Da: Edward Luttwak, TECNICA DEL COLPO DI STATO, 1968.
PREFAZIONE DI S.E. FINER
Evolgato imperii arcano, scrisse Tacito: '”il segreto dell'impero era svelato - si poteva creare un imperatore in luoghi diversi da Roma”. Al giorno d'oggi, il segreto dell'impero sta nel fatto che un presidente può essere creato con modi diversi dalle elezioni generali, e la chiave di tale segreto è l'argomento del presente volume. Si tratta del colpo di Stato. Negli ultimi dieci anni, stando a quanto mi risulta, si sono avuti settantatré colpi di Stato in quarantasei paesi. Stando al conteggio di Luttwak, che risale indietro nel tempo di ventitré anni, si sono avuti riusciti colpi di Stato in non meno di una settantina di paesi, vale a dire in più della metà del numero complessivo di Stati sovrani oggi esistenti.
Il colpo di Stato è un sistema per cambiare i governi più diffuso delle stesse elezioni.
Lo studio di questo sistema rivoluzionario è stato eclissato, si potrebbe quasi dire monopolizzato, da un unico breve e brillante libro, la famosa Tecnica del colpo di Stato di Curzio Malaparte. Ormai non sarà più cosi. Le due opere, quella di Malaparte e quella di Luttwak, verranno studiate e citate l'una accanto all'altra.
Infatti, non soltanto v'era posto per una nuova disamina del colpo di Stato, ma se ne sentiva la precisa necessità. Malaparte scriveva nel 1931. Egli si interessava all'Europa e ai tentativi della destra e della sinistra radicali di strappare il potere ai regimi parlamentari. Erano queste le forze temibili che egli definì “i nuovi Catilina” e l'argomento del suo libro era il modo con il quale simili grandi movimenti sociali avrebbero potuto accantonare il processo elettorale e impadronirsi con la violenza delle leve del governo; pertanto Tecnica del colpo di Stato cita esempi diversi come la rivoluzione bolscevica dell'ottobre 1917, il fallito putsch Kapp del 1920 e la conquista del potere da parte di Mussolini nel 1923. E, secondo la tesi di Malaparte, per attaccare o difendere il governo era inutile attaccare o difendere le sedi del parlamento e dei ministeri. Si trattava di meri simulacri del potere. L'obiettivo doveva essere quello di paralizzare e controllare i centri di potere tecnologici dello Stato moderno: i nodi ferroviari e stradali, le reti di telecomunicazioni, le centrali elettriche e le fabbriche. E, per dimostrare la sua tesi, egli sceglieva dapprima l'uno, poi l'altro esempio concreto, questo per analizzare un colpo di Stato riuscito, quell'altro per analizzarne uno fallito; aggiungendo così un corollario dopo l'altro alla tesi fondamentale.
Scrivendo quasi quattro decenni dopo, le differenze nella trattazione di Luttwak sono significative di per sé ai fini della nostra epoca. Egli si occupa soltanto perifericamente dell'Europa: la scena che soprattutto lo interessa è il terzo mondo. Lo lasciano indifferente i tentativi di potenti movimenti di estrema destra e estrema sinistra per impadronirsi del controllo dello Stato dalle assemblee parlamentari, ma gli premono quelli di piccoli gruppi di élite per sottrarre il potere l'uno all'altro in paesi ove le masse non partecipano al processo politico e neppure lo influenzano in vasta misura, ove le etichette tradizionalmente occidentali di sinistra e di destra sono confuse e tali da confondere e dove il colpo di Stato non è necessariamente diretto contro regimi parlamentari, ma contro i momentanei detentori del potere, che possono essere la monarchia parlamentare o tradizionale, oppure un regime a partito unico, o anche un regime militare. [NdE: Oggi, 2021, il quadro si adatta perfettamente all’Italia.]
