INPS
Istituto Nazionale Previdenza Sociale
L’INPS da noi tutti conosciuta, ha le sue origini nel 1890 circa con la costituzione di un istituto di previdenza volontaria e non obbligatoria.
Nel corso dei decenni subisce diverse trasformazioni, fino ad arrivare, durante il regime fascista, ad essere inserita in un più ampio pacchetto di riforme istituzionali di carattere fortemente sociale e di chiara ispirazione socialista.
Stiamo parlando della nascita dell’IMI (Istituto Mobiliare Italiano) e dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), dove la maggiore personalità tra le tante che vi hanno concorso, è quella di Alberto Beneduce (1877-1944).
L’intero assetto finanziario e produttivo dell’Italia viene a svilupparsi in seguito alla Crisi mondiale del 1929, in cui la maggioranza delle banche italiane furono salvate dal fallimento grazie all’intervento dello Stato mediante il cosiddetto “Sistema Beneduce” nel quale era previsto la netta separazione tra banche e imprese industriali e che prevedeva la partecipazione diretta dello Stato al capitale di controllo delle imprese. Le aziende pubbliche erano comunque delle S.p.A. con l’apporto minoritario del capitale privato. “Nel 1936 era contemporaneamente presidente dell'IRI, degli istituti di credito pubblico Crediop e ICIPU, dell'Istituto per il credito navale, e membro del Consiglio d'amministrazione dell'IMI e dell'Istituto nazionale dei cambio”
(https://it.wikipedia.org/wiki/Alberto_Beneduce)
Nel 1933, con il Regio Decreto Legge 27 marzo, n. 371, la precedente “Cassa Nazionale per le assicurazioni sociali”, in seguito al generale pacchetto di riforme istituzionali, fu trasformata in “Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale, trasformato nel 1943, con Regio Decreto Legge n 704 in Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.
Beneduce era un esperto di sistemi finanziari, per tanto imposto il sistema in una iterazione tra le varie Istituzioni Statali nelle quali gli investimenti e il loro sviluppo finanziario avrebbe garantito, nell’arco di venti anni, la piena copertura dei costi ed il soddisfacimento dei bisogni.
Se noi impostiamo il sistema pensato da Beneduce e attuato dall’INPS fino al 1971, facendo conto di partire ad oggi e prendendo i dati ISTAT di questi ultimi anni, avremmo una situazione di questo tipo:
La popolazione che complessivamente è interessata dal versamento diretto o indiretto dei contributi INPS è composta dal 68,54% della popolazione complessiva, pari a 41.372.851 abitanti che presentano la loro dichiarazione dei redditi IRPEF
Di questi abbiamo:
23.400.000 abitanti che svolgono lavoro attivo come imprenditori o salariati;
16.004.503 abitanti che sono pensionati;
1.968.348 abitanti che non sono diversamente individuati se non come contribuenti.
Stabilito che queste persone contribuiscono direttamente o indirettamente all’INPS una cifra annua pari a:
i 23.400.000 lavoratori che versano € 717,00 mese all’INPS di € 218.111.400.000,00
i 16.004.503 pensionati che versano € 240.00 mese all’INPS di € 49.934.049.360,00
i 1.968.348 con reddito da altro che versano € 717,00 mese all’INPS di € 12.794.262.000,00
Per un totale complessivo di € 280.839.711.360,00
La questione di fondo è comprendere il motivo per cui ci viene detto che l’INPS incassa 191,3 miliardi l’anno prendendo in riferimento solo il 39% dei contribuenti, ovvero i 23,4 milioni di persone, sostenendo che la differenza viene corrisposta all’INPS da parte della Repubblica per una cifra pari a € 50 miliardi circa, ovvero cifra molto vicina a quanto l’insieme dei pensionati continua a versare all’INPS annualmente
Dando un’occhiata alla Gestione FINANZIARIA di Competenza dell’INPS, nel quadro di sintesi, viene riportato per il 2029 che le entrate sono di 436.926 milioni di euro e le uscite sono di 430.242 milioni di euro, con un risultato finanziari di competenza positivo pari a 6.687 milioni i euro.
