica. Così, Ahmadu Belloh, insieme alle forze politiche di un'altra regione, dominava l'intera federazione. I giovani ufficiali ibo, che attuarono il primo colpo di Stato, dovettero per conseguenza dedicare tante energie a Belloh e alla sua « capitale :o, quante ne dedicarono alla capitale federale e alla leadership federale. In effetti, uccisero tanto il rispettato primo ministro federale (Abubakar Tafawa Balewa) quanto Belloh. Ma avevano fatto più di quanto consentissero le loro forze. per cui Ironsi, l'ufficiale pii1 alto in grado dell'esercito, agendo insieme alla polizia e alla burocrazia, organizzò un controcolpo di Stato e si impadronì per suo conto del potere.
L'esistenza di queste forze regionali, abbastanza forti per dominare il supposto centro, può rendere impossibile un colpo di Stato. Se il blocco regionale o etnico è organizzato su basi tribali, le strutture della sua leadership saranno troppo salde perché un colpo di Stato possa avere successo dall'interno. Così, a esempio, uno dei pochi paesi stabili del Medio Oriente, il Libano, è basato su una situazione del genere. I blocchi cristiano, musulmano e druso sono tutti reciprocamente ostili ma riconoscono il fatto che nessuno di essi singolarmente può sperare di dominare tutti gli altri. Per conseguenza, il governo di Beirut funziona come una comune stanza di compensazione per quelle politiche gradite a ciascun blocco etnico. Se qualcuno attuasse un colpo di Stato a Beirut, esso causerebbe immediatamente lo sfacelo del sistema in quanto ciascun gruppo. spalleggiato dalle proprie forze armate, si impadronirebbe del potere nella sua regione. Così il colpo di Stato si limiterebbe a conquistare Beirut e i sobborghi; e probabilmente non riuscirebbe a mantenere il controllo neppure in questa zona limitata.
Il Libano fornisce un esempio estremo del ruolo delle forze etnico-regionali. In ciascun esempio si avrà un particolare equilibrio delle forze tra le regioni, e tra le regioni e il centro. Il colpo di Stato dovrebbe essere organizzato in modo da affrontare ogni blocco regionale o etnico sulla base di una valutazione del suo compito nel particolare equilibrio delle forze. In alcuni casi, un colpo di Stato può essere impossibile a causa della natura e della portata del potere regionale, là ove esso sia tale da richiedere risorse superiori a quelle disponibili. Altrove, questo potere si limiterà a essere soltanto uno dei tanti ostacoli da sormontare.
La terza condizione preliminare del colpo di Stato è per conseguenza:
Lo Stato bersaglio deve avere un centro politico. Se esistono parecchi centri, essi devono essere identificabili e quindi devono essere strutturati più politicamente che etnicamente. Se lo Stato è dominato da una unità organizzata non politicamente, il colpo di Stato può essere attuato soltanto con il suo consenso o con la sua neutralità.
« Strutturati etnicamente » è un modo di dire piuttosto inelegante. Esso intende riferirsi a gruppi sociali la cui leadership si sia evoluta in base a procedure nettamente determinate e ben stabilite (di solito ereditarie). Se una particolare e tradizionale leadership domina lo Stato, non possiamo impadronirci del potere attuando il colpo di Stato nel centro politico dominante, né possiamo penetrare nella leadership tradizionale perché ne saremmo automaticamente esclusi come usurpatori e estranei. Nel Burundi, a esempio, la gerarchia tradizionale dei watutsi dominava lo Stato, e quindi per impadronirsi del potere tra i watutsi sarebbe stato necessario penetrarne la gerarchia, un'impresa possibile soltanto se a) noi fossimo stati watutsi, b) avessimo fatto parte della loro aristocrazia. e c) avessimo avuto diritto alla successione. Anche nel Ruanda il potere era controllato da capi watutsi tradizionali che avevano assoggettato la maggioranza bahutu. Poi vi fu una rivoluzione, e attualmente la leadership è politicamente bahutu più che tradizionalmente watutsi.
Un colpo di Stato si rende pertanto, adesso, possibile.
Se un'entità politica è effettivamente dominata da un gruppo che non sia strutturato politicamente, allora i sistemi ovviamente politici non possono essere impiegati per impadronirsi del potere. È questo il caso di un paese dominato da un gruppo commerciale. Si immagini, a esempio, che la Generai Motors dominasse gli Stati Uniti, nel senso che la presidenza e il Congresso agissero come suoi zimbelli. Se così stessero le cose, il potere dovrebbe essere conquistato a Detroit, non a Washington. Nell'evento improbabile che si potessero raccogliere fondi sufficienti per acquistare il cinquantuno per cento delle azioni della General Motors, Washington non costituirebbe allora altro che un beneficio marginale, aggiunto a tutte le altre risorse controllate. [NdE: In realtà, l’entità dominante negli Stati Uniti è la Federal Reserve Bank di New York che non può essere scalata, ma potrebbe essere occupata militarmente.] Ma il colpo di Stato è un'arma politica e i suoi organizzatori non dispongono che di risorse politiche. Così l'insieme GM·USA sarebbe fuori della portata, e degli scopi, di un colpo di Stato.