Ma, proprio come a Malaparte, a Luttwak interessa la tecnica per paralizzare i centri di potere dello Stato e per impadronirsene. Oggi, infatti, ]a lezione di Malaparte è stata imparata cosi a fondo da tutti gli aspiranti cospiratori che è divenuta la tecnica banale anche dei più inetti. La lezione è stata imparata altrettanto a fondo da tutti i detentori del potere; poiché è necessario affrontare il fuoco con il fuoco. Luttwak, all'inizio, dà per dimostrata la proposizione centrale di Malaparte. Ma fornisce, come non fece Malaparte, le “minuzie”, i particolari del modo con cui ci si accinge a questo compito immane. Donde i capitoli brillanti e originali sulla preparazione del colpo di Stato, sulla sua attuazione e sul modo di legittimarlo una volta che sia stato attuato.
Un ultimo raffronto può essere fatto: il metodo.
Con una serie di saggi brillanti, Malaparte procedeva mediante quello che si potrebbe definire il metodo della “storia comparata”. Dapprima si analizza un colpo di Stato, quindi se ne analizza un altro, e cosi via. Il libro di Luttwak si basa su un gran numero di esempi tolti dalla storia contemporanea; ma essi vengono citati per fornire delucidazioni ed elaborazioni.
Il metodo di Luttwak è, stavo quasi per scrivere, “geometrico”, nel senso che egli stabilisce una serie di requisiti fondamentali e poi si accinge rigorosamente a dedurne le logiche implicazioni nella pratica insurrezionale. Ma un aggettivo più adatto di “geometrico” è “militare”. Il metodo è quello dell'ordine operativo: prima viene il rapporto sulla situazione, poi si esaminano le proprie risorse, quindi il compito, e infine il “metodo” ... gli ordini alle truppe. Una delle caratteristiche più notevoli di questo libro è la straordinaria immaginazione costruttiva con la quale l'autore ha saputo immedesimarsi nella parte dell'organizzatore di un colpo di Stato e analizzare freddamente i pericoli cui si trova di fronte e i passi precisi che deve compiere.
Mi sia consentito di commentare brevemente alcuni tra gli aspetti più sorprendenti di quest'opera originale e utilissima.
Il primo è la natura dello stesso colpo di Stato. Esso è ben diverso dalla rivoluzione o dalle dottrine, attualmente in voga. della “guerra popolare”, a proposito delle quali si sono sprecati tanto inchiostro e tanta carta. Il colpo di Stato non è un attacco dall'esterno: è “la conquista del potere nell'ambito del sistema esistente” . Alla stessa stregua, a differenza dalla rivoluzione o dalla guerra popolare, è politicamente neutro: la politica che ne emerge (e può essere tanto di sinistra quanto di destra) riguarda il governo successivo al colpo di Stato. Quest'ultimo mira semplicemente a sostituire un gruppo dominante con un altro gruppo dominante. E, in terzo luogo, la sua tecnica, diversamente da quella rivoluzionaria, non consiste nell'affrontare, sopraffare e sgominare mediante forze superiori. All'opposto, è la stessa tecnica del judo, in cui i vantaggi dell'avversario in fatto di peso e di equilibrio vengono tramutati in anni contro di esso. “Il colpo di Stato consiste nell'infiltrazione di un settore limitato, ma critico, dell'apparato statale e nel suo impiego allo scopo di sottrarre al governo il controllo dei rimanenti settori”. [NdE: Si pensi, ad esempio, alla Banca d’Italia] Esattamente in questo stesso modo, un impiego moderato, ma abile, della leva può spostare un macigno enorme dal punto sul quale poggia in equilibrio e volgere contro di esso la sua stessa massa, facendolo rotolare giù per il fianco della collina.