Da dove proviene la differenza? Nel bilancio si parla di integrazioni da parte dello Stato, ma c’è da comprendere bene questo valore delle immobilizzazioni finanziarie
TAB. N. 9/B : VALORE DELLE IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE
|
il Assestato 2019 |
Preventivo 2020 |
Differenza |
Titoli azionari |
21.647 273,16 |
21.647.273,16 |
0,00 |
Impieghi mobiliari da perfezionare |
2.765.626,69 |
2.765.626,69 |
0,00 |
Titoli emessi o garantiti dallo Stato e assimilati |
67.463.719,20 |
61.931.719,20 |
-5 532 000,00 |
Impieghi in titoli dirsi da perfezionare |
25.715.923,00 |
25.715.923,00 |
0,00 |
Impieghi in titoli dirsi |
6.000.000,00 |
6.000.000,00 |
0,00 |
Fondi immobiliari |
1.625.210.223,93 |
1.765.210.223,93 |
140.000.000,00 |
Altre partecipazioni |
225.000.000,00 |
225.000.000,00 |
0,00 |
Fonte: Situazione patrimoniale allegata al preventivo 2020
Sulla situazione patrimoniale e relativamente all’Apporto di Immobili, c’è da segnalare come questo sia stranamente portato in passivo per una cifra di euro -293.925.644,70 ed il particolare richiamo ai fondi comuni d’investimento o di quote immobiliari con la previsione di rimborso a scadenza di titoli di Stato per 5,532 mln/€;
Si potrebbe presumere che l’intero ammontare del capitale messo in titoli dell’INPS possa corrispondere a € 2.912 miliardi che potrebbero essere stati trasformati in MTN e LTN, il cui 7,5% corrisponderebbe esattamente ad € 218.400.000.000,00 al netto dei costi.
La questione di fondo rimane la materializzazione del dettato costituzionale in cui nessun cittadino italiano si deve venire a trovare in stato di totale indigenza, quindi lo Stato deve sopperire alla situazione di inabilità o impossibilità o raggiunto limite o incapacità di provvedere al proprio mantenimento. Nello sviluppo del pensiero, se vogliamo l’utopia socialista, la centralità dell’essere umano implicava anche la comprensione dell’essere parte di una società a prescindere dal sistema – agli occhi dei socialisti dei primi del 1900 dimostratori fallimentare con la crisi del 1929 – nella quale l’intera struttura statale doveva essere predisposta ad avvantaggiare una esistenza libera e non soggiogata dalla necessità.
La comprensione di cosa era l’INPS, avviene solo nel momento in cui si comprende quale fu il senso complessivo della riforma istituzionale del 1933, nella quale i fondi raccolti dall’obbligo di versare i contributi previdenziali, divennero lo strumento finanziario che vennero giocati attraverso IMI e IRI, nel quadro di una nuova modalità di gestione della Banca d’Italia e quant’altro di correlato.
L’acquisizione degli immobili a reddito o strumentali, in particolare per l’INPS, fu quella di garantire attraverso lo Stato (Caserme, strutture di interesse statale), uffici (interi palazzi ad uso delle amministrazioni), hotel e fondi a scopo commerciale, artigianale e industriale (ad uso di privati) di garantire una rendita costante del 7,5% a lungo termine.
Nello schema che segue si può vedere come viene attuato il percorso finanziario operato sulla raccolta dei contributi, chiaramente le cifre non sono reali, poiché non abbiamo lo stato di fatto di partenza del 1933, ma lo ipotizziamo:
Dal primo investimento di Lire 5 miliardi, tolte le spese di inflazione (40% circa) e di manutenzione straordinaria (10%) dal reddito del 7,5% del capitale investito, nell’arco di venti anni il capitale investito è cresciuto del 108,54% circa …. in questi venti anni, ogni anno c’è un analogo investimento che si assomma al primo, per cui:
il terzo anno, si avrà il risultato del primo investimento più quello del secondo, e così via in un processo di moltiplicazione. Alla fine dei vent’anni, l’INPS aveva ogni anno la cifra necessaria a pagare tutte le previdenze sociali e dei primi contribuenti, più l’intero capitale di base, raddoppiato, da poter investire.
A partire dal 1947 fino al 1971, facendo forza su quanto dall’inizio l’Istituto aveva già messo in opera e dalla trasformazione attuata nel 1933, a quanto ammontava la riserva accumulata dall’INPS? Se ad oggi, la riserva accumulata è pari alla metà dell’intero stimato debito pubblico, ci si chiede qual è il problema di dare la pensione ai cittadini dopo vent’anni di lavoro e di contributi versati.
Nel 1971, come tutti sappiamo, il Presidente degli Stati Uniti d’America, Nixon, sgancia la produzione di dollari dalla corrispondenza con la riserva aurea dello Stato …Con la Conferenza di Bretton Wood del 1944, il dollaro divenne moneta di riferimento. Nel 1971 non tutti gli Stati aderirono a questo cambiamento in cui non c’era più il fondo in oro a garantire la carta moneta, quindi veniva svincolato lo Stato dal dover garantire la trasformazione della carta moneta in oro …, ma non di meno la maggioranza dei Paesi, specie quelli dipendenti dal Dollaro, furono costretti ad aderire
A sopperire a questo cambio sul piano monetario, nel 1970 entrano in uso i “Medium Term Note” (MTN) e i “Long Term Note” (LTN), i quali, si deve tener presente, sono “TITOLI A DEBITO”.