Tornando alla realtà, il Katanga nei primi anni sessanta e le repubbliche centroamericane delle “banane” negli anni cinquanta, sono stati esempi di paesi i cui veri “centri” erano politicamente impenetrabili, a meno che non si fosse potuto disporre di due o trecento milioni di dollari.
Note:
1. E recentemente in Cecoslovacchia.
2. Abd el-Nasir o Nasser = Servo del donatore di vittoria. Nasir significa Vittoria, il che è alquanto improprio.
3. Le attività di Enrico Mattei, capo dell'ente nazionale idrocarburi (ENI), sono state descritte in termini che ricordano James Bond, in tutta una serie di libri; egli creò un impero industriale, lottò contro l'industria petrolifera internazionale, interferì nella politica italiana, impose mutamenti nella politica estera e mori in circostanze non chiarite.
4. Anche in simili circostanze alcuni di essi conservano un certo senso dell'umorismo; in talune lingue africane è stata coniata una nuova parola con il prefisso wa, “tribù”. E mentre prima esistevano soltanto i wa-kamba e i wa-zungu, ora è apparsa una nuova tribù: quella dei waz-benz o anche dei wa-rolls-royce .
5. Come in quasi tutti gli episodi di questo genere nel Medio Oriente, le affiliazioni degli agitatori non sono note con certezza. È stato detto che fu il palazzo a organizzare ogni cosa.
6. Le folle, che fecero dimostrazioni in tutto il Cairo per dissuadere Nasser dal rassegnare le dimissioni il 10 giugno 1967, diedero una prova impressionante della sua popolarità. Non si trattò però di una reazione spontanea; contadini del Delta erano stati farti affluire a migliaia su autocarri affinché “stimolassero” la dimostrazione, alla quale la radio di Stato diede ampia pubblicità.
7. Molti osservatori hanno commentato il mancato appoggio popolare a idoli politici caduti, come accadde nel caso del rovesciamento di N'krumah, quando la popolazione di Accra parve felice di applaudirne i nemici, così come aveva inneggiato a lui soltanto poco tempo prima del colpo di Stato. Non si tratta di inanità, ma di un comportamento estremamente razionale alla luce delle circostanze sociali e economiche.
8. Esistono alcuni raggruppamenti tribali in Africa (in particolare i kabili dell'Algeria) e altrove, nei quali si riscontra una quasi pura democrazia tipo polis. Ma costituiscono eccezioni alla regola.
9. Vedi Appendice C, tabella 20.
10. L'altra causa del fallimento della rivoluzione fu, naturalmente, il fatto che l'intervento di Mosca non venne impedito da Washington; ma, anche in questo caso, non sarebbe stato possibile impadronirsi del controllo della politica degli Stati Uniti ... a Budapest.
11. Vedi Buddhism di Christmas Humphries, Penguin. Books, Londra, l951. Per una più ampia disamina del buddismo nella politica sudvietnamita, vedi il capitolo quarto.
12. Cognato di Diem e “uomo forte” del Vietnam del Sud.
13. In effetti, i regimi militari successivi ai colpi di Stato hanno dimostrato la tendenza a essere ancor più filo-francesi dei precedenti regimi civili.
14. Alcuni altri paesi costruiscono o stanno per costruire caccia a reazione: tra essi il Giappone, l'Italia, il Canada e l'India. Ma si tratta di una produzione limitata, dal punto di vista della progettazione, delle caratteristiche e delle possibilità di vendita ad altre nazioni.
15. Il contratto per la fornitura di anni fu cecoslovacco soltanto nominalmente. Kermit Roosevelt della CIA (dipartimento di Stato) era allora il consigliere di Nasser e propose che venisse denominato “cecoslovacco” per tranquillizzare l'ambasciatore inglese H. Trevelyan.
16. Nella Corea del Sud. a esempio, i disordini tra la popolazione civile e il successivo colpo di Stato del 1962, non sembrano essere stati influenzati dalla significativa presenza militare degli Stati Uniti nel paese.
17. L'equipaggiamento materiale appartenente alla società, costituisce di per sé una fonte considerevole di potere diretto: gli aerei, gli autocarri, gli impianti di telecomunicazioni, possono benissimo costituire una parte importante delle infrastrutture del paese.
18. I rischi delle industrie minerarie e delle piantagioni sono altissimi e, per conseguenza, quasi tutte le società anonime sono molto grandi e tendono allora a operare in vari paesi; possono pertanto spostare la produzione dall'uno all'altro, influenzando in modo drastico le finanze statali.
19. Il romanzo di Joseph Conrad, Nostromo, è un'analisi brillante e profetica delle cause e delle conseguenze del “neocolonialismo”.
20. Il governo inglese acquistò il cinquanta per cento delle azioni di quella che doveva divenire la BP: senza dubbio il migliore investimento che sia mai stato fatto del denaro dei contribuenti.
21. L'affermarsi del separatismo celtico nel Galles, in Scozia, in Francia e in Spagna è stato cosi rapido e drammatico che forse soltanto l'assenza di giungle sta impedendo a alcuni suoi esponenti di divenire dei vietcong europei!
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