E cosi, il colpo di Stato, ogni volta che riesce, sembra estremamente semplice. Centocinquanta soldati di fanteria nel Gabon o nel Togo rovesciano il governo: nel Ghana, dopo tutta la pompa, l'ostentazione di armamenti e la propaganda del regime unipartitico di N'krumah, appena cinquecento uomini su un esercito di diecimila bastano a rovesciare il governo, senza che quasi si spari un colpo. O ancora, in Corea, il generale Pak Chung-hi, alla testa di soli tremilacinquecento uomini appartenenti a un esercito che ne inquadra seicentomila, rovescia il governo e ne prende il posto. Il colpo di Stato, in breve, sembra un problema che non presenta alcuna difficoltà. Ma non è affatto cosi. I calcoli politici e la tabella tecnica dei tempi devono arrivare alla perfezione. Un ritardo di dieci minuti nell'arrivo di aerei militari, una nebbia imprevista che impedì sbarchi dal mare e l'insuccesso delle intese politiche bastarono a tramutare in un fiasco il colpo di Stato contro Per6n del giugno 1955. Contrattempi analoghi fecero del tradizionale cuartelazo spagnolo del 1936 uno spaventoso disastro che causò, tra le sue conseguenze, una delle più sanguinose e spietate guerre civili della storia. La semplicità del colpo di Stato “senza spargimento di sangue” che i giornali ci hanno reso tanto familiare, non è dovuta necessariamente alla debolezza o all'incapacità del governo, ma all'abilità dei cospiratori. Poiché,come giustamente dice Luttwak, se rovesciare un governo sembra facile, ciò avviene in quanto passa inosservato il fatto cruciale, vale a dire “il procedimento pericoloso e complesso mediante il quale le forze armate vengono neutralizzate insieme agli altri mezzi di coercizione e le forze politiche sono costrette temporaneamente alla passività”.
Ma, per quanto i preparativi tecnici vengano portati alla perfezione, non è detto che il colpo di Stato debba riuscire ovunque; esistono infatti paesi che vi si prestano e paesi che non vi si prestano. Specificando le condizioni che sono il presupposto di un “buon” paese bersaglio, Luttwak contribuisce in modo significativo alla nostra comprensione del terzo mondo. Occorrono tre condizioni perché il paese prescelto per il colpo di Stato costituisca un terreno favorevole. La prima è che la situazione sociale ed economica del paese bersaglio sia tale da limitare la partecipazione politica a una piccola frazione della popolazione. (Questa viene posta come una condizione assoluta, ma non sono ben certo che sia tale. Ove le forze politiche, in un paese progredito, sono bene organizzate, ma polarizzate in fazioni violentemente ostili, esiste un terreno favorevole al colpo di Stato. e invero Malaparte si occupò essenzialmente di situazioni del genere.) La seconda condizione è che il paese bersaglio deve godere dell'indipendenza politica, sia di fatto sia giuridicamente, in quanto la presenza di forze armate straniere sul suo territorio (o la possibilità del trasporto aereo di forze straniere in appoggio del governo minacciato) impedirebbe il successo del colpo di Stato. La terza condizione è che il paese bersaglio abbia un “centro politico”. Se in esso vi sono, invece, numerosi e importanti centri regionali, il colpo di Stato colpirà il vuoto; si hanno esempi di ciò nell'insuccesso del colpo e del controcolpo di Stalto in Nigeria, e nell'improbabilità di un colpo di Stato del « tipo standardizzato » in India.
La parte essenziale del presente volume concerne i preparativi tecnici in vista del colpo di Stato e la sua attuazione. Questi preparativi stupiranno per la loro penetrazione nella sfera oscura e non ben conosciuta dei servizi segreti e spionistici dello Stato moderno e, al contempo, dimostreranno quali ostacoli formidabili debba valutare e sormontare l'organizzatore del colpo di Stato. Sarebbe ozioso tentare anche soltanto di riassumerli qui; possiamo tuttavia fare due riflessioni.