Cosa accade? Accade che lo strumento finanziario che viene scelto per mettere a reddito il plus valore dell’ammontare intero dei gettiti dei “Contributi Previdenziali”, viene investito negli MTN e LTN … Ciò che fino a quel momento era un preciso Attivo nell’ambito dello sviluppo dei bilanci consuntivi e preventivi, diventa un “Passivo”, quindi quel gettito e il relativo 7,5% ed oltre legato agli MTN e LTN, diventa uno sviluppo virtuale di finanza.
Ma essendo messo come una passività, specialmente nelle pieghe delle innumerevoli “immobilizzazione” la dimensione reale del patrimonio, la reale consistenza del capitale depositato, viene nei fatti a sparire, in quanto tali strumenti sono quelli che consentono le compensazioni, quindi l’azzeramento finanziario delle attività.
Il sistema pensato dalla riforma effettuata nel 1933, viene quindi ad essere smontato con l’alienazione di gran parte del patrimonio immobiliare e delle partecipazioni dell’INPS.
Rimane il fatto, comunque, che l’insieme delle azioni Previdenziali operate dall’INPS, sono compiute sulla base degli interessi e dei redditi sviluppati dal Capitale investito, ovvero da quel 7,5%.
Ciò che non viene fatto conoscere, è che il gettito dei contributi dei lavoratori e quant’altro, ovvero quanto (secondo il MEF – Dipartimento delle Finanze) sono coloro che sono censiti come “contribuenti”, sono 41.372.851 persone, di cui 23.400.000 sono persone lavoratrici nei diversi settori, 16.004.503 sono pensionati e 1.968.348 sono contribuenti a diverso titolo (redditi da partecipazioni o altro analogo).
Sempre secondo il MEF, il 30,46% ovvero 12.602.545 (di cui 5.154.278 hanno un reddito da euro 6.000 a 10.000) persone hanno un reddito da – 1000 euro, fino a 10.000 euro; il 63,90% ovvero 26.441.642 hanno un reddito da 10.000 a 50.000; il 4,42% ovvero 1.825.885 da 50.000 a 100.000 e da 100,000 ed oltre l’1,22% ovvero 502.779 persone.
Possiamo quindi dedurre:
5.809.635 pensionati fanno parte di quel 30,46% che ha un reddito da – 1.000 a 10.000 euro l’anno;
6.241.756 pensionati fanno parte di quel 30,46% che ha un reddito da – 10.000 a 50.000 euro l’anno;
3.953.112 pensionati fanno parte di quel 5,64% che ha un reddito dai 50.000 in su.
Dobbiamo chiarire che la questione INPS non riguarda solo le “pensioni”, ma tutte le previdenze socAllora chiediamoci come vengono pagate le pensioni e tutte le previdenze sociali.
Da quanto abbiamo esposto fino a questo momento appare chiaro:
1) La massa di contributi versati da ogni singolo contribuente lavoratore ed ex lavoratore (perché la parte personale dell’INPS continua ad essere trattenuta anche sulla pensione);
2) dall’insieme delle operazioni finanziarie (MTN, LTN e altre partecipazioni) con una rendita annua dal 5% in su, mediamente il 7,5%;
3) dal contributo dello Stato, il quale avviene sempre e solo su base di trasferimenti scritturali a livello di bilancio, ma non implica mai la tesoreria dello Stato. (dalla lettura dei bilanci, si evince come la voce relativa alla tesoreria dello Stato sia sempre a zero).
La logica vorrebbe, almeno così ci spiegano, che ogni operazione di previdenza sociale operata dall’INPS sia strettamente legata alla dimensione contributiva, ergo è logico che la previdenza sociale in ottemperanza al dovere costituzionale dello Stato, sia a spese dello Stato e rappresenti un servizio istituzionale dell’INPS ma non collegato alla dimensione contributiva se non, come nei fatti sembra accadere, sostitutiva dello Stato.
In altre parole, la previdenza sociale nei confronti delle persone inabili o con limitazioni significative da rendere inadatte al lavoro, rientrano nei compiti dello Stato e quindi quella previdenza è logico che “esca” dal gettito generale del sistema Fiscale, quindi il contributo dato a compensazione da parte dello Stato di circa 50 miliardi anno, non è vero che è una copertura a deficit, ma piuttosto la copertura di un servizio erogato dall’INPS ma di competenza dello Stato nella sua interezza.