La prima è che questi capitoli prospettano un punto di vista originalissimo sui nuovi Stati ed espongono criteri nuovi con i quali valutarli. Di solito gli Stati vengono studiati allo scopo di chiarire perché siano organizzati in un determinato modo e come “funzionino”; in altri tennini, esaminiamo gli appoggi di cui gode il governo, l'ascendente che esso ha sulle folle, la sua struttura burocratica, le sue “capacità”. Eppure, i nuovi Stati stanno dimostrando di essere straordinariamente fragili. Il libro di Luttwak suscita l'interrogativo “fino a qual punto questo o quell'altro Stato è maturo per un colpo di Stato?” e ciò richiede una valutazione dello Stato stesso nei termini dei suoi punti deboli. Esige la considerazione di fattori ai quali lo studioso di politica non si è, fino ad oggi, troppo interessato: non soltanto le condizioni “preliminari” sociali e politiche dalle quali dipende il successo di un colpo di Stato, ma l"equilibrio, la struttura e le capacità dei movimenti politici di quel determinato Stato. Passando dall'interrogativo “che cosa assicura il funzionamento di questo Stato?” all'altro interrogativo “quali fattori rendono probabile che questo governo sia rovesciato da un colpo di Stato?” si farà altra luce sui nuovi Stati dell'Africa e dell'Asia, nonché sugli antichi e nuovi Stati dell'America Latina.
La mia seconda riflessione si riferisce a una domanda che, ne sono certo, migliaia di lettori porranno (così come la posero, a suo tempo, a proposito del libro di Malaparte): non è, quest'opera, potenzialmente sovversiva e pericolosa? Non indurrà molti a tentare colpi di Stato che prima non avrebbero mai sognato? E non sarebbe pertanto preferibile se non fosse mai stata scritta? Luttwak risponde (mi è consentito di accettare la sua spiegazione con un pizzico di sale?) che egli sta semplicemente «democratizzando il colpo di Stato».
Questa, tuttavia, è democratizzazione nell'accezione con la quale Tacito si servi del participio evolgatus, ossia la diffusione di determinati concetti tra il volgo. Orbene, la cosa che più mi colpisce nella sua elencazione di tutte le cose che occorre fare per organizzare un colpo di Stato è l'enorme importanza attribuita agli iniziati: cioè a coloro i quali conoscono, sia pure grosso-modo, l'organizzazione dei servizi di sicurezza e di spionaggio dello Stato. Come potrebbe il non iniziato. l'uomo comune, acquisire la necessaria conoscenza di tale organizzazione? Come è possibile che abbia contatti personali con essa? A differenza da Luttwak (è il solo punto sul quale dissento da lui), ritengo che l'importanza di questo libro sia, con ogni probabilità, la seguente: esso non insegnerà alle “vecchie volpi dei colpi di Stato”, vale a dire ai cospiratori e agli iniziati, molto che essi già non sappiano intuitivamente, anche se può illuminarli su alcune pieghe nascoste, ma potrà senz'altro suggerire ai difensori del governo altri espedienti con i quali prevenire colpi di Stato organizzati in base ai criteri da lui esposti. Questo libro è valido tanto per prevenire un colpo di Stato quanto per attuarlo.
Ma, per quanto concerne il problema morale (ammesso che ve ne sia uno), sembra vi sia ben poco da dire. Le rotative hanno stampato innumerevoli libri che glorificano le insurrezioni popolari (Mao, Nasution, Giap, Fanon, Guevara, Regis Debray) e un numero ancor più grande di volumi sulle operazioni contro le insurrezioni e contro la guerriglia. Il colpo di Stato è di gran lunga più frequente di queste insurrezioni popolari e sarebbe né più né meno ridicolo, e non una questione di moralità, eccepire contro questo manuale sul modo di attuarlo.
Sono lieto che questo libro sia stato scritto, lieto che sia stato pubblicato. Ed è per me un onore essere stato invitato a presentarlo.
S. E. FINER
19 giugno 1968
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