Questo significa che si devono fare due diverse considerazioni: un conto è la previdenza sociale di supporto (Invalidità, cassa integrazione, sussidi e quant’altro) che sono di diretta competenza dello Stato, per quanto delegati all’INPS come servizio; un conto è l’intero sistema pensionistico relativo alla collocazione a riposo delle persone (pensioni di anzianità e pensioni sociali) le quali invece rientrano nell’ambito più specifico dell’attività dell’INPS e che dovrebbero avere un diretto rapporto con la dimensione contributiva specifica.
Il sistema pensionistico quindi si regge sulla dimensione contributiva … Mediamente una persona in attività (diciamo quei 23.400.000 cittadini e cittadine): sulla base dell’analisi fatta fino ad ora, non è vero che i lavoratori di oggi stanno pagando le pensioni ai loro genitori o nonni, perché i nonni e i genitori hanno fatto i loro versamenti per più di venti anni e si sono super garantiti la pensione per sé e per il proprio congiunto e, volendo anche per la generazione successiva …
Se viene dichiarato che gli attuali lavoratori sono quelli che forniscono i soldi per il pagamento delle pensioni, allora vuol dire che qualcuno si è preso illegittimamente tutti i fondi e i capitali precedentemente versati.
Al contrario, proprio in base a quanto abbiamo esposto, gli attuali pensionati ricevono la loro pensione grazie a quel famoso 7,5% di rendita del capitale composto dai loro contributi di venti e più anni.
Fare vedere che in questi ultimi tre anni, l’INPS ha pagato 218miliardi di euro per le pensioni a fronte di una entrata di solo 191miliardi, è la formulazione di una informazione sbagliata.
Non c’è dubbio alcuno che gli attuali contribuenti versino all’INPS annualmente 191miliardi circa, più quei 49 miliardi che gli tornano indietro dalle pensioni … ma è forviante fino alla falsità l’affermare che vi sia una correlazione tra il gettito attuale dei contributi e la erogazione delle pensioni. Non c’è correlazione, perché le attuali pensioni sono strutturate sui versamenti effettuati dagli stessi lavoratori che oggi percepiscono la pensione e in misura della loro capacità contributiva, racchiusa tra un minimo calcolato sul minimo garantito stabilito per legge, nel 2019 pari a 10.670,40 euro lordi anno, e il massimo di 102.542,78 euro lordi anno.
La questione è comprendere come persone che non hanno alcun tipo di versamento contributivo possano arrivare ad avere pensioni che sono oltre i 2.000 euro mensili …
Le attuali pensioni sono erogate sulla base della capitalizzazione e dei redditi finanziari dei versamenti effettuati nel passato, ovvero i versamenti effettuati dalla generazione di mio nonno e mia nonna, da quello di mio padre e mia madre (tutti morti da anni) continua a produrre il suo 7,5% di reddito medio sul l’interezza del capitale versato annualmente che, allo stato attuale è di circa 191miliardi annui.
In passato sarà stato molto meno, ma in ogni caso tutto questo ha generato un fondo che attualmente è di circa la metà dell’intero debito pubblico … ed solo l’accantonamento …
Quindi, concludendo:
NON è vero che i giovani pagano le pensioni agli anziani ed ora sostengono l’attuale previdenza sociale nella loro interezza;
NON è vero, che la situazione dell’INPS è in crisi o che sia afflitta da passivi, la sua situazione presenta un logico disavanzo di cassa perfettamente in equilibrio, ma è significativa la raccomandazione sempre rivolta dal CdA dell’INPS di limitare ed evitare l’accesso ai fondi per sopperire a quella situazione di disavanzo di cassa (vedi bilancio dell’INPS 2019 e previsionale 2020);
C’è al contrario da chiederci:
a) perché le pensioni d’oro eccedono i massimali definiti per legge e che comunque sarebbero già di oltre euro 7.000,00 al mese;
b) perché c’è una rilevante fetta di persone che è sotto un reddito di 10.000 euro annui e non riceve alcun tipo di sussidio e soccorso, mentre alcuni con almeno 3 anni di niente hanno poi pensioni a vita e anche reversibili?
c) soprattutto c’è da chiederci il motivo per cui si svenderebbe l’INPS ai privati quando è una struttura con un patrimonio da capogiro e con un equilibrio di cassa consolidato?
Anche se noi dovessimo ripartire da zero, prendendo la situazione per come la descrivono e avviare il processo pensato nella riforma istituzionale del 1933, si potrebbe pensare ad uno schema di questo tipo:à
Questo permetterebbe ogni anno di accantonare denaro sufficiente per poter sopperire e riorganizzare l’intero sistema di previdenza sociale dello Stato.
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